Chi di voi ha ammirato il dipinto di Ilya Repin “I trasportatori di barche del Volga” (1870–1873, Museo russo, San Pietroburgo), si sarà probabilmente chiesto: perché questi uomini esausti venivano impiegati come schiavi tirando una barca controcorrente? Perché non si utilizzavano più semplicemente remi o vele?
Chi erano i trasportatori di barche
Conosciuti in Russia con il termine di “burlaki”, il loro lavoro principale consisteva nel trascinare chiatte contro la corrente di un fiume. Si trattava di un lavoro stagionale, che veniva realizzato in autunno e in primavera, e venivano trainate perlopiù imbarcazioni a fondo piatto lunghe dai 30 ai 50 metri.
Tranne quelle rare eccezioni in cui il vento aiutava i “burlaki” nella loro impresa, si trattava di un compito estenuante, e l’unica ragione che spingeva questi uomini ad accettare un impiego così massacrante era la disperata necessità di denaro.
Al contrario di quanto si possa pensare, i “burlaki” non erano schiavi: ricevevano un salario ed erano sostenuti da un sindacato, conosciuto come “artels”, che consentiva loro di lavorare in maniera più efficiente.
Nel tentativo di alleviare le fatiche di un lavoro così stancante, i “burlaki” cercavano distrazione nel canto. La loro canzone preferita era “Dubinushka”, diventa successivamente molto popolare nella classe operaia rivoluzionaria.
Questo tipo di servizio era molto richiesto tra il XVI e il XX secolo; esistono inoltre foto che testimoniano l’esistenza di questa pratica anche all’inizio del 1900 e nelle immagini si intravedono anche delle donne nell’arduo compito di trascinare le barche. Ovviamente con il diffondersi delle navi a vapore questa professione si fece obsoleta. Infine venne proibita ufficialmente dal governo sovietico nel 1929.
Il fiume dei “burlaki”
Il fiume che più di tutti diede lavoro ai “burlaki” fu il Volga. La città di Ribinsk era addirittura conosciuta anche come “la capitale dei burlaki”. All’epoca importante centro commerciale della regione, Ribinsk attraeva un gran numero di lavoratori, non solo “burlaki”, ma anche scaricatori di porto, facchini e molto altro ancora.
I “burlaki” nell’arte
Quando Ilya Repin vide per la prima volta un gruppo di “burlaki” al lavoro, l’immagine di quegli uomini stremati gli rimase impressa a lungo nella mente. Restò particolarmente impressionato dal contrasto tra la sofferenza umana e l’impressionante bellezza del paesaggio circostante. Iniziò così a realizzare decine di bozzetti per trovare il modo corretto per descrivere al meglio i “burlaki”. E prima ancora di portare a termine il famoso quadro “I trasportatori di barche del Volga”, ne realizzò un altro, “I Battellieri del Volga” (1872), oggi esposto nella Galleria Tretyakov di Mosca.
I critici apprezzarono molto i suoi disegni e li paragonarono ai romanzi dello scrittore Nikolaj Gogol, capaci di mostrare il lato sconosciuto della vita di persone comuni.
Tuttavia alcuni storici contemporanei sostengono che Repin, nel tentativo di dare maggior drammaticità alle immagini, non abbia rappresentanto in maniera corretta le tecniche utilizzate dai “burlaki” per trascinare le navi. Infatti la maggior parte del lavoro non veniva eseguito a terra, trascinando la barca contro corrente, ma veniva fatto senza abbandonare la nave con l’aiuto di áncore e corde. Ovviamente quando il vento soffiava nella stessa direzione si spiegavano le vele.
Repin comunque non fu l’unico a ritrarre i “burlaki”: questi uomini vennero impressi sulla tela anche da altri pittori, come Vasilij Vereshchagin che nel 1866, sei anni prima di Repin, realizzò l’omonimo quadro “Burlaki”. Anche Aleksej Savrosov realizzò un dipinto che raffigura questo estenuante lavoro.
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