Vero o falso? Otto popolari leggende su Dostoevskij alla prova dei fatti

Cultura
EKATERINA SINELSHCHIKOVA
Scrisse “Il giocatore” in 26 giorni? Era antisemita? Era pedofilo? Era pieno di debiti? Arrivò fino sul patibolo e fu graziato davanti al plotone di esecuzione? Miti e realtà sul grande scrittore

Leggenda 1. Dostoevskij era un sex addict e un frequentatore abituale di bordelli

L’intera società letteraria era a conoscenza dei rapporti sessuali promiscui di Dostoevskij. Lo scrittore si lamentò della propria licenziosità e dell’incapacità di mantenere il controllo, e in gioventù girò quasi tutti i bordelli di San Pietroburgo. In una lettera al fratello del 1845 c’è una testimonianza esauriente: “Minushka, Klarushka, Marianne, ecc. sono diventate carinissime, ma hanno certi prezzi! L’altro giorno Turgenev e Belinskij mi hanno fatto a pezzi per la mia vita disordinata”. In “Memorie dal sottosuolo”, attraverso le parole del protagonista, dice di se stesso: “Mi vergognavo (anzi, forse mi vergogno anche adesso); arrivavo al punto di sentire un segreto, anormale, vile piaceruzzo nel ritornare talvolta nel mio cantuccio, in qualche obbrobriosa notte pietroburghese, e rendermi conto intensamente che ecco, anche quel giorno avevo di nuovo commesso una bassezza”.

Dostoevskij era del tutto incapace di far conoscenza con le donne della buona società: era estremamente timido e poteva svenire se una bella signora gli parlava. Uno di questi episodi accadde in un salotto dell’alta società, quando venne presentato a una gran bella donna, dopo di che, a causa del suo amico e scrittore Ivan Panaev, Dostoevskij divenne protagonista di diverse quartine e feuilleton beffardi. Con le donne che pagava, per lui era molto più facile. Ciò è probabilmente dovuto alle preferenze sessuali dello scrittore: amava ferire e sottomettere. Per questo motivo, le donne con cui era già stato, spesso si rifiutavano di incontrarlo di nuovo.

Nella maturità, la situazione migliorò leggermente. Si sposò due volte.

Verdetto: vero

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Leggenda 2. Fu vittima di bullismo nel circolo letterario

“Era magro, piccolo, biondo, con una carnagione malaticcia”, ha scritto Avdotija Panaeva, una scrittrice di cui Dostoevskij a 25 anni era perdutamente innamorato. Lo stesso Dostoevskij si definiva un “Quasimodo”. Ma non era il suo aspetto o le differenze ideologiche e creative la causa delle costanti prese di giro dei suoi contemporanei e degli altri scrittori. Era per il suo comportamento.

Nel circolo letterario di quel tempo, molti lo percepivano come uno scrittore di serie B che scriveva prosa sentimentale per tabloid e storie poliziesche e si considerava allo stesso tempo un vero genio. Ecco alcuni degli epiteti che gli sono stati assegnati: “irritabile”, “insicuro”, “vero pazzo” e “pietoso auto incensante”. Era antipatico a molti degli scrittori che conosceva, e c’era una lamentela comune: Dostoevskij si considerava migliore degli altri e richiedeva un atteggiamento speciale.

Nikolaj Nekrasov e Ivan Turgenev lo definirono “un brufolo arrossato” sul naso della letteratura. Turgenev diffuse anche la voce secondo cui Dostoevskij avrebbe chiesto che il romanzo “Povera gente” fosse differenziato dagli altri nella collana “Collezione di Pietroburgo” con un bordo dorato. Era falso, ma tutti ci credettero perché si adattava alla sua immagine.

Verdetto: vero

Leggenda 3. Dostoevskij era un pedofilo

Il critico letterario Nikolaj Strakhov, che era considerato un amico di Dostoevskij, in una lettera a Lev Tolstoj del 23 novembre 1883, si lamentò di non poter scrivere una buona recensione di Dostoevskij, perché conosceva troppi brutti dettagli su di lui. “Era attratto da certe zozzerie e se ne vantava. Viskovatov ha iniziato a raccontarmi come si vantava di aver sedotto alla banja una bambina portatagli dalla governante “, ha scritto il critico.

Tolstoj non reagì in alcun modo a questo, non si era frequentato con Dostoevskij, ma apprezzava molto il suo lavoro. Dopo la morte di Dostoevskij, la sua vedova iniziò a confutare violentemente la storia della seduzione di una bambina, notando che questo episodio era nel materiale grezzo per il romanzo “I demoni”, cioè finzione. Tuttavia, questo pettegolezzo è rimasto popolare per molto tempo.

