Nella cerchia dei grandi scrittori russi si contano ben pochi autori satirici. La maggior parte, infatti, interpretava il proprio mestiere come una profonda riflessione sul destino della Russia e sul senso della vita. Ma non Zoshchenko. Proprio come Nikolaj Gogol e Mikhail Saltykov-Shchedrin, anche Zoshchenko - considerato il principale autore satirico di epoca sovietica - riuscì a lanciare una sfida alla società, ridicolizzando in modo sottile la nuova classe sociale nata dopo la Rivoluzione del 1917.
Uno scrittore senza partito
“Secondo i membri del Partito, sono un uomo senza princìpi. E così sia! Da parte mia, vi dirò quanto segue sul mio conto: non sono un comunista, non sono un socialista rivoluzionario e non sono un monarchico. Sono solo un russo”, scriveva Mikhail Zoshchenko nella sua autobiografia del 1922.
Ad ogni modo, durante la guerra civile Zoshchenko combatté dalla parte dei rossi e simpatizzò con i bolscevichi. “A livello generale, mi sento più vicino ai bolscevichi. E quindi sono disposto a ‘bolscevicare’ con loro”.
Esattamente come i bolscevichi, anche Zoshchenko non credeva in Dio e bollava come “ridicoli” i riti cristiani ortodossi; amava la Russia dei "muzhik'' [contadini], e dichiarò apertamente di non essere marxista e che non lo sarebbe mai diventato.
Ma a quei tempi era difficile fare lo scrittore senza il sostegno del partito. Lo ammise lui stesso: “Oggigiorno uno scrittore deve avere un’ideologia”. E fu proprio l’assenza di un contenuto ideologico all’interno delle sue opere a giocargli un brutto scherzo.
La satira contro il nuovo ordine delle cose e la nuova classe sociale
Zoshchenko prendeva di mira soprattutto la nuova classe dirigente, gli operai e le loro “petit bourgeois pretensions” (pretese da piccoli borghesi). Ad esempio, in alcune storie infila i suoi personaggi in un teatro, e il fatto stesso che si trovino lì risulta comico: non apprezzano l’arte, sotto sotto la disprezzano, ma fanno di tutto per essere visti come persone colte.
E così, nel suo famoso racconto “L’aristocratica”, il protagonista mette in guardia gli amici sul fatto che bisogna fare attenzione alle “dame che indossano cappelli” e hanno denti d’oro: una di queste, infatti, lo ha trascinato a teatro! “Io, come un'oca, o un borghese sprovveduto, mi sono avvicinato a lei e le ho fatto la proposta: se volete mangiare un dolcetto non siate timida. Offro io”. Alla fine, la signora durante l’intervallo si è mangiata tre fette di torta! Resosi conto di quanto avrebbe dovuto pagare, il miserabile protagonista si mette a sbraitare: “Rimettila subito al suo posto!”. Zoshchenko, poi, gli fa deliberatamente adottare un linguaggio volgare e offensivo.
Nel racconto breve “La crisi”, del 1925, lo scrittore si fa beffa della politica di “impacchettamento delle persone” perseguita dai bolscevichi (una pratica, quella delle kommunalke, descritta anche da Mikhail Bulgakov nel suo famoso libro “Cuore di cane”). I nuovi residenti, giunti dai villaggi, venivano infatti sistemati in una delle tante stanze degli appartamenti comunitari appartenuti in precedenza alla nobiltà. Al protagonista della storia, ad esempio, viene assegnato... un ampio bagno! E non ci sarebbe stato alcun problema se non fosse stato che gli altri inquilini bussavano alla sua porta ogni giorno per lavarsi! “Si contavano 32 di questi inquilini mascalzoni. E tutti si maledicevano. Hanno persino minacciato di spaccarmi la faccia”.
Nel 1975, il regista di culto del cinema sovietico Leonid Gaidai girò una commedia (“Non può essere”) basata sulle opere di Zoshchenko: un viaggio alla scoperta dei tempi della NEP e del nuovo uomo sovietico.
Un eroe della guerra e un anti-eroe sovietico
Durante la Prima guerra mondiale, prima di diventare scrittore, Zoshchenko partì come volontario per il fronte; prese parte a vari combattimenti, per i quali ricevette numerose medaglie al valore e al servizio militare. Ma una malattia cardiaca lo costrinse a lasciare l’esercito e a cercare un modo alternativo per guadagnarsi da vivere. “In tre anni ho cambiato 12 città e 10 lavori”, disse. Successivamente si arruolò nell'Armata Rossa come volontario e prese parte alla guerra civile, ma fu di nuovo mandato a casa per via delle complicazioni cardiache. Il suo primo libro venne pubblicato nel 1922.
Le storie di Zoshchenko, i romanzi e i racconti, così come i racconti brevi per bambini su Lenin, ottennero una grande popolarità fra gli anni ‘20 e ‘30, e vennero pubblicati in gran quantità. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, lo scrittore cercò nuovamente di partire come volontario per il fronte, ma venne respinto e portato via insieme ad altri sfollati. Portò con sé una valigia di manoscritti e alcuni effetti personali.
Durante quel periodo, Zoshchenko completò la novella autobiografica “Prima che sorga il sole”, che egli considerava la sua opera più importante. In essa cercò di comprendere e superare le cause della sua malinconia, delle sue paure e delle sue nevrosi. Per questo è considerata una delle prime opere russe di psicoanalisi. Ma nel periodo sovietico fu pubblicata solo parzialmente.
Dopo la guerra, nel 1946, il partito intensificò la censura e chiuse diverse riviste. Zoshchenko fu accusato di essersi comportato in modo inappropriato durante la guerra e di essersi "rintanato nelle retrovie" e di non aver fatto nulla per aiutare il popolo russo. La sua satira, poi, fu tacciata di essere antisovietica.
“Zoshchenko ritrae le condizioni sovietiche e il popolo sovietico in modo contorto e caricaturale, ritraendo calunniosamente il popolo sovietico come primitivo, maleducato e stupido, con gusti e costumi meschini”, si legge in un documento del Partito del 1946. Zoshchenko fu quindi espulso dall'Unione degli scrittori: la pubblicazione delle sue opere fu così vietata ed egli fu privato di qualsiasi mezzo di sussistenza.
Riuscì a sbarcare il lunario facendo delle traduzioni. Nel 1954, su richiesta di alcuni studenti britannici giunti in URSS, lo scrittore fu convocato per un incontro con loro. Espresse pubblicamente il suo disaccordo con la decisione del Partito, ricordando che anche lui era un eroe di guerra. Come conseguenza, fu poi portato davanti a una riunione del Partito e costretto a dichiararsi pentito. Risposta al vetriolo da parte di Zoshchenko, che rimase fermo nelle sue posizioni. “Un autore satirico deve essere un individuo moralmente puro, e io sono stato umiliato come un figlio di puttana…”.
Riuscì a ottenere una piccola pensione dallo Stato solo nel 1958, ma morì per insufficienza cardiaca poco dopo.