Gianni Berengo Gardin, Toscana, 1965. Foto: ufficio stampa
Foto: Tatjana Andreeva
Ottanta opere di Gianni Berengo Gardin e Piergiorgio Branzi sono state esposte per la prima volta per i cittadini degli Urali alla mostra “Il realismo italiano. Fotografie dal 1945 al 1975”. Protagonisti delle fotografie gente comune delle periferie e della provincia d’Italia, venditori ambulanti, musicisti di strada, preti, reduci di guerra, emarginati…
Il pubblico che è intervenuto all’inaugurazione della mostra ha potuto così vedere queste testimonianze di vita quotidiana dell’Italia del '900; tra loro noti fotografi di Ekaterinburg, impiegati, passanti, rappresentanti del mondo artistico locali. Ogni partecipante aveva l’obbligo di indossare un paio di stravaganti baffetti neri, distribuiti dagli organizzatori all’ingresso.
“L’eccezionalità di questa mostra consiste nell’aver scelto opere di due fra i più carismatici e rappresentativi fotografi di guerra italiani”, sottolinea Marina Massaladi, direttrice della Casa della fotografia di Mosca. “Berengo Gardin è ritenuto il più grande fotografo italiano del dopoguerra e il giornalista televisivo Piergiorgio Branzi è stato negli anni '60 il primo corrispondente occidentale a inviare da Mosca i suoi reportage sulla vita sovietica”.
Gianni Berengo Gardin, Venezia. 1959
Come ha raccontato Massaladi, gli italiani sono stati affascinati dall’idea di allestire una mostra itinerante per far conoscere le opere dei loro connazionali a un numero più vasto possibile di cittadini russi. Alla fine sono state scelte 80 foto che faranno il giro di diverse città russe: Nizhnyi Novgorod, Ekaterinburg, Perm e Kazan. La mostra è stata organizzata dalla Casa della Fotografia di Mosca in collaborazione con la Fondazione Forma di Milano e col patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura nel novero delle iniziative previste per l’Anno della Cultura Russa in Italia e della Cultura Italiana in Russia.
“Mi è venuto l’irresistibile desiderio di correre in Italia”, confessa la pensionata Emilyia Goronkova. “La mostra mi ha completamente immerso nell’atmosfera dell’Italia del passato, riportandomi indietro nel tempo, agli anni della mia giovinezza. Le fotografie sono talmente prive di qualunque retorica romantica e così realistiche che mi hanno fatto tornare ai tempi difficili del dopoguerra, fino a farmi immedesimare totalmente in quella vita e in quel passato, come se fossi anch’io seduta su quegli scalini insieme agli italiani ritratti nelle foto. Non sono mai stata in Italia prima d’ora, ma spero vivamente di andarci. Certo adesso tutto è cambiato, le persone sono diverse. Ma quel frammento di tempo è stato magistralmente catturato e mostrato”.
Piergiorgio Branzi, Pasqua a Tricarico. 1955
Denis Tarasov, fotografo di Ekaterinburg, ha esaminato con l’occhio del professionista le opere dei colleghi, scoprendo un tratto comune tra Branzi e Gardin nell’estrema “democraticità” della loro fotografia. “Si tratta di maestri abituati a vivere nelle grandi metropoli, ma che hanno sentito come un dovere la necessità di rappresentare sulla pellicola l’intero Paese”, è il suo commento. “Hanno saputo ritrarre col medesimo interesse sia le celebrità che la gente comune, anonima. Noi abbiamo una percezione diffusa dell’Italia come di un Paese fiorente, opulento, ma queste foto in bianco e nero ci restituiscono sorprendentemente un’immagine molto più raffinata e vivida dell’Italia”.
Il vicecuratore della mostra Artyom Berkovich confida di essersi messo personalmente in contatto con lo stesso Gardin: “Qualche mese fa al nostro club di fotografia “Il giovedì” abbiamo assistito alla proiezione di un film sulla vita di Gardin e poi l’abbiamo rintracciato su Facebook e gli abbiamo scritto. Gardin ci ha risposto e grazie a noi è venuto a sapere della mostra di Ekaterinburg, lieto di avere un pubblico anche nella lontana provincia russa”.
Piergiorgio Branzi, Ragazzo con l’orologio. 1955
I collaboratori del museo degli Urali hanno saputo creare un’atmosfera gradevole e accogliente. Dopo la visita alla mostra tutti gli ospiti sono stati invitati all’esterno, in un tipico “cortile italiano”, dove al sole sui fili della biancheria erano stesi ad asciugare un reggiseno di suggestive dimensioni e una camicia maschile e alberi di mandarino verdeggiavano lungo il cancello. E ogni ospite ha potuto degustare datteri e un calice di vino italiano.
La Casa Metenkov ha poi realizzato uno straordinario catalogo con le opere di vari fotografi italiani. Agli ospiti è stato chiesto di gridare dal proprio posto le parole che associavano all’Italia. Le reazioni sono state molteplici: da Sofia Loren al Colosseo, dallo “stivale” agli spaghetti. Le risposte più vivaci sono venute dalla signora Goronkova e alla pensionata è andata in premio una copia del catalogo che illustra la storia della fotografia italiana. “A questo punto non mi resta che andare in Italia”, ha detto felice.
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