Pushkin e Gogol ultimi della classe: anche i geni russi andavano male a scuola

Russia Beyond (Foto: dominio pubblico)
Non sempre le menti più brillanti andavano bene a scuola: alcuni dei grandi scrittori russi sono stati bocciati più volte e addirittura espulsi

Aleksandr Pushkin (1799-1837)

Il futuro autore dell’Evgenij Onegin era uno studente mediocre. Frequentò il liceo imperiale di Tsarskoe Selo, vicino a San Pietroburgo, fondato nel 1811 dallo zar Alessandro I per i bambini delle famiglie più importanti del paese.

Aleksandr Pushkin ritratto di Orest Kiprenskij

Ma a quanto pare, il grande poeta russo non godeva di una mente brillante nelle materie scientifiche: Pushkin aveva una “F” in matematica (il voto peggiore), mentre l'economia politica e il latino lo annoiavano a morte.

Ottenne il massimo dei voti solo in due materie: poesia russa e retorica francese. Ma non si arrese: alla vigilia del diploma, passò la notte in bianco, riuscendo in questo modo a superare gli esami. “Voglio capirvi, studio la vostra oscura lingua”, scrisse il re della poesia russa nel 1830.

Pushkin nei suoi versi menzionò spesso il liceo di Tsarskoe Selo. Nella sua famosa poesia “A mia sorella”, scritta nel 1814, paragona il liceo a un “monastero” e lo definisce “una terra solitaria”. La sua stanza viene descritta come “una lugubre cella buia”, mentre lui stesso è un “monaco” o “un prigioniero delle carceri”. Nel suo poema intitolato “Addio”, scritto nel 1817, Pushkin descrive i suoi anni di studi come gli “anni di prigionia”, definendo la sua leggendaria scuola “un rifugio di solitudine”.

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Nikolaj Gogol (1809-1852)

Il capolavoro di Gogol “Le anime morte” e il suo racconto “Il cappotto” sono stati a lungo considerati le meraviglie del realismo russo. Ma negli anni della scuola, Gogol non prometteva nulla di buono. 

Nikolaj Gogol, di Otto Friedrich Theodor von Möller

Romanziere geniale, nacque in Ucraina nel 1809 da una famiglia di proprietari terrieri. Da ragazzo studiò nella scuola di Poltava, all’epoca parte dell'Impero russo. Era una persona creativa e gli piaceva esibirsi fin dalla più tenera età. E anche se si cimentava nella scrittura, non sognava di diventare uno scrittore; era invece determinato a diventare un avvocato. Nel 1821, il futuro autore del racconto satirico “Il naso” entrò nel Ginnasio di Scienze Superiori nella città di Nizhyn, a 130 km da Kiev.

Secondo i ricordi dei suoi insegnanti e compagni di classe, il tredicenne Gogol si comportava bene, ma non aveva grandi voti. Nutriva però una passione per tre cose: il disegno, la letteratura e il teatro (partecipava a quasi tutte le recite scolastiche). A parte questo, Nikolaj aveva la reputazione di essere uno studente pigro, che faticava con le lingue straniere. 

“Men che meno ci si poteva aspettare da lui una fama come quella di cui gode nella nostra letteratura”, disse il suo insegnante di latino Ivan Kulzhinskij. “Posso dire senza offesa che quando Gogol si diplomò al ginnasio, non sapeva coniugare correttamente un verbo in nessuna lingua”.

Chi avrebbe mai immaginato che questo “studente pigro” avrebbe trovato la sua vera vocazione nell’arte della scrittura?

Anton Chekhov (1860-1904)

Questo genio della letteratura russa trascorse la sua infanzia nella città sud-occidentale di Taganrog, dove frequentò una scuola greca presso la chiesa di San Costantino ed Elena. Il padre di Chekhov sognava che i suoi figli diventassero venditori. 

Anton Chekhov ritratto da Osip Braz

Ma Anton si ritrovò ripetere l'anno scolastico due volte: in terza elementare - a causa dei voti bassi in matematica e geografia - e poi in quinta, per via delle ripetute insufficienze in greco. Sorprendentemente, Chekhov non andò mai oltre il “buono” nelle materie letterarie.

