L’uomo, prima ancora del genio. Con le sue superstizioni, l’ambizione scaltra, la voglia di primeggiare. Con le unghie rotte e i capelli sporchi. Con la sua straordinaria capacità di vedere la bellezza nascosta del mondo. Il Michelangelo di Andrej Konchalovskij è un genio inedito, condannato ai vizi e alle passioni mortali, reso al contempo eterno da quei suoi capolavori lasciati in eredità al mondo.
Esce il 28 novembre nelle sale italiane il “Il peccato - Il furore di Michelangelo”, il kolossal d’autore che il maestro Konchalovskij ha dedicato a Buonarroti. Girato interamente in Italia per 14 settimane (ma costato 8 anni di studio e ricerca), il film ripercorre alcuni momenti della vita di Michelangelo, raccontati attraverso lo sguardo originale e attento del regista russo, Leone d’Argento a Venezia nel 2016 con “Paradise” e nel 2014 con “Le notti bianche del postino”.
Un grande affresco rinascimentale
Più che un film, una “visione”, come l’ha definita lo stesso Konchalovskij, che ha voluto rappresentare liberamente - ma con grande onestà biografica - lo scultore rinascimentale, interpretato da Alberto Testone. “Questo genere (la visione, ndr) offre ampie possibilità di interpretazione dei personaggi e dei fatti per far luce sulla coscienza del genio, uomo del Rinascimento, con le sue superstizioni ed esaltazioni, il suo misticismo e la sua fede nei miracoli - ha spiegato Konchalovskij -. Volevo esprimere non solo l’essenza del carattere di Michelangelo, ma anche ‘i sapori e gli odori’ dell’epoca in cui è vissuto, sanguinosa e crudele, ma piena di ispirazione e di bellezza”.
Il Cinquecento portato in scena da Konchalovskij è infatti ben lontano dall’immaginario contemporaneo proposto dai film hollywoodiani e dalle serie tv: qui non si troveranno unghie laccate e capelli vaporosi, ma volti e corpi segnati dal lavoro, dalla polvere e dalla sporcizia.
“Con il suo film, Konchalovskij ha frantumato questo finto universo rinascimentale inventato dal cinema e dalle serie TV - ha commentato lo storico dell’arte, Antonio Forcellino -. Ha saputo confezionare tecnicamente e visivamente un racconto inappuntabile fin nei dettagli, dove finalmente le mani sono tornate sporche e le unghie rotte dal lavoro, i capelli impregnati di sudore, della polvere del marmo, delle foglie d’oro e dell’azzurro di lapislazzuli con cui questi artisti cambiavano il volto del mondo. Guardando questo film sembra di sentire perfino l’odore, o la puzza, degli ambienti spesso inospitali in cui si muove Michelangelo: dalla sua casa di Firenze alle cave di Carrara dove cercava di estrarre le anime bianche che poi avrebbe consegnato al mondo. Solo un artista profondamente creativo come Konchalovskij poteva intuire e restituirci una figura come Michelangelo Buonarroti, la passione violenta della sua creatività sempre in bilico tra la grazia divina, un dono inspiegabile, e l’ambizione, l’avidità, spesso la voglia di primeggiare che non si ferma davanti a niente, neanche davanti ai propri sentimenti”.
Il risultato è un artista inarrivabile, un uomo in perenne ricerca, in lotta con i potenti del tempo, in conflitto con la sua famiglia e, soprattutto, con sé stesso.
Per la realizzazione di questo film, capace di restituire il sapore di un’epoca e una versione tutt’altro che artificiale del Rinascimento, Konchalovskij si è avvalso del contributo di alcuni fra i più qualificati esperti di storia dell’arte. Ogni singolo dettaglio, dagli oggetti alle acconciature, dal trucco ai costumi, è stato studiato con un team di esperti, per far sì che ci fosse un riscontro storico in tutte le scelte artistiche. Ogni scena, d’altronde, doveva avere il sapore della vita vera: “Non voglio vedere ritratti nell’inquadratura: ho bisogno di gente con abiti sporchi, pieni di sudore, vomito, saliva. L’odore deve passare attraverso lo schermo e arrivare allo spettatore”. Questo l’intento di Konchalovskij.
Le riprese
Le riprese del film sono iniziate il 28 agosto 2017 sul Monte Altissimo, sulle Alpi Apuane, e si sono concluse il 1 dicembre a Roma, dopo aver toccato Arezzo, Carrara, Firenze, Massa, Fosdinovo, Pienza, Monte San Savino e molte altre località del Belpaese.
Ma la genesi della pellicola è iniziata molti anni prima, come ha raccontato lo stesso regista: “Quando ho letto per la prima volta il verso di Michelangelo, la celebre ‘Risposta allo Strozzi’, ho trovato molto interessante l’invocazione al silenzio come antidoto al dolore e alla vergogna. Non avrei mai pensato che Michelangelo potesse avere questa visione della vita e ho avuto voglia di conoscerlo meglio, di saperne di più. Così ho iniziato a leggere molti libri su di lui, il suo epistolario ma anche le sue poesie da cui emerge il suo terribile temperamento”.
I dietro le quinte
Per “Il peccato” sono stati utilizzati circa 600 costumi, di cui un centinaio realizzati a mano, che hanno dato vita a una multiforme e variegata costellazione di personaggi, ognuno dei quali è stato oggetto del medesimo studio minuzioso e dettagliato per la creazione di abiti, calzature, accessori, trucco e acconciature.
Al costumista russo Dmitrij Andreev è stata affidata una missione a prima vista impossibile: “Non voglio vedere i costumi in questo film, il costumista deve essere trasparente”, gli disse Konchalovskij, per sottolineare ancora una volta il desiderio che nel suo affresco cinquecentesco nessuno degli elementi parlasse a voce troppo alta nello sguardo d’insieme: i costumi non dovevano rubare la scena alla variegata umanità del film.
Per comporre questo suo “grande affresco rinascimentale”, Konchalovskij ha sempre voluto che i protagonisti del film fossero due: “Michelangelo e gli uomini di Carrara, che hanno esattamente la stessa importanza e la stessa dignità”. E così, per le numerose scene ambientate nelle cave sul Monte Altissimo, sono stati individuati attori e figuranti della zona, che conoscessero davvero quelle montagne, che avessero “il marmo nel sangue e la cava nel volto”. E quindi, dopo una lunga ricerca, alcuni cavatori sono diventati attori.
Prodotto dalla Fondazione Andrej Konchalovskij con il sostegno di Jean Vigo Italia e Rai Cinema, il film è una co-produzione russo-italiana che segna un passo importante nella collaborazione artistica fra i due paesi.