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Più tardi si è scoperto che Strakhov aveva un motivo per sporcare la reputazione dello scrittore. Dopo la morte di Dostoevskij nel 1881, Strakhov fu invitato a riordinare il suo archivio, dove trovò un resoconto su se stesso nei taccuini. Dostoevskij lo definiva una persona assolutamente senza principi, “pronto a vendere qualsiasi cosa”. Come ha notato la ricercatrice Leah Rosenblum, Strakhov capì che un giorno questo testo sarebbe stato pubblicato, come la corrispondenza di Tolstoj. È così che ideò un piano di vendetta a lungo termine, e Strakhov ebbe successo: la corrispondenza di Tolstoj venne pubblicata negli anni Dieci del Novecento e il taccuino di Dostoevskij solo negli anni Settanta! Per 60 anni nessuno ha potuto accusare Strakhov di mentire.

Verdetto: falso

Leggenda 4. Fu condannato a morte, ma graziato un paio di minuti prima di essere fucilato

Dostoevskij era impegnato nella diffusione di letteratura estremista che chiedeva il rovesciamento del governo nel Paese. Per questo fu condannato a morte insieme ad altri congiurati.

Stiamo parlando del circolo Petrashevskij (dal nome del pensatore Mikhail Butashevich-Petrashevskij, che organizzava questi incontri), a cui partecipava il giovane Dostoevskij. Pochi di quei ragazzi avevano davvero l’obiettivo di iniziare una rivoluzione; la maggioranza studiava e promuoveva solo le idee socio-utopiche del XIX secolo (per cui erano chiamati “comunisti”), e parlavano anche di quanto intollerabili fossero la servitù della gleba, la censura e la corruzione dei funzionari. Molti erano letterati, scrittori, scienziati e studenti. Ma è proprio per il “tentativo” di rovesciare le autorità che il circolo venne disperso. Il suo capo fu accusato di “complotto per rovesciare il sistema statale” e Dostoevskij e altri 19 furono accusati di aver distribuito copie della lettera di Vissarion Belinskij a Nikolaj Gogol, critica nei confronti delle autorità. Nessuno di loro confessò l’incontro in cui sarebbe stato letto un saggio con raccomandazioni su come rovesciare lo zar.

I condannati furono portati in piazza per essere fucilati, e cominciarono a condurli al muro dell’esecuzione a tre a tre. Dostoevskij aspettava il suo turno, era sesto. Tuttavia, tutto questo era solo uno spettacolo di intimidazione, perché il perdono imperiale e la decisione di sostituire l’esecuzione con altre punizioni erano già pronti. Furono fatte indossare ai condannati le bende gli occhi e venne dato l’ordine di mirare. Ma poi arrivò l’ordine di annullare l’esecuzione. Dostoevskij descrisse in seguito questa esperienza sull’“orlo della morte” nel suo “Diario di uno scrittore”: “Quasi tutti i condannati erano convinti che la sentenza sarebbe stata eseguita, e sopportarono almeno dieci, terribili, immensamente terribili, minuti di attesa della morte”.

Verdetto: vero

Leggenda 5. Dostoevskij odiava gli ebrei

Dostoevskij scrisse spesso sugli ebrei e riassunse le sue conclusioni generali nel “Diario di uno scrittore”. E visto che aveva accumulato molte critiche contro gli ebrei, a volte in termini molto duri, molti lo arruolarono nelle file degli antisemiti (in tutta onestà, le critiche di Dostoevskij nei confronti degli ebrei erano più o meno le stesse che rivolgeva a polacchi, francesi, tedeschi e altri popoli, poiché è inequivocabile che amasse solo il “popolo russo, portatore di Dio”).

Nel testo “La questione ebraica”, spiegò la sua posizione: non poteva occuparsi dei problemi del popolo ebraico, quando troppe persone in Russia erano nelle stesse condizioni o addirittura in condizioni peggiori. Aveva in mente, in particolare, le lamentele degli ebrei per l’essere stati privati della libertà di scegliersi il luogo di residenza (nell’Impero russo potevano vivere solo in una determinata zona ai confini occidentali, detta “certá osédlosti”), mentre ventitré milioni di russi erano allora servi della gleba e vivevano in condizioni più difficili. E se non gli piacevano gli uomini d’affari ebrei che sosteneva si impadronissero della stampa per poi fare propaganda anti-russa, parlava non meno duramente dei liberali russi, che “strisciano in ginocchio davanti all’Occidente” disprezzando il loro Paese.