Nel 1868 Anton, insieme ai suoi fratelli Aleksandr e Nikolaj, entrò nel ginnasio di Taganrog. Aleksandr, il più grande, studiava diligentemente ed era considerato uno dei migliori della classe. Anton, invece, riceveva ben pochi elogi dai suoi insegnanti. Una volta il professore Fjodor Pokrovskij disse alla madre di Chekhov: “Dai suoi figli non verrà fuori niente. Forse solo il suo figlio maggiore, Aleksandr, si dimostrerà degno”.

Al ginnasio, Anton Chekhov arrancava pesantemente nelle lingue straniere, ma conosceva perfettamente la Legge di Dio, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Anton il Pio”. A scuola si parlava addirittura di farlo diventare un uomo di chiesa. Ma quando il futuro autore de “Il giardino dei ciliegi” entrò all'università di medicina, si scoprì in una veste completamente nuova: quella di un abile scrittore di racconti.

Anna Akhmatova (1889-1966)

Anna Akhmatova nacque vicino al porto di Odessa, sul Mar Nero, allora parte dell'Impero russo. Quando era piccola, la sua famiglia si trasferì nella città di Tsarskoe Selo, vicino a San Pietroburgo. “Non avevamo libri in casa, nemmeno uno. Solo un grosso volume di [Nikolaj] Nekrasov. La mamma mi permetteva di leggerlo durante le vacanze”, raccontò lei stessa. 

Anna Akhmatova, di Kuzma Petrov-Vodkin

Anna studiò al ginnasio femminile di Tsarskoe Selo. “All'inizio andavo male, poi molto meglio, ma ho sempre studiato con metà cuore”, disse l'autrice di “Requiem”. 

Anna frequentò tre ginnasi: iniziò i suoi studi a Tsarskoe Selo; poi, dopo il divorzio dei suoi genitori, passò un anno a Evpatoria, in Crimea, e si diplomò nel ginnasio Fundukleevskaja di Kiev, dove i suoi insegnanti erano il futuro famoso filosofo Gustav Shpet e il matematico Julius Kistyakovskij. 

Akhmatova era più un topo di biblioteca: amava la poesia e compose il suo primo poema all'età di 11 anni. 

“A tredici anni conoscevo già [Charles] Baudelaire, [Paul] Verlaine e tutti gli altri poeti francesi maledetti. Ho iniziato presto a scrivere versi, ma la cosa divertente è che ancor prima di comporre un solo verso, tutti erano già convinti che sarei diventata un poeta. Papà mi prendeva persino in giro, chiamandomi poetessa decadente”.

Akhmatova, spesso considerata la principale poetessa russa del XX secolo, parlava con modestia dei suoi successi: “Ero una studentessa comune”, era solita dire.

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Marina Tsvetaeva (1892-1941)

L'autrice de “Il poema della fine” studiò in diverse scuole private. A nove anni entrò in un ginnasio femminile di Mosca, ma poco dopo partì per l'Europa con la sua famiglia. A sua madre fu diagnosticata la tubercolosi e le prescrissero cure urgenti. Tsvetaeva continuò così i suoi studi in collegi tedeschi e francesi.

Ritratto di Marina Tsvetaeva realizzato da Magda Nakhman

Nel 1906, dopo la morte di sua madre, Tsvetaeva tornò a Mosca ed entrò in un altro ginnasio femminile privato. Lì si iscrisse al quarto grado, anche se aveva la stessa età delle allieve del sesto. Secondo la sua compagna di scuola Sofja Leperovskaja, Marina era una “ragazza molto vivace, espansiva, con occhi grigi indagatori e un sorriso beffardo... Guardava tutti con insolenza, con sfida, non solo gli studenti più grandi, ma anche gli insegnanti e i tutor”.  

Tsvetaeva riusciva a ottenere in molte materie i massimi voti col minimo sforzo: “Imparava al volo - dicevano -, ma non vuole sforzarsi di imparare le scienze esatte”.

Marina portava a scuola i libri proibiti, che condivideva con i suoi compagni, compresi i volumi del padre del socialismo russo, Aleksandr Herzen. “Marina era una ribelle. Le autorità scolastiche avevano paura della sua influenza sui compagni di scuola, poiché tutti la consideravano eccezionale”, raccontò la sua compagna di classe Irina Lyakhova. 

Un giorno, Tsvetaeva fu convocata dal preside e le fu chiesto di darsi una calmata: “Se volete espellermi, fate pure. Mi iscriverò in un nuovo ginnasio. Mi sono già abituata a essere una nomade. È persino interessante”, rispose lei. Eterna ribelle, fu espulsa due volte per il suo libero pensiero.

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