Olga Kroytor, Andrej Filippov e Valerij Podoroga, vincitori del premio Kandinskij per l'arte contemporanea
Vyacheslav Prokoviev/TASSSono stati proclamati a Mosca i vincitori del Premio Kandinskij, il più prestigioso concorso privato di arte contemporanea del Paese. In giuria, i più autorevoli direttori e curatori di musei russi. Rbth ha stilato il profilo degli artisti che hanno vinto l’ultima edizione di questo premio.
Andrej Filippov
La sua installazione dal titolo “La ruota nella testa” è stata designata “Il progetto dell’anno”. Andrej Filippov è ritenuto uno degli esponenti più brillanti del cosiddetto “Concettualismo moscovita” e nel suo portfolio annovera la partecipazione alle biennali di Istanbul (Turchia), Cettigne (Montenegro) e Salonicco (Grecia). Nella “Ruota” scorgiamo la stanza di un ufficiale e sulla sua scrivania una mappa della Crimea, un teschio-compasso e un fucile mitragliatore... Sopra la scrivania è appeso un lampadario circolare, che ricorda le mura merlate di una fortezza, con candele-torri i cui lumini hanno la forma di un’aquila.
"La ruota nella testa". Fonte: Andrej Filippov
“Tutti cerchiamo di ricostruire il nostro futuro attraverso il nostro passato. E il passato ha per noi valore di presente, come il centro di quella ruota-lampadario su cui proiettiamo le nostre speranze. In questa “ruota” a vorticare non sono solo le nostre idee e le nostre speranze, ma anche le nostre passioni. Come nei tamburi buddisti e nei lampadari di una chiesa del Monte Athos”, annota Filippov, descrivendo la sua installazione che in primavera è stata presentata alla grande mostra intitolata “Il dipartimento delle aquile” ospitata dalla Fondazione culturale Ekaterina. L’artista concettualista rielabora da un pezzo simboli e mitologemi, legati soprattutto alla cultura sovietica. Come accade anche in una delle sue installazioni più emblematiche dal titolo “L’ultima cena”, dove accanto ai piatti scorgiamo delle falci e dei martelli. I miti imperiali e la riflessione ironica su di essi sono al centro della ricerca dell'artista.
Olga Kroytor
L’artista si è imposta tra i primi classificati al concorso “Giovani artisti. Il progetto dell’anno” con la sua opera “Punto d’appoggio”. La Kroytor commenta così la performance durante la quale si libra da terra all’altezza di quattro metri: “È importante trovare il proprio posto quando tutto cambia e ogni passo in qualunque direzione può rivelarsi mortalmente rischioso. La sua installazione, intitolata “Punto d’appoggio", è stata presentata nell’estate 2014 nell’ambito del progetto della “IV Biennale internazionale dei giovani artisti” di Mosca.
"Punto d'appoggio". Fonte: ufficio stampa
Non è la prima volta che la Kroytor riceve una nomination al Premio Kandinskij. Nel 2012 era finita tra i favoriti con la sua performance “Purificazione” della durata di 5 ore, replicata per 9 giorni di seguito. Allora non era finita nella rosa dei finalisti, ma ora si è presa una rivincita. Tuttavia, la Kroytor non si dedica solo alle performance. In una delle interviste che ha rilasciato ha raccontato che i primi lavori da lei venduti nel 2010, e poi finiti in Messico, erano dei collage. Due anni dopo si è svolta nel centro francese di Le Kremlin-Bicêtre è stata allestita una sua personale di collage dal titolo “Lo spazio sovietico”. Attualmente all’Artwin Gallery di Baku è in corso una sua mostra di video, installazioni e fotografie intitolata “L’altro lato”.
Valerij Podogora
Nell’ambito “Ricerca scientifica. Storia e teoria dell’arte contemporanea” la più giovane nomination al premio è stata quella dell’anno scorso a Valerij Podogora, ricercatore di filosofia e direttore del Centro di Antropologia analitica della Russian State University for the Humanities, che è risultato vincitore con la sua opera in due volumi dal titolo "Il secondo schermo. Sergeij Ejzhenshtein e il cinema della violenza". Podogora è anche autore di Fenomenologia del corpo. Introduzione all’antropologia del corpo, di Apologia della politica e di altri saggi, tradotti in numerose lingue europee. È visiting professor alla Sorbona, alla Cornell e all’Università di Lipsia, e indaga già da molti anni il problema della creazione artistica: i suoi primi studi dedicati alle teorie estetiche dell’autore della “Corazzata Potemkin” risalgono agli anni '90.
Nella sua recensione sul libro il filosofo Oleg Aronson rileva che la scelta di scrivere su Ejzenshtejn è motivata dal fatto che Ejzenshtejn “è parte del nostro tempo e condensa in sé un insieme unico di conoscenze, rivelandosi una vera enciclopedia della cultura; una figura nella quale egli individua i limiti, ma anche lo spirito di abnegazione e l’esigenza di un ritorno all’innocenza e alla crudeltà dell’infanzia, alla violenza dei riti arcaici, alla logica di un pensiero primigenio e all’estasi religiosa e sessuale…” Sull’attualità della figura di Ejzenshtejn è incentrato anche il film del regista britannico Peter Greenaway.
Il primo volume è dedicato alla “psicobiografia” del regista, mentre il secondo affronta il tema delle strategie figurative e della sua eccentrica antropologia visuale. Il libro verrà pubblica in russo e in inglese.
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