Bart De Baere, curatore della biennale di Mosca (Foto: Natasha Polskaya)
Dal 22 settembre al 1° novembre si terrà la sesta biennale moscovita dell'arte contemporanea. I curatori del progetto principale sono Bart De Baere, direttore del museo dell'arte contemporanea MUHKA di Anversa; Defne Ayas, direttore del Centro di arte contemporanea Witte de With a Rotterdam e Nicolaus Schafhausen, direttore del Kunsthalle a Vienna. Il loro progetto “Come vivere insieme? Uno sguardo dal centro della città nel vero cuore dell'isola Eurasia” può essere considerato un'innovazione per la pratica della biennale. La mostra si terrà nel padiglione centrale del VDNKh e avrà la durata di dieci giorni in un formato work-in-progress, con lezioni e discussioni cui prenderanno parte in prima persona gli artisti, gli scienziati, gli economisti e i professionisti provenienti da altri campi. Dopodiché seguirà la dimostrazione dell'archiviazione del progetto e delle opere degli artisti create all'interno del padiglione nel corso, per l'appunto, degli ultimi tre giorni. Alla vigilia della biennale Bart De Baere ha parlato a RBTH del progetto. Senza nascondere il proprio amore per Mosca.
Inizialmente l'obiettivo di qualsiasi biennale era la promozione di una città in particolare, di un paese, dell'arte contemporanea. Gli obiettivi sono gli stessi?
Anche oggi si può dire che la biennale sia uno degli strumenti più efficienti per attirare il turismo. Venezia, ad esempio, è il centro turistico del mondo, vive di turismo. Quest'estate hanno scelto di non pubblicizzare la città… non dicono più: “Venite a visitare la nostra sontuosa Venezia”, al contrario dicono: “Venite a vedere la nostra splendida biennale!”. E aggiungono: “Mentre vi godete la biennale, forse potreste visitare anche la nostra bella città”. Questo è certamente l'effetto della biennale. Questo è il risultato. La stessa cosa sarebbe l'ideale per Mosca. Perché Mosca è fra le città più belle del mondo e fra le più magnifiche in Europa. Come Roma o Istanbul, Londra o Madrid. Purtroppo però, e lo dico con dispiacere, l'Europa non vuole riconoscere questo. O forse non lo sa neppure.
Quello di cui parlo però, è proprio l'effetto che la biennale potrebbe produrre. La sostanza del discorso sta in altro. Che cosa può generare di fatto una biennale? Cambiare l'immagine dell'arte e dimostrare che cosa di fatto possa fare l'arte, quale significato essa possa avere per il futuro. Ad esempio, la biennale di Mosca potrebbe occupare la medesima posizione della biennale di Sao Paulo, perenne luogo di incontro non solo per i brasiliani, ma per tutti quanti s'interessino dell'America Latina.
Naturalmente, Mosca dovrebbe essere punto d'incontro per tutto lo spazio dell'ex Unione Sovietica, nonché punto d'incontro fra l'Europa Occidentale e l'Asia. Mosca si trova infatti al centro: fra Bruxelles e Pechino. Mosca, inoltre, è una delle città più importanti per quanto riguarda l'arte contemporanea. La prima avanguardia proviene appunto dalla capitale ed è proprio qui che si trovano artisti e organizzazioni artistiche eccezionali.
L'enorme territorio di VDNKh si mette a disposizione per gli incontri...
Sì! VDNKh offre le stesse possibilità dei Giardini di Venezia. Le dimensioni sono impressionanti! Senza dubbio c'è posto per padiglioni di tutti i tipi con le mostre.
Il vostro progetto si concentra nel padiglione centrale. Qual è la concezione della mostra?
