Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, la poesia divenne estremamente popolare tra i giovani sovietici. Il Disgelo di Khrushchev aveva portato una ventata di aria fresca dopo il periodo totalitario di Stalin (morto nel 1953). I reading di poesie erano un raro raggio di luce nell’ambiente culturale sovietico, chiuso dietro la Cortina di ferro. Fu un periodo senza precedenti, segnato da grandi promesse e grandi speranze che, che presero il posto degli orrori della Seconda guerra mondiale e delle Grandi purghe.
La generazione che raggiungeva la maggiore età all’inizio degli anni Sessanta era alla ricerca di nuove sfide, nuove opportunità e nuove ragioni d’essere, dopo la destalinizzazione avviata da Khrushchev.
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La poesia, come ogni forma d’arte, fiorì in quel periodo. Le raccolte poetiche iniziarono a vendere diversi milioni di copie. I poeti erano così popolari che attiravano grandi folle di ammiratori che si radunavano per ascoltarli leggere le loro composizioni addirittura in stadi di calcio gremiti, praticamente come in Occidente accadeva con le star della musica.
La poesia di protesta
Evgenij Evtushenko (1933-2017) raggiunse uno status quasi divino tra i poeti, e divenne la figura di spicco della cosiddetta “generazione degli anni Sessanta” in Unione Sovietica. Fece molto discutere nel 1961 con “Babij Jar”. La poesia si riferiva a uno dei più atroci massacri della Seconda guerra mondiale: la strage nazista degli ebrei di Kiev nella località di Babij Jar, e venne tradotta in 72 lingue, rendendo Evtushenko famoso in tutto il mondo, e ispirando persino a Dmitrij Shostakovich (1906-1975) la sua “Tredicesima Sinfonia”.
La poesia era il grido di Evtushenko contro ogni antisemitismo di Stato, e una protesta contro il rifiuto dell’Unione Sovietica di rendere omaggio alle migliaia di vittime di Babij Jar, principalmente ebrei, ma anche prigionieri di guerra sovietici, comunisti, e rom. Più di 33.000 ebrei erano stati assassinati a Babij Jar, una gola vicino a Kiev, il 29 e 30 settembre 1941. Ecco i primi versi della poesia:
“Над Бабьим Яром памятников нет.
Крутой обрыв, как грубое надгробье.
Мне страшно.
Мне сегодня столько лет,
как самому еврейскому народу.
Мне кажется сейчас -
я иудей.”
“Non c’è un monumento a Babij Jar
Il burrone ripido è una rozza lapide
E io ho paura
Ho tanti anni oggi
quanti ne ha lo stesso popolo ebraico
Mi sembra, adesso, di essere
ebreo.”
Qui potete ascoltare la poesia, letta, in italiano, da Vittorio Gassman:
Il componimento si conclude con queste parole:
“‘Интернационал’
пусть прогремит,
когда навеки похоронен будет
последний на земле антисемит.
Еврейской крови нет в крови моей.
Но ненавистен злобой заскорузлой
я всем антисемитам,
как еврей,
и потому -
я настоящий русский!”
“Echeggi l’‘Internazionale’
quando sarà seppellito per sempre
l’ultimo antisemita della terra.
Non scorre nel mio sangue sangue ebraico
ma sono odiato di un odio ostinato
da tutti gli antisemiti
come se fossi ebreo.
E per questo io
sono un vero russo!”
E qui potete vedere Evtushenko leggere “Babij Jar” allo Yad Vashem di Gerusalemme, nel 2007:
Il successivo lavoro di Evtushenko che fece molto rumore, fu “Gli eredi di Stalin” (titolo originale russo: “Наследники Сталина”; “Naslédniki Stàlina”), poesia pubblicata sulla “Pravda” il 21 ottobre del 1962, dopo che Stalin era stato tolto dal mausoleo di Lenin e sepolto. Vi si legge:
“Он был дальновиден. В законах борьбы умудрён,
Наследников многих на шаре земном он оставил.
Мне чудится, будто поставлен в гробу телефон.
Энверу Ходжа сообщает свои указания Сталин.
Куда ещё тянется провод из гроба того?
Нет, Сталин не сдался. Считает он смерть поправимостью.
Мы вынесли из Мавзолея его.
Но как из наследников Сталина — Сталина вынести?”
“Egli era previdente,
esperto delle leggi della lotta:
molti eredi ha lasciato sul Pianeta terra.
Sembra che gli sia stato messo un telefono nella tomba
E che Stalin mandi i suoi ordini a Enver Hoxha
E dove ancora si allunga quel filo dalla tomba?
No, non si è arreso Stalin. Lui ritiene rimediabile la morte.
L’abbiamo tolto dal Mausoleo.
Ma come togliere Stalin
dagli eredi di Stalin?”
