Adesso nelle interviste definiscono Andy Warhol “un completo idiota”, ”uno scemo del villaggio; interessante capire se ci facesse o ci fosse”, e i lavori astratti del tedesco Gerhard Richter (uno degli artisti viventi più costosi in assoluto) li paragonano a “dipinti fatti da animali, ai quali venga messo un pennello tra le zampe”. E non si tratta del giudizio severo di grandi classici, ma della tipica insolenza “nata al di là della Cortina di ferro”.
Negli anni Settanta, in piena Stagnazione, questi artisti si prendevano pericolosamente gioco del potere sovietico, e nelle loro performance si travestivano (cosa vietatissima!) da Lenin e Stalin, o facevano polpette con il principale giornale comunista, la “Pravda”. Furono i promotori della “Mostra dei bulldozer” (il nome è dovuto al fatto che la polizia la abbatté usando, appunto, quelle grandi ruspe) e i fondatori della sots-art.
Cos’è la sots-art?
La sots-art è considerata una parodia postmodernista del realismo socialista. Vitalij Komar (nato nel 1943) e Aleksandr Melamid (nato nel 1945) durante il periodo sovietico si permisero si prendere in giro il potere e la sua arte ufficiale. Dal 1972 in poi la sots-art divenne un ironico analogo sovietico della pop art. Se la pop art era nata come reazione agli eccessi del consumismo, la sots-art nacque come reazione agli eccessi di propaganda del comunismo. Nel 1967 era iniziato un infinito numero di celebrazioni per i cinquant’anni dalla Rivoluzione d’Ottobre. Le vie erano ovunque colorate di bandiere rosse e slogan comunisti. E se in Occidente gli artisti della pop art portavano nei musei quello che vedevano per strada; la réclame dei brand dei principali beni di consumo, Komar e Melamid fecero praticamente lo stesso, portando nel territorio dell’arte quello che vedevano attorno a sé.
Come nacque la sots-art?
La storia della nascita della sots-art sembra una barzelletta. Nel 1972, quando in Unione Sovietica veniva solennemente festeggiata l’ennesima ricorrenza: 50 anni dalla fondazione dei Pionieri (l’organizzazione comunista che riuniva i bambini di età compresa tra i 9 e i 14 anni), furono commissionati a Komar e Melamid dei murales per le colonie estive dei Pionieri. Il lavoro iniziò d’inverno e nei locali non riscaldati faceva un freddo cane. I due pittori si riscaldavano con il sogno di una buona paga per quel lavoro e con qualche bottiglia di vodka, e questo mix portò a un attacco di frustrazione e di autocritica. Komar e Melamid iniziarono ad affliggersi per il fatto che per soldi erano costretti ad andare contro la loro coscienza, visto che a quel tempo erano già membri dei movimenti di arte non ufficiale.
Così, venne loro in mente l’idea di creare un personaggio, un pittore immaginario che realizzava le opere commissionate dallo Stato con tutta la passione del mondo. E fu così che nacque l’artista “Komar & Melamid”, esponente entusiasta del socialismo realista. I due pittori erano convinti di aver inventato qualcosa di grande, e così era. Questa strategia artistica può essere considerata un precursore del postmodernismo, per il suo sforzo di travestimento e parodia.
Le polpette con la “Pravda” e altre provocazioni
Ispirati dalla loro pensata, i giovani artisti si misero al lavoro con grande entusiasmo per dar vita alle opere del loro pittore immaginario. Misero la propria firma sotto i più famosi slogan sovietici. Si rappresentarono nei panni di Lenin e Stalin e ritrassero i loro parenti come eroi socialisti nei poster di propaganda. In un certo qual modo, quello che fecero allora firmandosi “Komar & Melamid” possono essere considerati dei meme ante litteram. Gli artisti mettevano in luce la falsa natura del realismo socialista e prendevano in giro l’ideologia sovietica, usando sé stessi per farne la parodia. Organizzarono delle performance, il cui contenuto all’epoca era un vero e proprio sacrilegio. Per esempio, frissero delle “polpette di stampa”, usando come ingrediente le pagine della “Pravda”, “per mangiare del cibo spirituale”. E in uno dei kvartirnik, gli spettacoli dati per pochi amici e conoscenti in un appartamento, si travestirono da Lenin e Stalin, dando ordini al gruppo degli spettatori, che dovevano dipingere, seguendo le loro direttive, un grande quadro secondo i dettami del realismo socialista. Tutti i partecipanti alla serata vennero arrestati, e mentre si trovavano in cella al commissariato di polizia, assieme con il capofila dell’anticonformismo Oskar Rabin, Komar e Melamid ebbero l’idea di organizzare quella che poi sarebbe passata alla storia come la “Mostra dei bulldozer”.
