Ecco tutti i rimandi alla cultura e alla lingua russa ne “Il Signore degli Anelli”

Russia Beyond (Foto: wagnerm25/Getty Images; New Line Cinema)
L’Urss non sarà Mordor, come molti pensavano ai tempi della Guerra fredda, tuttavia, c’è qualcosa di russo (e di slavo) nella Terra di Mezzo

Mordor (Terra Oscura), il regno di Sauron, il cattivo per antonomasia de “Il Signore degli Anelli” di J. R. R. Tolkien (1892-1973), si trova nella parte orientale della Terra di Mezzo, come lo scrittore chiamò il continente da lui inventato nel mondo detto Arda, dove si svolgono tutti gli eventi del suo celeberrimo libro. 

A causa della posizione geografica, ai tempi della Guerra Fredda molti lettori occidentali percepirono Mordor come un’allegoria dell’Urss. Tolkien, oppositore delle metafore esplicite e delle allusioni politiche dirette, negò la validità di una simile lettura. Sauron viveva originariamente nel Nord, ricorda l’autore, e solo in seguito si spostò oltre le catene montuose verso Est, dove si sentiva più al sicuro. Tutto qui, nessun significato nascosto; solo la logica della trama. E tutte le azioni si svolgono sulla Terra in un’epoca lontana, e non hanno nulla a che fare con la situazione geopolitica del Novecento.

Mordor

Quindi, l’Urss non è Mordor. Tuttavia, c’è qualcosa di russo (e di slavo) nella Terra di Mezzo.

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L’uomo orso

Uno dei personaggi più potenti del romanzo fantasy “Lo Hobbit” (1937) è il guerriero Beorn, un “mutatore di pelle”, che, come spiega Gandalf, “talvolta è un grosso orso nero, talvolta è un uomo forte dai capelli neri con due grosse braccia e una gran barba”.

Mikael Persbrandt nel ruolo di Beorn in “The Hobbit”

La sua partecipazione alla famosa “Battaglia dei cinque eserciti” al fianco di Umani, Elfi e Nani decide l’esito dello scontro: sotto forma di orso mette in fuga Orchi e Mannari (Warg). Come hanno notato gli studiosi, l’immagine è stata creata dallo scrittore ispirandosi alla mitologia scandinava e all’epica anglosassone: i suoi parenti letterari più stretti sono i Berserkir (nel mondo germanico feroci guerrieri invasati dallo spirito di Odino) e Beowulf, il protagonista dell’omonimo poema epico anglosassone.

Nella trilogia cinematografica del regista Peter Jackson, uscita tra il 2012 e il 2014 (“Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato”; “Lo Hobbit - La desolazione di Smaug” e “Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate”), il personaggio di Beorn è interpretato dall’attore svedese Mikael Persbrandt (1963-).

Il nome del personaggio deriva dall’inglese antico e si traduce come “orso”, ed è interessante notare come la parola germanica “ber”, poteva indicare sia l’uomo che l’orso. Tuttavia, nelle bozze del libro, il suo nome era completamente diverso! Si chiamava Medwed. Una sorta di trascrizione fonetica in inglese del termine russo “медведь” (“medvéd”): “orso”!  Anche un capitolo de “Lo Hobbit” (poi ribattezzato “Queer Lodgings”; nella versione italiana “Strani alloggi”) prendeva il nome dal personaggio di Medwed. Lo studioso Douglas A. Anderson suggerisce che Tolkien abbia preso la parola da un commento al poema “Beowulf” scritto dal collega R. W. Chambers, professore di inglese all’University College di Londra.

Racconti popolari russi di Aleksandr Afanasyev. Una scena tratta da

Chambers fa un lungo elenco di opere del folklore mondiale sui personaggi mezzo uomo e mezzo orso e, in particolare, cita la fiaba russa su Ivan Medvenko (Иван Медведко), che è inclusa anche nella famosa raccolta di fiabe russe tradizionali di Aleksandr Afanasjev (1826-1871). Una raccolta ben conosciuta anche all’estero, tanto che, ad esempio, Keanu Reeves in “John Wick - Capitolo 2”, film del 2017, ha questo libro e lo usa sia per nasconderci dentro delle cose sia come arma in un combattimento corpo a corpo. 

