Nel suo libro del 1946 “Uno psicologo nei lager”, il sopravvissuto di quattro campi di concentramento (tra cui Auschwitz) e psichiatra Viktor Frankl (1905-1997) insiste sul fatto che un uomo può sopravvivere a qualsiasi forma di sofferenza se ha un senso nella sua vita. Basta trovare questo significato, anche se sei da solo nell’universo.
Leggendo i classici russi del XIX secolo, troverete sicuramente personaggi che pensano molto e sono in cerca della loro missione sulla Terra. Molti trovano questo senso in vari tipi di servizio: a Dio, alla società o alla famiglia.
- Ivan Goncharov –“Oblomov”(1859)
La pigrizia e l’ozio erano i tratti distintivi di Oblòmov e la sua vita era assolutamente inutile. Sdraiato sul divano per molti anni, è diventato una metafora dell’indolenza e un modo di dire. Anche nel vocabolario italiano è entrato il termine “oblomovismo”. L’amico Andrej Stolz, ambizioso, trova invece il senso della vita nel miglioramento di sé e nell’autorealizzazione. Ma il suo comportamento diventa freddo e meccanico, e non può provare vero amore. Di conseguenza, nella sua ricerca di successo e prosperità, anche Stolz manca di valori umani fondamentali.
L’unica persona forte e onesta nel romanzo che è in grado di amare è Olga, la donna che per un po’ riesce a trascinare Oblomov fuori dalla sua zona di comfort. E che gli farà pronunciare le parole che dicono tutto su di lui e la sua visione della vita: “Povero angelo! Cielo! Perché mi ama? Perché la amo? Perché ci siamo conosciuti? È tutta colpa di Andrej: è lui che ha inoculato a entrambi l’amore, come fosse vaiolo. E che razza di vita è questa, piena di agitazioni e di ansie? Quando potrò godere un po’ di pace e di tranquilla felicità?”.
- Ivan Turgenev –“Padri e figli”(1862)
Turgenev esplorò l’eterno problema di padri e figli: la generazione più anziana non capisce mai la successiva. E viceversa. Il problema principale su cui le opinioni divergono è la diversa visione del significato della vita.
In questo caso, la generazione più anziana vede l’amore, la felicità, il godimento dell’arte e della natura tra le sfaccettature più importanti della vita. I figli rifiutano il “vecchio mondo”, rifiutano perfino l’amore e vogliono dedicarsi a qualcosa di utile. Il personaggio principale è il nichilista Bazarov che vuole diventare un medico. È pronto a rinunciare all’amore, per non diventare schiavo della passione.
Quando la sua amata, Anna Odintsova, chiede che futuro vede per se stesso e chi è in realtà, dice solo che è un dottore. Non ha intenzionalmente discusso lo scopo più grande della vita, perché “non si ha bisogno di queste astrazioni per mettere un pezzo di pane in bocca.”
- Fedor Dostoevskij –“I fratelli Karamazov”(1880)
Abbiamo recentemente scritto che questo romanzo è uno dei libri più importanti su Dio nella letteratura russa. Di fatto, sembra che tutta questa “ricerca del significato” sia iniziata proprio con Dostoevskij. La sua depressione a San Pietroburgo lo ha portato a riflettere molto sul perché e su per cosa vivono le persone. (Ha anche trascorso molto tempo in un campo di prigionia siberiano a meditare su queste domande).
I fratelli Aljosha (un monaco) e Ivan (un ateo) discutono su Dio e sull’uomo. “Non appena [Aljosha] rifletté seriamente, fu convinto dell’esistenza di Dio e dell’immortalità, e subito istintivamente disse a se stesso: ‘Voglio vivere per l’immortalità, e non accetterò alcun compromesso’. Allo stesso modo se avesse deciso che Dio e l’immortalità non esistevano, sarebbe diventato subito ateo e socialista”.
- Lev Tolstoj –“Resurrezione”(1899)
Tolstoj considerava questo romanzo come il suo migliore, e si arrabbiava quando la gente lo lodava solo per “Guerra e pace”. Lo scrittore ha riflettuto e lavorato ad esso per più di dieci anni.
Una donna è stata condannata per errore a un campo di prigionia siberiano. Membro della giuria, il principe Nekhljudov ha visto tutte le ingiustizie e cerca di aiutare la donna. Si scopre che l’aveva sedotta dieci anni prima, poi l’aveva abbandonata, e ora vuole espiare il suo peccato.
Qui, Tolstoj definisce una delle sue idee principali: non si può combattere il male con il male.
“Ed è successo a Nekhljudoff, come spesso accade agli uomini che stanno vivendo una vita spirituale. Il pensiero che all’inizio sembrava strano e paradossale o addirittura solo uno scherzo, essendo confermato sempre più spesso dall’esperienza della vita, appariva improvvisamente come la certezza più semplice e più vera. In questo modo, l’idea che l’unico mezzo certo di salvezza dal terribile male da cui gli uomini soffrivano era che dovevano sempre riconoscere se stessi come peccatori contro Dio, e quindi incapaci di punire o correggere gli altri. Gli fu chiaro che tutto il terribile male che aveva visto nelle carceri e la tranquilla soddisfazione di sé degli autori di questo male erano le conseguenze degli uomini che cercavano di fare ciò che era impossibile; cercando di correggere il male pur essendo loro stessi il male”.
