Il primo grande romanzo di Pelevin (nato nel 1962) si intitola in russo “Chapàev i Pustotà”. Chapàev è il cognome di un celebre ufficiale dell’Armata Rossa ai tempi della Guerra civile, reso famoso dal libro celebrativo di Dmitrij Furmanov del 1925. Pustotà (che vuol dire “Vuoto”, “Vacuità”, “Nulla”) è il cognome del personaggio voce narrante. In italiano però è stato ripreso il titolo americano “Buddha’s Little Finger”. Il libro è stato tradotto e pubblicato da Mondadori nel 2001 nella collana “Strade blu” e risulta oggi fuori catalogo.
La trama salta tra vari periodi storici, e in particolare le vicende si snodano tra la Guerra civile russa e la Mosca degli anni Novanta, in un ospedale psichiatrico. A unire i due periodi è Pustotà, che, comprensibilmente, si ritrova a interrogarsi sulla sua sanità mentale.
Anche se questo potrà confondervi le idee, la cosa offre a Pelevin – uno dei più prolifici autori russi contemporanei – l’opportunità per discutere il passato e il presente della Russia. A riportare il romanzo lontano dall’orlo del nonsense è una corrente sotterranea di filosofia e spiritualità orientale che, per molti lettori, scorre attraverso il libro come un balsamo.
Con “Il dono del dottor Kukockij” (titolo originale: “Kazus Kukotskogo”), Ljudmila Ulitskaja (nata nel 1943) è diventata la prima donna a vincere il prestigioso premio Russian Booker. Come molti altri libri che fanno parte di questa lista, il romanzo ha combinato il successo commerciale con l’esplorazione di temi estremamente difficili. Per esempio, si occupa di come la nascita leghi inevitabilmente la vita con la morte.
I protagonisti del romanzo sono un ostetrico sovietico, la donna che salva sul tavolo operatorio (e di cui si innamora) e sua figlia. La gravidanza, la scienza e l’aborto sono tutti argomenti incredibilmente caldi, ma la scrittrice evita con successo di impantanarsi nella trama o nella predica. Invece, illumina i dettagli sottili delle vite dei suoi personaggi. In Italia è stato tradotto e pubblicato da Frassinelli nel 2006 (18 euro).
Il protagonista del romanzo “Il peccato” (titolo originale: “Grekh”), è un’immagine speculare del suo controverso autore, e fluttua attraverso una serie di scene che lo seguono dall’adolescenza fino all’età adulta. Ogni capitolo assomiglia a un breve racconto a sé stante, dando un senso di distacco che contrasta con l’argomento centrale, dove si parla di eventi geopolitici drammatici. Lo sfondo è infatti la guerra in Cecenia, e i gli aspetti secondari su cui Prilepin (nato nel 1975) punta sembrano impallidire al suo confronto.
Ma questi sono gli spazi, sembra sostenere l’autore, in cui esiste la vita. Il materiale, che va dalla scoperta del sesso al radicamento della famiglia, alla vita nelle trincee, forma un invito a riflettere sulle relazioni che abbiamo tra di noi, i nostri cari e le nostre patrie, con cui non saremo mai in grado di riconciliarci. In Italia è stato tradotto e pubblicato da Voland nel 2012 (15 euro).
Un futuro distopico che assomiglia al passato remoto non è niente di nuovo in letteratura, ma Vladimir Sorokin (nato nel 1955) ha portato a un nuovo limite il genere nel suo “Den oprichnika”, immaginando un Impero russo risorto. Ben prima che la geopolitica lo dimostrasse misteriosamente profetico, Sorokin descriveva una Russia sempre più isolata che utilizza i sogni dell’antica gloria come base per una grande visione sociale.
