Come ha fatto una ragazza franco-polacca a diventare una pop star in Urss? (FOTO + VIDEO)

Yurij Belinskij/TASS
Edita Piekha venne accusata di propaganda del jazz, criticata per il suo accento e sospettata di avere una relazione con Jurij Gagarin, ma è stata anche amata senza pari, e tutti conoscono le sue canzoni nella Russia di oggi. Ecco come la figlia di un minatore morto di silicosi conquistò l’Unione Sovietica

La piccola città mineraria di Noyelles-sous-Lens, nel nord della Francia, ospitava molti lavoratori polacchi. Qui, nel 1937, in una famiglia di minatori nacque una bambina che fu registrata all’anagrafe locale come Édith-Marie Pierha, storpiatura del polacco Edyta Maria Piecha, poi nota come Edita Piekha. Suo padre morì presto della “malattia dei minatori”, la silicosi, dovuta alla costante inalazione di polveri nocive. Al suo posto, andò a lavorare in miniera il fratello maggiore di Edita, che nel giro di pochi anni morì anche lui, di tubercolosi. Dopo aver trascorso anni difficili sotto l’occupazione nazista, la famiglia rientrò in Polonia dopo la guerra. Edita aveva 9 anni. 

Nel 1965 la star sovietica avrebbe cantato della prima città della sua vita e degli eventi di quel periodo nella canzone “Górod détstva” (“La città dell’infanzia”), uno dei suoi successi più popolari: “Da qualche parte c’è una città, silenziosa come un sogno, con la polvere densa che vola fino al petto…”. All’epoca aveva già realizzato record su record di vendite e tournée in giro per il mondo. 

Il biglietto fortunato

“In Francia, dove sono nata, la guerra è iniziata nel 1939. La nostra regione è stata bombardata perché vi si estraeva carbone che veniva mandato in Germania. Ricordo tutto: i bombardamenti, i rifugi antiaerei dove ci spingevano”, ha raccontato Edita Piekha in un’intervista. 

Dopo la guerra il patrigno comunista disse: “Io sono polacco, voi siete polacchi. Andiamocene da questi capitalisti, nella Polonia popolare”. Così la famiglia si ritrovò nella città mineraria polacca di Boguszów-Gorce. Dovettero trascorrere nove giorni in viaggio su un vagone merci. Mancavano i soldi: “Le cose più sostanziose a tavola, cioè i piatti di carne, andavano al mio patrigno, che lavorava in miniera. A me toccava sempre e solo qualche zuppetta”. Con queste parole ha descritto la loro situazione finanziaria dell’epoca. 

Edita voleva diventare insegnante, così si iscrisse all’istituto magistrale. Iniziò a cantare nel coro della scuola, ma ancora solo come hobby. Il 1955 fu l’anno della svolta, quando Edita Piekha estrasse il suo biglietto fortunato: fu mandata a studiare in Unione Sovietica (un’opportunità rara e prestigiosa). Scelse la Facoltà di Filosofia dell’Università di Leningrado (non c’erano più posti all’Istituto Pedagogico) e lasciò la famiglia. Alla stazione ferroviaria la madre le disse: “Non tornerai più indietro”. Aveva ragione. 

Scarponi da sci sul palco e forte accento

All’università, Edita entrò nel coro studentesco polacco. Si avvicinava il Capodanno del 1955 e il direttore d’orchestra, Aleksandr Bronevitzkij (1931-1988), le propose: “Ci sarà una serata al Conservatorio per i professori, ti faremo cantare una o due canzoni”. 

La diciannovenne Edita accettò, anche se non possedeva nemmeno un abito. Arrivò sul palco con un maglione di lana, una gonna e degli scarponi da sci, acquistati con la sua prima borsa di studio. La ragazza pensava di essere vestita molto bene. “Ma c’erano signore sedute in sala che indossavano abiti da sera straordinari e gioielli costosi. Mi hanno ascoltata con attenzione e poi all’improvviso c’è stata un’esplosione di applausi. Quattro volte mi hanno richiamata sul palco per il bis”, ha ricordato Edita.

Hanno iniziato a cercarla il giorno dopo: la sua voce insolita, il suo forte accento e il suo aspetto sorprendente garantivano un successo straordinario. Questo fu l’inizio della sua celebrità. Venne formato il gruppo “Druzhba” (ossia: “Amicizia”) e la Piekha ne divenne la voce solista. Per combinare l’università e il palcoscenico, volle essere esentata dalla frequenza, e per ottenere questa possibilità dovette recarsi a Mosca per parlarne con il ministro dell’Istruzione in persona. Dovette imparare il russo sul posto, da sola, ma lo parlò a stento fino al secondo anno di università. Racconta di averlo dovuto imparare sul “Capitale” di Karl Marx, una sorta di “Bibbia comunista”. 

Propaganda del jazz

Edita Piekha era diversa da qualsiasi altra cantante della scena musicale sovietica. Fu la prima a comunicare direttamente con il pubblico durante i concerti, e a staccarsi dall’asta del microfono e a muoversi liberamente sul palco con costumi di scena molto sexy per quei tempi.