- Maksim Gorkij –“Bassifondi”o “L’albergo dei poveri”(1902)
Uno sconosciuto, Luka, entra in un rifugio per senzatetto e vede molti mendicanti con varie storie di vita. Ascolta tutti loro e cerca di offrire supporto. “È lo stesso per me. Io rispetto tutti. Sono ladri: non mi importa. Per parte mia non c’è una pulce cattiva; sono tutte nere e saltano tutte”, dice.
Solo nelle viscere più profonde una persona può rivelare la sua vera faccia. Chiunque sia la persona, Luka crede che aiutare chi è nel bisogno sia la più alta forma di moralità. “Eppure siamo tutti esseri umani. Fingi quanto vuoi, datti tutte le arie possibili, ma uomo sei nato e uomo morirai. E mentre guardo, vedo che le persone più sagge diventano sempre più impegnate e, seppure di male in peggio, si sforzano ancora di migliorare”.
Un altro personaggio, il rude Satin, a volte dice bugie per una buona ragione. Gorkij scrisse in seguito che voleva sollevare la domanda su cosa è meglio: la verità, o la compassione e la bugia bianca? Cosa c’è di più necessario? Una persona dovrebbe innalzarsi più in alto della pietà, pensò Gorkij.
- Andrej Platonov –“Lo sterro”o “Nel grande cantiere”(1930)
Questa storia distopica abbraccia il punto di vista pessimista, che niente ha significato. Dei lavoratori stanno costruendo una casa per il felice futuro proletario. Come macchine, riposano solo per mangiare e dormire e sembrano non avere alcun sentimento.
Platonov imita la lingua ufficiale sovietica, e i suoi personaggi parlano come se vergassero quei documenti pomposi e inutili, con vocabolario formale anche nei discorsi quotidiani: “Qui, tuttavia, riposa la sostanza della creazione e lo scopo e l’obiettivo di ogni direttiva, una piccola persona destinata a diventare l’elemento universale. Ecco perché è essenziale finire il fondamento il più presto possibile, in modo che la casa possa apparire più rapidamente, e la popolazione infantile possa essere protetta dal vento e dal malessere da un muro di pietra”.
- Mikhail Bulgakov –“Il Maestro e Margherita”(1940)
Cosa succede se un libro diventa lo scopo della vita? Se un Maestro scrive qualcosa che conta davvero per se stesso, allora può essere una questione di vita o di morte; anche quando la tua Margherita firma un patto con il diavolo per far vivere il tuo libro. “I manoscritti non bruciano” e i personaggi sono più vivi di quelli spiritualmente morti.
Di conseguenza, i poteri eterni decidono il destino del Maestro, e il suo lavoro viene ricompensato con il riposo e la vita eterna.
“‘Egli [Gesù] ha letto gli scritti del maestro’, disse Levi Matteo ‘e ti chiede di prendere il maestro con te e ricompensarlo concedendogli il riposo. Sarebbe difficile per te farlo, spirito del male?’. ‘Niente è difficile per me’, rispose Woland, ‘come ben sai.’ Fece una pausa e poi aggiunse: ‘Perché non lo prende con sé, alla luce?’. ‘Non ha guadagnato la luce, si è guadagnato riposo’, disse tristemente Levi”
- Venedikt Erofeev –“Mosca-Petushkì”o “Mosca sulla vodka”(1970)
In questo mondo crudele non c’è posto per il protagonista, Venichka, e la sua anima, pura come quella di un neonato. I critici vedono il viaggio di Venichka su un elektrichka (treno pendolari) non come un viaggio reale verso la sua amata e il bambino, ma verso Dio o comunque qualcosa di utopico. Lui sopporta la sofferenza proprio come Gesù Cristo, per tutto il tempo medita sulla vita e la morte.
“Perché la vita dell’uomo non è forse una momentanea vertigine dell’anima? E anche un’eclissi dell’anima? Siamo tutti come ubriachi, solo ognuno a modo suo: una persona ha bevuto di più, l’altra di meno.”
Nonostante quello che molti pensano di solito, questo romanzo (o poema, come l’ha definito l’autore) non riguarda il consumo e l’abuso di alcol. Si tratta di una protesta contro le regole sociali.
C’è un passaggio che si riferisce chiaramente a Gesù Cristo: “L’uomo non dev’essere solo - questa è la mia opinione. L’uomo dovrebbe concedersi alle altre persone, anche se queste non lo vogliono. Ma se è comunque solo, dovrebbe percorrere i vagoni del treno. Dovrebbe trovare qualcuno e dire: ‘Guarda. Sono solo, e ti darò me stesso fino all’ultima goccia (perché ho appena bevuto l’ultima goccia, ha-ha!) E tu datti a me, e dopo esserti dato, dimmi dove stiamo andando. Da Mosca a Petushkì, o da Petushkì a Mosca?”.
Sapete quali sono i capolavori della letteratura su cui si formano tutti i russi a scuola? Eccoli.