Gli oprichnik erano la guardia privata di Ivan il Terribile che si guadagnarono una terribile reputazione quando sui loro cavalli neri, “ornati” di teste di cani morti, terrorizzavano la gente. Gli oprichnik moderni di Sorokin hanno armi laser e auto sportive, ma continuano la tradizione di stupri e saccheggi sfrenati. Lo scrittore decide di concentrarsi su un giorno nella vita di un ufficiale, dando un’immediatezza alla dissolutezza e al terrore che trasformano quella che altrimenti sarebbe stata una parata grottesca in un’eccentrica, intima esplorazione dei fantasmi alla base della Russia moderna. In Italia è stato tradotto e pubblicato da Atmosphere libri nel 2014 (15 euro) e ha vinto nel 2015 il Premio Von Rezzori per la Migliore opera di narrativa straniera pubblicata in Italia.
Gran parte di questo romanzo (titolo originale: “Venerin volos”), che è il più acclamato dalla critica tra quelli di Mikhail Shishkin (nato nel 1961), è organizzato attorno a domande e risposte. Funziona bene perché il protagonista lavora come interprete per i colloqui in un campo profughi svizzero. I richiedenti asilo arrivano dagli angoli difficili del mondo, in particolare dalla Cecenia, e devono dimostrare le loro tragiche circostanze riducendole a un numero di risposte quantificabili.
Questa è solo una parte del romanzo, comunque. La prosa di Shishkin intreccia fatti antichi, diari e aspetti filosofici per evidenziare il posto dell’interprete nel tessuto della storia. Le storie che traduce si riversano nelle storie che ricorda, e il romanzo si trasforma in un caleidoscopio che, sebbene impegnativo da leggere, si rivela profondamente gratificante. In Italia è stato tradotto e pubblicato da Voland nel 2006 (18 euro).
Un guaritore medievale di nome Arsenij (“Arsenio”, nell’edizione italiana) si ritrova incapace di salvare la sua amata e sceglie di vagare nell’antica Russia in cerca di conforto e redenzione. Fa anche un pellegrinaggio a Gerusalemme dove incontra diverse persone che cercano una connessione con il divino. Sono considerati degli jurodivye (i “santi pazzi” o “stolti in Cristo”), e Arsenij diventa uno di loro, rinunciando al suo nome e chiamandosi Lauro (“Lavr” nell’originale russo, da cui anche il titolo).
A differenza di molti romanzi della lista, in questo Vodolazkin (nato nel 1964) affronta temi come la fede, la morte, la colpa e la storia con una rinfrescante mancanza di ironia. Ciò che resta è un’impressione di un’immaginazione profondamente umana che sonda le profondità di ciò che spesso, forse pigramente, viene etichettata come “anima russa”. In Italia è stato tradotto e pubblicato da Elliot nel 2013 (14,50 euro).
La storia di Guzel’ Jachina (nata nel 1977), “Zuleika apre gli occhi” (titolo originale: “Zulejkhà otkryvaet glazà”), segue la vita di una donna tatara che vive in un mondo dominato da un mix di Islam, folklore e asfissianti limiti della vita del villaggio. Un giorno la sua vita cambia drammaticamente: durante le brutali repressioni di Stalin viene mandata in un campo di prigionia siberiano dove partorisce, deve imparare a cacciare e passare l’inverno dormendo in una capanna fredda nella taiga.
Se molti scrittori hanno tentato di comprendere i momenti più bui della storia sovietica, la Jakhina trova un modo per rendere nuovo il tutto. Nel suo viaggio in una specie di inferno inconcepibile, l’analfabeta Zuleika ci dà occhi nuovi con cui guardare una storia che tutti pensavamo di conoscere. E in un campo stalinista sembra essere più libera che nella sua vita precedente. In Italia è stato tradotto e pubblicato da Guanda nel 2017 (19,90 euro).
***La traslitterazione dei nomi degli autori e delle parole russe nei titoli dei libri non èquella usata dalle rispettive case editrici italiane. La data di uscita del libro indicata accanto al titolo e all’autore si riferisce all’edizione originale russa.
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