Quando ci siamo andati per la prima volta e ci hanno detto che avremmo dovuto edificare un grande padiglione, abbiamo risposto in coro che non era possibile. Con un budget ridotto un progetto simile è certamente irrealizzabile. Avremmo potuto quindi rinunciarvi del tutto, ma Mosca è troppo importante come luogo d'incontri. E gli incontri sono quanto più conta ora per i popoli. Da noi riesce molto bene farsi la guerra, e non solo a livello di stati, ma anche di gruppi sociali. Per questo motivo molto attuale è la questione sul come ci si possa ritrovare insieme. Si tratta di una domanda rivolta alla società. E così noi abbiamo deciso non di costruire, ma di investire nelle persone, nei partecipanti, nell'organizzazione degli incontri. Abbiamo scelto di non indirizzare i soldi alla copertura delle spese per il trasporto o all'assicurazione di costosissime opere d'arte provenienti dalle gallerie di Londra o di Pechino a Mosca.
E così siamo arrivati al nuovo formato: “La biennale più breve del mondo”. Per dieci giorni a Mosca la gente si incontrerà nel padiglione per discutere e creare, valutare. Noi abbiamo intervistato la gente più disparata, da tutte le parti del mondo: artisti, architetti, scienziati ed economisti. Che cosa può fare questa gente in questi dieci giorni? Che cosa presentare a questa comunità, in occasione di questo meeting, per fare in modo che tutte le proposte si incontrino?
Che cosa resterà agli spettatori dopo dieci giorni?
Il nostro incontro si terrà dal 22 settembre al primo ottobre. Al termine ci sarà un grande film documentario su tutti gli eventi del padiglione. Ci saranno un sito internet, un libro ed una mostra documentaria all'interno dello stesso spazio espositivo. Sono sicuro che sarà un evento indimenticabile per tutti quelli che saranno con noi questi dieci giorni! Fra dieci anni vedrete il film e ricorderete di essere stati parte di qualcosa di grande e importante.
Quindi vi aspettate emozioni indimenticabili?
Dal punto di vista dell'umana esistenza, davvero insolite. Non necessariamente dal punto di vista della luminosità dell'espressione. C'è già troppa luminosità e brillantezza in questo mondo. Penso però che le impressioni saranno durature. La biennale resterà a lungo con noi, nella memoria. Proprio come quando succede, nella vita, di tenere particolarmente a mente certe conversazioni con qualcuno, o quando ci si innamora di qualcuno, quando si sta insieme.
Ci sono stati rifiuti da parte degli artisti?
Ci sono stati per diversi motivi: per via di altri impegni presi, altre mostre... C'è stato un rifiuto da Nikita Kadan dall'Ucraina. Noi lo abbiamo invitato, ma lui ha detto che in questo momento, come artista, non può proporre nulla di positivo.
La biennale cercherà di evitare dunque spigoli vivi e di basarsi solo sulla positività?
Non si tratta di sola positività. La questione sta nel fatto che si può anche essere nemici, ma che nonostante ciò si possa comunque trovare un modo per coesistere. Possiamo provare a pensarci insieme e cercare di trovare vie di sussistenza pacifiche per il futuro. Anche se è vero, che non sempre funziona così.
In una recente intervista, ha detto che in pochi, della comunità artistica europea, si preoccupano della situazione in Ucraina...
Io ho detto che in Europa sanno poco della complessità e della delicatezza della situazione in Ucraina. E certamente non sanno della complessità e delle molteplici sfaccettature della situazione in Russia. Anche in Russia, però, non sanno della complessità della situazione in Europa.
Ho sentito che nel suo museo ci sono opere contemporanee russe.
Noi abbiamo la collezione più grande collezione di arte post sovietica in Europa. È presente anche Ilja Kabakov, uno degli artisti più grandi al mondo. Ci sono anche i lavori di Vladislav Mamyshev-Monroe, di Sergej Bratkov. Non molto tempo fa abbiamo acquistato anche moltissimi lavori di Taus Makhacheva. La mostra di Olga Chernysheva l'abbiamo fatta l'anno scorso, regolarmente presentiamo i lavori dei vostri artisti.
Come reagisce il pubblico?
Sempre benissimo. Noi non presentiamo gli artisti come russi, li presentiamo come buoni artisti. Taus Makhacheva è la nostra prossima esposizione.
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