Evtushenko era un influencer dei suoi tempi; una vera superstar. La folla veniva ad ascoltarlo quando leggeva le sue poesie dal vivo per un semplice motivo. Era convincente e carismatico e trovava, magari con allegorie, sempre il modo di dire tutto quello che voleva. Al culmine della sua popolarità, Evtushenko riuniva folle adoranti di decine di migliaia di persone che si riunivano negli stadi di calcio per ascoltarlo leggere i suoi versi.
Non era l’unico poeta così popolare in Urss, ma fu l’unico a ottenere un gran riconoscimento anche all’estero. Evtushenko ebbe la possibilità di incontrare il 37° presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, e Pablo Picasso e Marc Chagall regalarono al poeta sovietico dei loro dipinti. Nel 1963, Evtushenko fu persino candidato al Premio Nobel per la letteratura.
Eccolo, in una serata di lettura di poesie alla tv sovietica, nel 1979:
La poesia pop
Negli anni Sessanta, la poesia aveva chiaramente una dimensione terapeutica in Unione Sovietica. Robert Rozhdestvenskij (1932-1994) fu uno dei poeti russi più influenti della sua generazione. Molte delle sue poesie furono messe in musica, diventando canzoni popolari.
La sua più nota raccolta di poesie intitolata “Requiem” era dedicata ai caduti nella Seconda guerra mondiale. Ecco un estratto:
“Люди!
Покуда сердца стучатся,—
помните!
Какою
ценой
завоевано счастье,—
пожалуйста, помните!”
“Gente!
Finché i cuori batteranno
Ricordate!
Quale prezzo
è stato pagato
Per la felicità.
Per favore, ricordatelo!”
Come i suoi colleghi, Rozhdestvenskij faceva reading di poesie di massa. Sognava in grande, aveva talento e carisma innegabili, e migliaia di suoi fan accorsero allo stadio di calcio Luzhnikì (allora “Lenin”) di Mosca per ascoltarlo.
I poeti erano i beniamini del pubblico e i loro sogni e le loro idee erano quelle della generazione del Dopoguerra. Le serate poetiche al Politecnico di Mosca, dove Robert Rozhdestvenskij condivideva il palco con Evgenij Evtushenko, Bella Akhmadulina, Andrej Voznesenskij e Bulat Okudzhava, sono diventate il simbolo del Disgelo, con la sua tanto attesa maggiore libertà di parola ed espressione. Il regista Marlen Khutsiev (1925-2019) ha mostrato questi poeti sovietici emergenti nel suo film “Ho vent’anni” (titolo originale russo: “Мне двадцать лет”, “Mne dvadtsat let”, ma è celebre anche con il titolo, “Застава Ильича”, “Zastàva Ilichà”; “La fortezza di Ilich”), del 1962. Tutti facevano parte di un gruppo che teneva letture pubbliche vicino al monumento di Vladimir Majakovskij a Mosca. Le loro poesie erano pensate per essere declamate ad alta voce.
Andrej Voznesenskij (1933-2010) è stato uno dei poeti sovietici meno ortodossi, le cui letture pubbliche riempivano gli stadi di calcio. Le sue poesie erano profondamente personali, innovative e provocatorie. Nel 1963, Khrushchev (che odiava l’arte d’avanguardia) diede al poeta trentenne una bella lavata di capo. “Guardate questo nuovo Pasternak!”, esclamò Khrushchev, ordinando a Voznesenskij di prendere il suo passaporto e di “andarsene”. Fortunatamente, questo non è mai successo.
Durante gli anni Sessanta, a Voznesenskij fu permesso di viaggiare in Europa e negli Stati Uniti. Nientemeno che il senatore statunitense Robert F. Kennedy tradusse alcune delle sue poesie, mentre il poeta sovietico dedicò le sue opere a una delle più grandi icone di stile del XX secolo, la first lady statunitense Jackie Kennedy.
La poetica dell’empatia
Bella Akhmadulina (che Joseph Brodsky ha definito un’erede della tradizione Lermontov-Pasternak nella poesia russa) e Andrej Voznesenskij (salutato da Robert Lowell come “uno dei più grandi poeti viventi in qualsiasi lingua”) attiravano folle di giovani ammiratori.
Prima moglie di Evtushenko, Bella Akhmadùlina (1937-2010), era l’unica donna nel gruppo dei quattro poeti. Affascinante, sensuale e senza fronzoli, accendeva la folla con le sue sentite poesie d’amore e la sua voce inimitabile.
Le sue poesie erano apolitiche, ma Bella dette sempre una mano a coloro che dovevano affrontare persecuzioni per motivi ideologici. Pubblicò anche una lettera aperta a sostegno del fisico dissidente Andrej Sakharov (1921-1989), quando fu mandato in esilio dalle autorità sovietiche.
In effetti, i poeti sovietici erano quasi degli attivisti per i diritti umani. Per quanto possa sembrare incredibile, migliaia di persone riempivano gli stadi dove si tenevano i reading poetici per sentire una voce di verità. Anche se gran parte delle speranze del Disgelo sarebbero poi state tradite.
Urss: il Disgelo degli anni Sessanta raccontato nelle foto di Vladimir Lagrange