Concludeva l’articolo con l’auspicio di “una completa espansione dei diritti della comunità ebraica”, ma a condizione “di accettare e utilizzare questi diritti senza pregiudizio per la popolazione russa”.

Nella sua corrispondenza con il pubblicista russo Arkadij Kovner, scrive: “Posso dirvi che non sono affatto un nemico degli ebrei e non lo sono mai stato! Ma la loro esistenza di 40 secoli, come dite voi, dimostra che questa comunità ha una vitalità estremamente forte, che, nel corso di tutta la sua storia, non poteva che formarsi come status in statu [stato nello stato]”.

Verdetto: falso

Leggenda 6. Fuggì dalla moglie morente con la sua amante all’estero

La sua prima moglie, Marija, era descritta dai contemporanei come una bionda snella, “piuttosto bella”, e si notava a parte la sua “passione, esaltazione, vivacità e impressionabilità”. Si sposarono quando lo scrittore aveva 34 anni e il matrimonio durò formalmente otto anni. Tuttavia, la convivenza non durò a lungo: quasi immediatamente iniziarono a vivere ognuno per conto proprio, non solo in case diverse, ma a volte in città diverse; e ognuno di loro aveva altre relazioni.

La discordia iniziò quando Dostoevskij ebbe un attacco epilettico durante il suo viaggio di nozze. Prima di allora, i medici gli avevano detto che si trattava solo di convulsioni nervose che potevano andare via con un cambiamento nello stile di vita. Questa volta il dottore parlò inequivocabilmente di epilessia. “Se avessi saputo per certo di avere l’epilessia, non mi sarei sposato”, scrisse in seguito in una lettera a suo fratello.

Dostoevskij fece il suo primo viaggio all’estero nel 1862 senza moglie. A quel tempo, lei era già malata di tubercolosi. Ma ancora gli anni Sessanta (lei morì nel 1864), lo scrittore cercò di alleviare le sofferenze di sua moglie, la portò dai medici in varie città, assunse delle infermiere, ed era con lei negli ultimi minuti della sua vita.

Successivamente, lo scrittore ammise: “Mi ha amato infinitamente, anch’io l’ho amata senza misura, ma non abbiamo vissuto felicemente con lei… Questa è la donna più onesta, nobile e generosa di tutte quelle che ho conosciuto nella mia vita.”

Verdetto: falso

Leggenda 7. Viveva quasi come un mendicante ed era pieno di debiti

Dostoevskij guadagnava principalmente con la scrittura e riceveva modesti compensi per la pubblicazioni sulle riviste. Non era bravo a fare soldi e neppure a risparmiare. Inoltre, la sua situazione finanziaria venne fortemente minata dalla dipendenza dal gioco d’azzardo.

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La situazione si aggravò particolarmente dopo la morte della sua prima moglie. Poco dopo morì suo fratello Mikhail, con il quale Dostoevskij aveva avviato le pubblicazioni della rivista “Vremja”, dopo aver speso una somma considerevole per questo. Quando la rivista venne chiusa a causa di un articolo, Fjodor dovette affrontare da solo tutte le difficoltà finanziarie e i debiti. Allo stesso tempo, continuò a giocare d’azzardo (e quasi sempre a perdere). Quando era già sposato con la sua seconda moglie, Anna, dovette persino vendere le loro fedi nuziali e l’abito da sposa, per onorare dei debiti.

Verdetto: vero

Leggenda 8. Ha scritto un romanzo in 26 giorni

La povertà spinse lo scrittore a soluzioni estreme. Nel 1866, pur di ricevere un pagamento anticipato, firmò un contratto con l’editore Fjodor Stellovskij a condizioni assolutamente capestro. Il contratto lo obbligava a scrivere un nuovo romanzo per Stellovskij entro il 1º novembre dello stesso anno. Se lo scrittore non avesse rispettato la scadenza, tutti i diritti sulle opere da lui scritte nei successivi 9 anni sarebbero stati trasferiti a Stellovskij che avrebbe potuto pubblicarli ovunque e in qualsiasi forma, senza pagare alcun compenso all’autore.

Dostoevskij lavorò molto duramente e gli attacchi di epilessia si intensificarono. Alla fine, assunse una stenografa a cui dettare il romanzo. Era la ventenne Anna Snitkina (la sua futura seconda moglie). Insieme lavorarono al romanzo di 400 pagine “Il giocatore”, che aveva come tematica proprio quello che più lo tormentava in quel momento. Lo scrissero in soli 26 giorni: tre giorni prima della scadenza!

Verdetto: vero


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