Ivanko Medvedko assomiglia a Beorn sotto molti aspetti: forza, arguzia, ferocia e ascendenza (sono entrambi figli di una donna e di un orso). Non sorprende quindi che Tolkien abbia scelto di usare questa parola. Tuttavia, in prossimità della pubblicazione, lo scrittore cambiò idea e diede al personaggio un nome anglosassone, in modo che stilisticamente Beorn non si distinguesse dagli altri personaggi.

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Un mago che si chiama come un antico dio slavo

Beorn ha un amico, Radagast, “un bravo ragazzo, anche se un mago”. Amico di bestie e uccelli, eremita e stravagante, nella versione cinematografica è interpretato dallo scozzese Sylvester McCoy (1943-) ed è ancora più eccentrico che nei libri: indossa pellicce anche quando fa caldo, viaggia su una slitta trainata da conigli giganti e mangia continuamente funghi. Anche il mago Gandalf è affettuoso con Radagast, e non c’è da stupirsi. La loro amicizia risale a centinaia di anni fa ed è Radagast, nel primo libro de “Il Signore degli Anelli”, a inviare un’aquila per salvare Gandalf dalla prigionia del malvagio mago Saruman e a obbligare poi quest’ultimo ad accettare lo stesso Gandalf nel “Bianco Consiglio”, l’alto comando dei Popoli Liberi nella Terra di Mezzo. In ogni caso Saruman mantiene sempre alcuni aspetti negativi (e non manca chi vede in lui dei richiami al comunismo).

Sylvester McCoy nei panni di Radagast in

Gli esperti di Tolkien discutono ancora sull’origine del nome Radagast, e una delle versioni più convincenti fa riferimento alle cronache germaniche del Nord. Secondo i cronisti e gli storici Helmold di Bosau, Johannes Pistorius, Adamo da Brema e molti altri, gli Slavi occidentali veneravano anticamente la divinità suprema Radagast (o Radegast). Il filologo Jakob Grimm lo definisce esplicitamente una versione slava dell’Odino scandinavo. Tra l’altro, Radegast è citato più volte nell’opéra-ballet “Mlada” (1892) di Nikolaj Rimskij-Korsakov, basata sul folklore degli Slavi del Baltico, e alcune scene si svolgono addirittura di fronte a un tempio pagano eretto in suo onore.

Gli elfi parlano un po’ in russo

Quenya, la lingua artificiale di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J. Tolkien

Tolkien non è solo uno scrittore, ma anche un importante linguista, e i suoi romanzi possono essere considerati un laboratorio pratico per lo sviluppo di lingue alternative basate su quelle reali. “Le storie sono state scritte più per creare un mondo per quelle lingue, non il contrario. Per me la parola viene prima, e poi viene la storia ad essa associata”, disse. Complessivamente, ha sviluppato – con diversi gradi di dettaglio – più di venti lingue artificiali che assomigliano in varia misura alle lingue moderne. Tra cui il russo.

Tolkien in gioventù cercò di imparare la lingua di Tolstoj e Dostoevskij (come molti altri stranieri illustri, del resto) e, anche se non ci riuscì, per sua stessa ammissione rimase impressionato dalla morfologia e dal suono. Oltre a Medwed, nei suoi appunti si può trovare un disegno firmato “Ei, Uchnem”, un’illustrazione per “Ej, ukhnem” (“Эй, ухнем”) il tipico canto degli alatori (trasportatori di barche) del Volga; i burlakí. Nei suoi libri, si cita poi il popolo “Variags”. Con il nome di “Variaghi” (in russo: “Варяги”; “Varjagi”) si identificano le genti norrene che migrarono dalla penisola scandinava verso sud-est e che fondarono la prima dinastia che regnò sulla Rus’. E nell’“I Vene Kemen” (il “Vascello del Mondo”), una mappa disegnata da Tolkien per “Racconti perduti”, il “Grande Mare” (Belegaer) si chiama “Haloisi Velike”. E in russo “velikij” vuol dire appunto “grande”. Infine, come fa notare lo studioso bulgaro Ivan A Derzhanski nella voce “Russian language” dell’enciclopedia tolkeniana “The J. R. R. Tolkien Encyclopedia: Scholarship and Critical Assessment” (pubblicata da Routledge), nella lingua Quenya si usa spesso il suffisso utilizzato in russo per il diminutivo: -inka. Così in Quenya “katinka” significa “candela”; “patinka” vuol dire “pantofole” e così via.


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