Una fotografia tratta dal libro "Dusha" (Anima) del fotografo Davide Monteleone, che per anni ha ritratto la Russia e lo spirito di questo popolo.
Davide MonteleoneLa Russia è rimasta a lungo per i fotografi italiani una terra esotica, selvaggia e proibita. In epoca sovietica erano in pochi coloro che riuscivano a fissare sulla pellicola la vita del Paese: la Cortina di ferro si chiudeva come l'otturatore di una macchina fotografica, senza consentire alla luce di reagire al mondo esterno.
Il primo italiano a realizzare un progetto importante di fotografia documentaria sulla Russia fu Piergiorgio Branzi. Negli anni '60 Branzi andrò in Unione Sovietica come corrispondente della Rai. Malgrado il suo ruolo gli permettesse di filmare il Paese nei suoi molteplici aspetti, la fotografia rimase per lui la chiave privilegiata di accesso alla realtà. Per molto tempo Branzi non ha mostrato gli scatti fatti a Mosca per non dare adito a strumentalizzazioni di tipo politico, desiderando che le sue fotografie fossero solo una testimonianza della quotidianità moscovita in trasformazione. La sua immagine di Mosca è quasi lirica. Gli scatti mostrano i nuovi quartieri urbani in costruzione, le chiese e i monasteri nel cuore antico della città, circondati da case un po' fatiscenti. La collezione ha dato vita al "Diario moscovita", che rivela agli stranieri un mondo umano, privo delle sue aspre connotazioni geopolitiche.
Alla fine degli anni '60 giunse in Russia la troupe di Vittorio De Sica per le riprese del film "I girasoli", portando al seguito il noto fotografo Tazio Secchiaroli (diventato il prototipo del paparazzo con il film "La dolce vita" di Fellini, ndr). Secchiaroli documentò le fasi delle riprese, ma nelle immagini realizzate sul set finirono inevitabilmente anche persone comuni, come, per esempio, la scena in cui Sofia Loren, protagonista dei "Girasoli", esce dalla metro Teatralnaya e viene ripresa insieme ad alcuni passanti.
Dopo gli scatti degli anni '60 seguì un lungo periodo di silenzio. Molti anni dopo, nel 1990, è arrivato il libro di Roberto Koch, "Istanti di Russia". Questo reportage testimonia una fase di grandi cambiamenti: viene ritratto Eltsin che sventola la nuova bandiera russa e si vedono i carri armati nelle repubbliche ormai ex sovietiche e la ginnastica mattutina in un innevato Parco Gorkij.
Dovettero trascorrere altri anni prima che la Russia catturasse davvero l'attenzione dei fotografi occidentali. All'inizio del Duemila giunse a Mosca DavideMonteleone, che nei 15 anni successivi è divenuto il principale interprete visuale della Federazione. Suoi i progetti russi che sfiorano il genere del documentario: al centro della narrazione visiva troviamo eroi, di cui si raccontano le difficili condizioni di vita in un Paese in via di trasformazione. Uno dei personaggi più amati da Monteleone, l'Oblomov di Goncharov per esempio, diventa nelle fotografie il fulcro attraverso cui l'artista cerca di indagare la complessità e il mistero dell'anima russa. E proprio "Dusha" (Anima) si intitola il suo primo libro, uscito nel 2007.
Un'altra spinta alla fotografia russa è data dall'apertura della Scuola Rodchenko, i cui giovani diplomati negli ultimi anni vincono sempre più spesso prestigiosi concorsi fotografici internazionali. Come nel caso di DanilaTkachenko, autore di "Restricted Areas", esposizione appena inaugurata a Roma alla Galleria del Cembalo. Tkachenko fotografa edifici abbandonati in cittadelle segrete che un tempo erano importanti centri di ricerca scientifica e altri simulacri della passata potenza sovietica sullo sfondo di paesaggi innevati.
Vi sono poi i paesaggi urbani di Aleksandr Gronskij, che fanno venire i brividi. L'artista ritrae uno spazio dalle dimensioni abnormi, che incombe sull'uomo, mentre la natura sembra resistere alla civilizzazione. Elena Arbugaeva fotografa la sua città natale, Tiksi in Yakuzia, dove i colori stinti delle case sono l'unica macchia cromatica sullo sfondo delle lontananze innevate. A differenza di quelle delle generazioni precedenti, le fotografie di questi autori non intendono solo mostrare la realtà circostante, ma far luce sui legami con essa.
La versione originale dell'articolo è stata pubblicata sul numero cartaceo di Rbth del 17 dicembre 2015. Per errore, all'interno del giornale sono state invertite le didascalie di due fotografie. La redazione di Rbth si scusa con gli autori delle foto e con i propri lettori.
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