Cinque libri che Pushkin amava leggere e rileggere (ce n’è anche uno italiano)

Cultura
VALERIA PAIKOVA
Il grande autore russo era un lettore instancabile e un raffinato bibliofilo, e trasse diversi spunti da queste opere monumentali

Aleksandr Pushkin (1799-1837) era un amante dei libri in tutti i sensi. Ogni volta che l’autore dell’“Eugenio Onegin” non era impegnato a scrivere un libro, ne leggeva uno. La lettura rimase la sua grande passione per tutta la vita.

I libri lo accompagnarono sempre. Le sue prime opere letterarie le scrisse all’età di sette anni. Da ragazzo, trascorreva ore nella biblioteca di suo padre, studiando classici francesi, biografie delle persone che ammirava e opere di filosofi anticonformisti, come Plutarco. Durante i suoi anni scolastici, l’amore irrefrenabile per la letteratura francese gli valse persino il soprannome di “francese”. Ammirava Diderot, Racine, Rousseau, Molière e Voltaire.

Pushkin aveva anche un grande amore per il collezionismo di libri ed era disposto a spendere fino all’ultima copeca per questa sua passione. Una volta disse di essere “come un intagliatore che va in rovina per comprare i diamanti di cui ha bisogno”. In occasione del trasporto della sua biblioteca personale dalla tenuta di Mikhajlovskoe, vicino a Pskov, a San Pietroburgo, furono necessari dodici carri! Tra i suoi gioielli c’erano opere di Walter Scott, Lord Byron, Goethe, Stendhal, Prosper Mérimée, Alfred de Musset e molti, molti altri…

Ma quali libri Pushkin considerava le vere gemme della sua collezione?

1 / Il “Canto della schiera di Igor”

Pushkin riteneva il “Canto della schiera di Igor” (tradotto in italiano anche come “Il canto dell'impresa di Igor”; in antico slavo “Слово о плъку Игоревѣ”, in russo: “Слово о полку Игореве”; Slóvo o polkú Ígoreve) l’opera monumentale della letteratura russa antica. La rilesse centinaia di volte, e conosceva praticamente a memoria questo poema epico di 130 pagine, originariamente scritto in antica lingua slava orientale, e intendeva persino pubblicarne un’edizione annotata, con i suoi commenti e osservazioni personali.

Scritto nel XII secolo, si concentra sulla campagna militare, destinata all’insuccesso del principe Igor contro i cumani (pólovtsy in russo) del 1185. Ignorando gli sfortunati segni premonitori, tra cui un’eclissi di sole, Igor guida le sue truppe contro l’intera potenza della steppa cumana. Il suo esercito viene sconfitto, Igor viene ferito e fatto prigioniero insieme ai suoi familiari. Ma nonostante tutto, il principe alla fine riesce a sfuggire al nemico con l’aiuto delle forze magiche della natura.

Se vi piacciono il “Beowulf” e la “Chanson de Roland”, apprezzerete sicuramente anche il “Canto della schiera di Igor”. Nel 1960 Vladimir Nabokov lo tradusse in inglese. Qui trovate la traduzione in italiano, con testo originale a fronte.

2 / La “Divina Commedia” di Dante

Pushkin, che è stato spesso descritto come un uomo vivace e dal senso dell’umorismo tagliente, ha detto che la lettura di Dante Alighieri (1265-1321) gli dava sollievo. Considerava il poeta fiorentino un filosofo di insuperabile profondità.

A quanto pare, Pushkin che intorno al 1829 conosceva ormai l’italiano in modo passabile, recitò anche i 14.233 versi della Commedia nella versione originale! Ma tra le cinque copie del poema presenti nella sua biblioteca, solo una (“Opere poetiche di Dante Alighieri con le note di diversi per diligenza e studio di Antоnio Buttura”) ha il testo originale. Le altre, su cui il poeta lavorò, sono traduzioni francesi. Segno che probabilmente aveva bisogno di questa lingua ponte, allora padroneggiata alla perfezione dalla nobiltà russa, per capire fino in fondo l’opera.

“La sola visione dell’Inferno di Dante è il frutto di un genio senza precedenti”, disse Pushkin. Sono rinvenibili nel corpus delle sue opere varie reminiscenze dantesche.

LEGGI ANCHE: Quattro ragioni per cui la nobiltà russa era bilingue e parlava benissimo in francese 

3 / L’“Iliade” e l’“Odissea” di Omero

Pushkin credeva che “ogni europeo istruito dovesse avere una conoscenza sufficiente delle creazioni immortali dell’antichità”. Disse che la poesia di Omero era “divina” e definì l’“Iliade”, composta da 15.693 esametri, “un monumento dei tempi antichi”. Il poema greco ruota attorno alle avventure dell’eroe greco Achille durante l’ultimo anno della guerra di Troia, il decimo.

Pushkin iniziò a leggere le opere di Omero mentre era ancora al Liceo Imperiale. Mise il presunto autore dell’“Iliade” e dell’“Odissea” sopra Virgilio (e la sua “Eneide”) e sopra Pindaro (il più grande poeta lirico dell’antica Grecia).

Pushkin considerava il bardo greco come il più grande poeta della storia mondiale.

