Un brevissimo riassunto (ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER!)
Il medico moscovita Jurij Zhivago (in italiano traslitterato spesso Zivago) deve nascondersi dalla Guerra civile, ma viene catturato dall’Armata Rossa ed è costretto a lavorare come medico al fronte. Lascia moglie e figli per una donna che il destino gli ha fatto incontrare in una lontana città di provincia. Ma la donna lo lascia e va in un luogo sicuro, mentre Jurij torna a Mosca, dove cade in una profonda depressione e muore.
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Rimasto precocemente orfano, Jurij Zhivago viene cresciuto nella famiglia di un professore moscovita. Una volta cresciuto, sposa Tonja, la figlia del professore, ma proprio quando lei dà alla luce il loro figlio, Jurij è costretto ad arruolarsi al fronte della Prima Guerra Mondiale come medico.
Al ritorno dalla guerra, si ritrova nel bel mezzo della Rivoluzione e della Guerra civile in Russia. Jurij prende la sua famiglia e fugge in una città di provincia negli Urali, cercando di stare alla larga da quegli eventi turbolenti e da tutte le violenze, i furti e la fame.
In quella stessa città, incontra una signora di nome Lara che aveva già visto a Mosca. La donna gli sembra del tutto estranea e sembra avere una vita misteriosa e piena di drammi (tra cui il fatto che il marito se n’è andato per partecipare alla rivoluzione). Ma lì, nel bel mezzo dell’incubo, i due si innamorano l’uno dell’altra, scoprendo di essere incredibilmente simili, nonostante tutto.
Jurij si sente molto in colpa per aver tradito la moglie. Quando sta per andare da lei a confessare, la sua vita si capovolge di nuovo. Viene catturato dall’Armata Rossa e separato da Lara e dalla sua famiglia. Per un anno e mezzo è costretto a lavorare in Siberia come medico per i bolscevichi.
Fuggendo a piedi dalla prigionia, Jurij torna nella città degli Urali, ma vi trova solo Lara. La moglie e i figli sono tornati a Mosca e gli hanno inviato una lettera in cui gli comunicavano che loro (e il suocero, il professore) erano stati costretti a lasciare il Paese.
Jurij e Lara restano insieme e, per tutto l’inverno, si nascondono da tutti e dalla Guerra civile in una tenuta abbandonata. Il loro mondo povero ma felice viene interrotto da un ricco che torna fuori dal passato di Lara, un uomo da cui era stata sedotta in giovane età. Questi chiede a Zhivago di lasciare andare Lara con lui, perché può salvarla e aiutarla a emigrare. Visto che Lara è probabilmente incinta, Jurij decide di lasciarla andare. Rinunciando alla propria felicità, spera di aiutarla.
Dopo la fine della Guerra civile e con i bolscevichi che ormai controllano tutto il Paese, Jurij torna a Mosca e vive con una donna. Ma è come morto dentro. Comprendendo che la sua vita è finita, non riesce a fare nulla per salvarsi.
Una mattina del 1929, muore per un attacco cardiaco in un tram. Assolutamente per caso, Lara partecipa al suo funerale e inizia anche a rovistare tra le sue carte, ma improvvisamente scompare. L’ipotesi più probabile è che sia stata arrestata e sia morta in un Gulag.
Interpretazione
L’ultimo capitolo del libro è una raccolta di poesie di Jurij Zivago, una parte molto importante e incredibilmente profonda della storia. Poiché Borís Pasternák (1890-1960) stesso era un poeta (e aveva anche una vita personale complicata con due donne che amava e che si alternavano tra loro), si ritiene che Zhivago sia un personaggio semi-autobiografico.
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Il Dottor Zhivago non aveva chance di riuscire a essere pubblicato in Unione Sovietica. Formalmente era un libro sulla Guerra civile, ma, nel profondo, era un romanzo sugli esseri umani, sull’amore e sulla morte, sul senso della vita e dell’universo stesso. E assolutamente inopportuno in epoca sovietica, poiché non metteva in buona luce i bolscevichi ma, al contrario, mostrava vari atti di barbarie compiuti e la rovina di molte vite a causa loro.
Il romanzo fu bandito dalla pubblicazione, ma Pasternak riuscì a farlo arrivare in Occidente e, nel novembre 1957, il “Dottor Zhivago” fu pubblicato in anteprima mondiale in Italia, da Feltrinelli. Molti anni dopo, la Cia rivelò i documenti che dimostravano il coinvolgimento dei servizi segreti americani nel successo del libro in Occidente. Fu usato come una potente “arma” di propaganda contro lo Stato sovietico.
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Nel 1958, Pasternak fu annunciato come vincitore del Premio Nobel per la Letteratura. Le autorità sovietiche si infuriarono per la decisione dell’Accademia, percependola come un passo politico contro l’Unione Sovietica. In Urss fu lanciata una campagna contro Pasternak (con il coinvolgimento diretto di Nikita Khrushchev).
Pasternak divenne persona non grata e tutte le sue opere furono bandite. “Non ho letto Pasternak, ma lo condanno”, divenne una frase diffusa, rimasta quasi un meme di quell’epoca. La campagna di bullismo di Stato rovinò la salute dell’autore, che poi morì di cancro nel 1960.
Il romanzo, pubblicato ufficialmente per la prima volta in Urss nel 1988, è oggi inserito in tutto i programmi di lettura scolastici e universitari in Russia e si conferma come uno dei romanzi più importanti del XX secolo.
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