Tre pensieri di Chekhov, Tolstoj e Dostoevskij validissimi ancora oggi

Cultura
ALEKSANDRA GUZEVA
I russi non riescono a fare a meno delle citazioni e delle perle di saggezza dei loro grandi scrittori, perché, a dispetto del tempo passato, colgono sempre nel segno

Anton Chekhov (1860-1904): La vita è vita, di più non si sa

Poco prima della morte, Chekhov scrisse alla moglie, Olga Knipper “Tu chiedi ‘Che cos’è la vita?’ È come chiedere che cos’è una carota. Una carota è una carota, di più non si sa”.

Constatava che tra la vita e l’idea della vita, non c’è nessun altro possibile livello di comprensione. E cosa succede se non c’è un’idea più elevata, che giustifica l’esistenza umana?

Chekhov riteneva che “se nella vita c’è un qualche senso e un qualche fine, allora questo senso e questo fine di sicuro non consistono nella nostra felicità, ma in qualcosa di più intelligente e grande”.

Secondo lo scrittore l’uomo è felice, finché non vede qualche disgrazia o sente che qualcosa di male è capitato ad altre persone. E diceva che “dietro la porta di ogni uomo felice dovrebbe esserci qualcuno con un martelletto, che, battendo costantemente, gli rammentasse che l’infelicità esiste e, passata la breve felicità, sopraggiungerà immancabilmente”. (E se ai nostri tempi quel martelletto fosse Facebook?). Vi è piaciuta questa citazione di Chekhov? Ecco sette motivi per i quali dovreste correre a leggere le sue opere.

Fedor Dostoevskij (1821-1881): L’uomo non è sempre quello che sostiene

L’uomo moderno riceve da Internet un’infinità di informazioni, e le sue parole non sempre riflettono ciò che pensa.

Il protagonista del romanzo “I fratelli Karamazov” dice: “L’uomo è largo, troppo largo, lo restringerei”. Era stupito di come persino pensieri conflittuali potessero trovare spazio in una sola persona.

Un esempio di tali contraddizioni è nel romanzo “I Demoni”. Stavrogin dialogando con Shatov ammette di essere ateo. Shatov sta cercando di far caderlo cadere in contraddizione. Ricorda le frasi di Stavrogin di due anni prima, in cui sosteneva che i russi sono “persone portatrici di Dio” e che “un ateo cessa immediatamente di essere russo”.

“Ma non siete stato voi a dirmi”, grida Shatov, a Stavrogin, “che se vi dimostrassero matematicamente che la verità è al di fuori di Cristo, preferireste restare con il Cristo, piuttosto che con la verità? Lo avete detto voi questo? Lo avete detto?”

A proposito, questa frase su Cristo può essere trovata nelle lettere dello stesso Dostoevskij.

Lev Tolstoj (1828-1910): Tutto è un affannarsi inutile e la felicità è nella semplicità

Nei suoi romanzi, Tolstoj deliberatamente non si occupa dal presente: tutto ciò che è momentaneo è mortale e poco importante.

Al centro della sua visione del mondo ci sono la morale e l’etica, e qualsiasi sviluppo della civiltà, secondo Tolstoj, rende l’uomo solo peggiore: le persone ormai fanno sesso non solo per la riproduzione, e indossano vestiti non solo per stare al caldo. Lo scrittore voleva togliere i suoi personaggi dalla cerchia degli eventi consuetudinari e riportarli allo stato naturale e semplice.

Andrej Bolkonskij, ferito, in “Guerra e pace” cade e si ritrova in uno stato insolito, sdraiato sulla schiena, sulla terra del campo di battaglia. Guarda il cielo ed è sorpreso: come può non essersi accorto prima di questo cielo alto? Ed è felice di averlo riconosciuto. Immediatamente si chiede perché abbiano combattuto contro i francesi, perché abbiano urlato, corso, si siano affannati, e a cosa serva tutto questo. “Tutto è vuoto, tutto è inganno, tranne questo cielo infinito.”

In “Anna Karenina”, la moglie del fratello della protagonista accusa il marito di tradimento, e gli mostra le prove; un bigliettino. Ma il marito fedifrago è tormentato non dalla cosa sé, ma dalla sua reazione.

“Gli era accaduto in quel momento quello che accade alle persone che vengono inaspettatamente accusate di qualcosa di troppo vergognoso. Non aveva saputo adattare il viso alla situazione in cui era venuto a trovarsi di fronte alla moglie dopo la scoperta della propria colpa. Invece di offendersi, negare, giustificarsi, chiedere perdono, rimanere magari indifferente — tutto sarebbe stato meglio di quel che aveva fatto — il suo viso, in modo del tutto involontario (azione riflessa del cervello, pensò Stepan Arkadich, che amava la fisiologia), in modo del tutto involontario, aveva improvvisamente sorriso del suo usuale, buono e perciò stupido sorriso.”

In mezzo a tutte le convenzioni della società, tra innovazioni e cambiamenti continui, Tolstoj è come se ci chiedesse: dov’è la persona vera?”

Russia Beyond è grata a Dmitrij Baku e a “Zhivoe obshchenie” per la loro assistenza nella preparazione di questo articolo

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