L’“Odissea”, probabilmente composta da Omero alla fine dell’VIII secolo a.C., segue le avventure di Ulisse dopo la caduta di Troia. Il poema, composto di oltre 12.000 versi ad esametro, si concentra sul leggendario eroe greco all’indomani della guerra di Troia.

4 / “Romeo e Giulietta”, varie tragedie e diversi sonetti di Shakespeare

La tragedia di William Shakespeare “Romeo e Giulietta” era tra le preferite di Pushkin. “Perché mai una storia è stata più dolorosa di questa di Giulietta e del suo Romeo.”

“Quest’opera riflette l’Italia… con il suo clima, le sue passioni, le feste, la sua beatitudine, i suoi sonetti; con il suo linguaggio lussuoso, pieno di genialità e di concetti”, ha scritto Pushkin, che rilesse più volte i testi di Shakespeare per trovare ispirazione e saggezza.

“Mi sento stordito dopo aver letto Shakespeare, mi sembra di guardare nell’abisso”, affermò il grande poeta russo. E ancora: “…Ma che uomo è questo Shakespeare! Non riesco a tornare in me! Quanto è superficiale in confronto a lui Byron, il tragico”, scrisse Pushkin in una lettera al suo amico Nikolaj Raevskij del 1825.

L’influenza di Shakespeare si è manifestata in una serie di opere di Pushkin. L’immagine di Bruto nella poesia di Pushkin “Il pugnale” (“Кинжал”; “Kinzhal”, 1821) è associata al protagonista del dramma di Shakespeare “Giulio Cesare”. La tormentosa gelosia dell’Otello di Shakespeare era qualcosa di cui il bisnonno di Pushkin, Abram Hannibal, aveva sofferto troppo spesso (come si legge ne “Il moro di Pietro il Grande”, 1827-1829). Allusioni shakespeariane vengono alla luce anche nel finale della poesia di Pushkin “Il ricordo” (“Воспоминание”; “Vospominanie”, 1828), mentre Shakespeare è apertamente menzionato in “Sonetto” (“Сонет”; “Sonet”, 1830), come “creatore del Macbeth” (“творец Макбета”). In quella stessa poesia è citato anche Dante, definito “surovyj”: “severo”; “tetro”.

Nella sua famosa poesia “Iz Pindemonty” (“Da Pindemonte”, 1836; il criptico titolo, che rimanda all’autore italiano Ippolito Pindemonte, probabilmente fu una trovata per sviare la censura), Pushkin cita la famosa risposta di Amleto alla domanda di Polonio “Cosa leggi, mio signore?”: “Parole, parole, parole” (“Words, words, words”). In Pushkin diventa: “Все это, видите ль, снова, слова, слова”.

Pushkin disse poi che il suo poema drammatico “Boris Godunov” era strutturato “secondo il sistema del nostro padre Shakespeare”.

Per uno scherzo del destino letterario, invece di tradurre la famosa commedia di Shakespeare “Misura per misura”, Pushkin creò il suo poema drammatico “Angelo” (“Анджело”, 1834), che il poeta stesso considerava l’apice del suo percorso creativo. Non è un’esagerazione affermare che Pushkin se l’è giocata con Shakespeare su un piano di parità.

5 / “Le anime Morte” di Gogol

Pushkin, 10 anni più vecchio di Nikolaj Gógol (1809-1852), era il suo mentore, consigliere e amico. Pushkin dette a Gogol anche idee per opere future e quest’ultimo seguì sempre ogni suo consiglio, e di sé disse, “non ho mai scritto una sola riga senza immaginare che Pushkin fosse di fronte a me”

Gogol lesse ad alta voce i primi capitoli de “Le anime Morte” (“Мёртвые души”; “Mjórtvye dúshi”) a Pushkin. Pubblicato per la prima volta nel 1842, il romanzo fece una forte impressione su Pushkin.

“Pushkin […] si fece gradualmente più scuro in volto, e alla fine divenne completamente cupo”, ha ricordato Gogol. “Al termine della lettura, disse con una voce carica di malinconia: ‘Oh mio Dio, quanto è triste la nostra Russia!’”

Il capolavoro di Gogol è ambientato nella prima metà del XIX secolo nella provincia dell’Impero russo. Il personaggio principale, Pavel Chichikov, è un funzionario di mezza età in pensione. Freddo e calcolatore, Chichikov sa fare bella figura ed è determinato a diventare ricco. Chichikov arriva in un paesino in mezzo al nulla con l’obiettivo di acquistare… “anime morte”, ossia contadini defunti elencati solo sulla carta. Infatti, prima che Alessandro II abolisse la servitù della gleba nel 1861, i proprietari terrieri dell’Impero russo potevano comprare, vendere o addirittura ipotecare i servi della gleba. La parola “anima” (“душа”; “dushà”) era usata per riferirsi ai servi quando si contava il loro numero esatto.

Naturalmente, il titolo del capolavoro satirico di Gogol si riferisce non tanto ai contadini defunti, ma alla stupidità, al cinismo e all’ipocrisia dei personaggi principali di Gogol: proprietari terrieri russi, burocrati e funzionari pubblici che sono in realtà, a livello di anima, dei morti viventi.


LEGGI ANCHE: Cinque libri di Gogol da leggere per capire la Russia