Come i russi hanno reagito alla serie tv americana “Chernobyl”

HBO, 2019
L’estrema cura per il dettaglio ha ricreato in maniera incredibilmente fedele l’Unione Sovietica del 1986, “come in una macchina del tempo”. E anche se qualcuno muove delle critiche, i più sono piacevolmente colpiti dalla miniserie Hbo, in prima tv anche in Italia, su Sky Atlantic, dal 10 giugno

“Il dolore si riversa dallo schermo come lava radioattiva, bruciando il pavimento. Siamo così abituati a ridacchiare con arroganza di come i film americani mostrino noi russi, che ci siamo lasciati sfuggire il momento in cui hanno iniziato a vedere quello che abbiamo smesso di notare in noi stessi”, ha scritto su Facebook la drammaturga Nina Belenitskaja.

Lei fa notare che la serie ha colpito molto lo spettatore russo, anche il semplice pirata informatico che sicuramente se la guarda illegalmente. Ma la Belenitskaja è molto interessata a capire cosa penserà e proverà, guardandola, il cittadino agiato di un Paese prospero.

Nina ricorda che aveva quattro anni nel 1986, quando si verificò l’incidente. “Dicevano che la pioggia fosse radioattiva, e si diffuse la voce che non si doveva stare sotto le gocce, perché potevano corroderti. E ricordo anche che era vietato raccogliere i funghi…”. 

Perché in Russia non è stato girato niente di simile?

Il nonno del moscovita Andrej era un minatore di Tula. In realtà era già in pensione quando si verificò l’incidente e non fu richiamato sul luogo della tragedia. I suoi parenti percepiscono ancora oggi un sussidio, perché la nube radioattiva arrivò fino nella loro città. “Certo, ero a conoscenza dell’incidente, ma per me Chernobyl non aveva nessuna connotazione emotiva. Ma dopo aver visto tre puntate della serie, ho iniziato a dormire male e ad avere incubi. E mi dispiaceva terribilmente di quelle persone e di quei cani”.

Molti fanno notare che è molto triste che una tale serie tv non sia stata girata in Russia. “Ad oltre trent’anni dal momento della tragedia nessuno nell’area postsovietica si è messo a lavorare su questo tema e ha portato sullo schermo la sua visione dei fatti. Così come per la tragedia del sottomarino К-19 o sulla corsa allo spazio tra Urss e Usa, la gente viene a sapere fatti della storia patria dai seriali anglosassoni”, dice il redattore Ilja.

In realtà, in Russia nel 2014 hanno girato un film che si intitola “Chernobyl: Zone of Exclusion” (originale russo: “Chernobyl. Zona Otchuzhdenija”) ma è una specie di thriller fantascientifico su dei teenager che si introducono nella zona di esclusione ai nostri giorni e che nulla trasmetteva della tragedia reale. 

C’è stato anche, ovviamente, chi è rimasto insoddisfatto in Russia della serie tv della Hbo, in Italia in onda su Sky Atlantic dal 10 giugno. Marusia Churaj ha scritto su Facebook di aver letto varie testimonianze dei testimoni diretti, di aver visto diversi documentari e di essere stata di persona a Chernobyl tre anni fa. “Per cui… il bel film della Hbo non è che un film. Smettetela con tutta questa eccitazione”. Ma quelli che al tema in precedenza non si interessavano, non avevano visto documentari né letto materiale a riguardo, in gran parte sono rimasti scioccati. 

Stupiti da come l’Unione Sovietica sembra quella reale

“Mio padre era un uomo sovietico per formazione ideologica e un pilota militare. Ricordo persino che nella sua libreria in bella vista c’era il ‘Dizionario dell’ateo’. Ma nel corso degli anni, iniziò a capire l’ingiustizia e le mancanze del sistema, lo ha criticato molto (soprattutto seduto in cucina, ovviamente). Ricordo molto bene come comunicarono l’incidente alla radio la prima volta. Fu un messaggio di poche parole, ma mio padre capì immediatamente la portata della tragedia, ed era molto arrabbiato con il partito e le autorità; credeva che avrebbero mandato a morire molte persone. Mio padre è morto a giugno 1986, poco dopo l’incidente, ma aveva previsto molte cose. Pertanto, quando guardo la serie tv, vedo qualcosa che ricorda da vicino la nostra cucina sovietica, quei sarafan delle donne, le acconciature del tempo, tutto è così dettagliato che diventa raccapricciante. È come se fossi tornata a quei giorni con la macchina del tempo”, dice la contabile Elena.

“Per tutti i protagonisti hanno trovato fisionomie slave, beh, tranne forse per il supervisore dei turni dei minatori, che ricorda più un redneck americano. E poi, ci sono i soliti evidenti eccessi con la vodka. Che noi non beviamo così di continuo per ogni occasione”, dice il manager Nikolaj. 

Il produttore televisivo Jurij Golaydo ha studiato molto sull’argomento, si è recato a Chernobyl per le riprese, e per questo è doppiamente scioccato dal risultato. “I dettagli sono stati curati al più alto livello”, dice. 

Una delle cause del crollo del sistema sovietico 

Anche Grigorij Javlinskij, il leader del partito Jabloko, si è unito alla discussione. Sostiene che tutti i suoi amici e conoscenti che avevano almeno qualche qualifica necessaria per combattere le conseguenze dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl andarono là. La stragrande maggioranza come volontari. “Il più alto grado di solidarietà umana e di dedizione furono dimostrate da decine di migliaia di persone di tutto il Paese nella lotta contro le conseguenze del disastro”. 

Su Facebook scrivono che questa serie non riguarda solo la catastrofe in sé, ma anche l’Unione Sovietica nel suo complesso, e Javlinskij è d’accordo con questa analisi. E la cosa peggiore non è il pericolo della contaminazione (a volte mortale), ma la mostruosa menzogna ufficiale. “Così, la mancanza di libertà di parola e di media indipendenti portò tra l’altro al fatto che il 1º maggio 1986, cinque giorni dopo l’esplosione nella centrale nucleare di Chernobyl, a Kiev e in altre città che si trovavano nella zona di radiazione di Chernobyl, migliaia di persone presero parte alla manifestazione di piazza per la Festa dei lavoratori”. Mancanza di libertà di parola che Javlinskij considera uno dei problemi principali che portarono al collasso dell’Urss.

 

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