La “Mostra dei bulldozer”
Nel settembre 1974, in un terreno abbandonato fuori Mosca, prese il via una grande mostra di artisti underground. I pittori dissidenti non erano ammessi a esporre nelle sale ufficiali di Stato, e per questo cercarono una soluzione alternativa per far vedere i loro lavori. Alla mostra parteciparono venti artisti.
Ma ecco che all’improvviso comparvero degli agenti del Kgb, travestiti da addetti al verde pubblico, e iniziarono a fare a pezzi le opere. Quindi, nel terreno abbandonato arrivarono i bulldozer e iniziarono letteralmente a schiacciare i dipinti. A questi fatti seguì una reazione importante: ne scrissero tutti i principali giornali occidentali, tanto da aprire una crisi, perché proprio in quel periodo si lavorava agli Accordi di Helsinki (la firma avvenne nel luglio del 1975), che prevedevano una maggiore attenzione ai diritti umani e alla libertà di pensiero. Komar e Melamid decisero di emigrare. Inizialmente andarono in Israele, poi si trasferirono a New York, dove vivono ormai da quarant’anni.
Come Komar e Melamid comprarono l’anima di Warhol gratis
Dopo essersi stabiliti a New York, i pittori mantennero il loro sguardo satirico sulle cose del mondo, ma trasferirono la loro critica sul modello di società occidentale. Il loro bersaglio divenne il mercato dell’arte. Una delle azioni del periodo americano che fece più rumore fu l’asta per l’acquisto delle anime dei pittori. Tra coloro che vendettero l’anima a Komar e Melamid ci fu persino Andy Warhol, che la dette via per 0 dollari. I due artisti hanno poi scherzato, in seguito, dicendo che “era così a buon mercato, perché non la vendeva per la prima volta”.
Anche dopo essersene andati dall’Urss, Komar e Melamid non smisero di dedicarsi alla sots-art. I due pittori trovarono in Occidente giacenze di arte accademica che costava pochi spiccioli. Le acquistavano e aggiungevano a questi soggetti da salotto figure politiche, da Lenin e Stalin fino a Hitler. Questi ibridi di postmodernismo, accademismo e realismo socialista ebbero un picco di notorietà negli anni Ottanta, sull’onda della Perestrojka, e i curatori occidentali iniziarono a interessarsi di Komar e Melamid, che fecero mostre in mezzo mondo, e i cui lavori vennero acquistati dai principali musei, tra cui il Metropolitan e il Moma.
Gli elefanti pittori
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il pittore immaginario del realismo socialista “Komar & Melamid” smise di esistere, anche se i due pittori continuarono a lavorare a lungo assieme. Negli anni Novanta ebbe grande notorietà il loro progetto “La pittura degli elefanti”, una parodia del modernismo. Dopo aver visto in una mostra alcuni lavori astratti di Gerhard Richter, i due pittori pensarono che degli elefanti avrebbero potuto realizzare dei quadri non peggiori. Gli ultimi lavori di Komar e Melamid, “La scelta del popolo” e “Propaganda monumentale” non avevano certo perso la qualità di essere taglienti e di andare all’essenza dell’epoca. Ma nel 2003 i due hanno smesso di lavorare assieme, e hanno proseguito individualmente le loro carriere.
La retrospettiva “Komar & Melamid”, inaugurata il 22 marzo, èin corso al Museo di Arte Moderna di Mosca (via Petrovka 25) fino al 9 giugno 2019
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