Allo stesso tempo, non solo era orientata verso il palcoscenico mondiale per il modo in cui si esibiva, ma assomigliava anche fortemente a una star straniera: “I funzionari a volte mi criticavano per il mio accento, dicendo che propagandavo la molle ideologia borghese”, ha ricordato. 

Nel 1959 per il gruppo Druzhba si mise male: fu bandito per la presunta promozione del jazz (una musica borghese estranea ai valori socialisti) e perché i suoi membri erano degli stiljagi (la prima controcultura dell’Urss). Aleksandr Bronevitskij (primo marito di Edita Piekha) riuscì a difendere l’ensemble: ottenne una revisione del caso presso il Ministero della Cultura, in seguito alla quale alcuni dei membri furono licenziati dal gruppo ma l’ensemble poté continuare a esibirsi con una nuova formazione. 

Edita Piekha amava davvero rischiare. Non solo cantò ballate, storie d’amore e testi vicini al gusto del pubblico sovietico, ma portò anche nuovi stili di danza e musica – jazz, twist, foxtrot – nel  Paese dei Soviet. Alle autorità questo non piacque, ma l’amore della gente per la cantante crebbe.

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“C’è stato un periodo in cui a una donna polacca nata in Francia come me, le autorità si rifiutavano di conferire il titolo onorifico di Artista del Popolo dell’Urss, dicendo che era ideologicamente sbagliato. Solo dopo che la gente ha tempestato il Partito Comunista di lettere, mi è stato dato il titolo”, ha detto la Piekha, che in effetti fu la terza cantante pop donna (dopo Klavdija Shulzhenko e Sofia Rotaru) a ricevere il prestigioso riconoscimento, nel 1988.

La fama mondiale

La cantante ha registrato 20 dischi solo con il gruppo Druzhba. Tra le canzoni più celebri, che sono delle pietre miliari dell’estrada sovietica, ci sono “Nash soséd” (“Наш сосед”; “Il nostro vicino”), “Tak uzh byvaet” (“Так уж бывает”; “Così capita”), “Gorod detstva” (“Город детства”; “La città dell’infanzia”), “Pesnja ostajotsa s chelovekom” (“Песня остается с человеком”; “La canzone rimane con la persona”), “Belyj vecher” (“Белый вечер”; “Sera bianca”), e molte altre. Ma nell’estate del 1976 la cantante lasciò i Druzhba e formò un proprio gruppo, avendo ancora più successo.

La Piekha si è esibita in due stagioni al celeberrimo Olympia di Parigi e una volta vi ha tenuto 47 concerti consecutivi. È stata applaudita negli Stati Uniti, in Argentina, in Germania e in Italia. A Cannes, in occasione del Midem (Marché International du Disque et de l’Édition Musicale) del 1970, le è stato assegnato il gran premio “Disco di giada” per i milioni di copie di dischi venduti. 

In Urss, raramente uno spettacolo musicale che si rispettasse avveniva senza la sua partecipazione. Era adorata da tutti, dai cittadini più semplici ai leader del Partito, dagli artisti ai cosmonauti. Si diceva anche che avesse avuto una storia d’amore con Jurij Gagarin, ma questo è rimasto sempre solo un pettegolezzo.

Edita Piekha ha interpretato anche piccoli ma brillanti ruoli in film, di solito nella parte della straniera. Uno dei suoi ruoli più famosi è stato quello di Josephine Claire, un’agente dei servizi segreti occidentali, in “Sudbá rezidenta” (“Судьба резидента”; ossia “Il destino dell’agente segreto”, 1970).

La cantante è stata sposata tre volte, ma ha ammesso che un matrimonio solido non faceva per lei. “Penso che si tratti di ingordigia: nella vita non si può avere tutto in una volta. Non sono stata in grado di creare una famiglia, un focolare domestico e di essere solo una madre, una casalinga e di occuparmi di mio marito. Sono stata richiamata, e lo sono ancora, da altre strade”, ha confessato.  

Oggi Edita Piekha vive in una casa di campagna fuori San Pietroburgo, dove si è trasferita quando è scoppiata la pandemia di Covid-19, e appare raramente sul palco a causa delle condizioni di salute. È due volte bisnonna e, secondo il nipote Stas Piekha (anch’egli popolare cantante pop), conduce un normale stile di vita da pensionata.

Un’artista della sua portata in un altro Paese sarebbe stata ricchissima. “Edita è sempre stata lontana dagli aspetti commerciali. Non ha risparmi e non ha agganci giusti, è sempre stata una outsider e si è dedicata solo a cantare. Le rimane la sua grandezza, il suo bagaglio esistenziale e i suoi fan, che purtroppo, a causa dell’età, se ne vanno uno dopo l’altro”, dice il nipote, che aggiunge che “è stata una sua scelta di vita” e che la nonna “non ha rimpianti e non porta rancori”.

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