I piatti di pesce erano un tempo molto frequenti sulla tavola dei russi. A differenza della caccia, non c’erano regole che limitassero la pesca, pertanto tutti, persino i contadini, potevano permettersi di mangiare salmone, storione, trote o altri pesci pregiati, a seconda di quello che riuscivano a far abboccare.
Per la salatura “alla Pechora”, il pesce veniva catturato in primavera, durante il periodo di frega. Ogni pesce veniva sventrato e lavato, le branchie venivano asportate. Nel ventre dei pesci si metteva del sale grosso, dopo di che i pesci venivano messi dentro una botte di rovere con il dorso all’ingiù. Ogni strato di pesce veniva poi coperto da altro sale, foglie di ortica o pigne di conifere. La botte veniva chiusa e messa in un ambiente riscaldato. Un paio di giorni dopo, quando il pesce cominciava a sprigionare liquido, sul coperchio si metteva un peso e la botte veniva spostata in uno scantinato fresco, dove restava fino alla fine dell’estate, cioè fino a quando il pesce “aromatico”, in quanto fermentato, era pronto per essere servito.
Nel Nord della Russia, nella regione di Arcangelo era diffuso un altro procedimento per la fermentazione del pesce, solo che in questo caso il prodotto finale era una salsa. Gli abitanti delle campagne scavavano nella terra una grossa buca che veniva poi tappezzata con foglie d’albero. Nella buca si mettevano pesci di fiume e sopra altre foglie e terra. Alcuni mesi dopo, quando dentro era già pieno di liquido, nel quale il pesce “nuotava”, la buca veniva aperta. Questo liquido di pesce, la “salsa”, veniva raccolto con un secchio.
All’uomo d’oggi ciò potrebbe sembrare una cosa da pazzi, eppure nel passato molti popoli facevano la stessa cosa: basti pensare al “garum” della cucina degli antichi Romani, una salsa che si otteneva mediante fermentazione del pesce che restava esposto all’atmosfera in botti aperte per due-tre mesi. Un analogo moderno sarebbe la salsa Worcestershire.
Gli abitanti delle zone paludose in primavera facevano il pane di giunco. Le radici della pianta, ricche di zucchero e amido, venivano trinciate e poi macinate. Con la farina si faceva il pane.
Durante la Seconda guerra mondiale questo pane ha salvato molte vite.
L’atriplice è una pianta molto diffusa in Russia. Sebbene sia considerata sterpaglia, nelle annate “magre” veniva consumata su larga scala. E non a caso: se raccolta in primavera, contiene molte vitamine e minerali utili. Questa pianta, simile alla quinoa, spesso viene chiamata “spinacio selvatico”. Ne esistono diverse varietà, alcune hanno un gusto amaro o sono addirittura velenose. Con l’atriplice si facevano polpette, zuppe e pappe. La pappa di semi di atriplice si chiama “ljebedjan”, e veniva cucinata come la normale “kasha” a base di latte. Il gusto assomiglia al grano saraceno.
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Ecco un altro piatto che salvava dalla fame gli abitanti delle regioni settentrionali. Dall’albero, il più delle volte il pino o la betulla, veniva asportato lo strato esterno della corteccia. Il sottile strato sottostante veniva poi raccolto e consumato. La corteccia di betulla ha una consistenza piuttosto dura, quindi deve essere tritata con una cura particolare e richiede un tempo di cottura piuttosto lungo.
I contadini cercavano di non buttar via niente. Uno dei metodi per conservare la carne era il cosiddetto “polotok”. L’oca (o altri volatili) veniva tagliata a pezzi, disossata e poi messa dentro una botte con delle spezie. Sopra la carne veniva messo del nitrato di ammonio, la botte veniva sigillata e messa a riposo dall’autunno fino a primavera. In primavera l’oca veniva estratta dalla botte, affumicata e poi servita. La carne, però, era piuttosto dura.
Piatto riservato ai soli ricchi, che era popolare fino al XIX secolo. Ai clienti delle grandi città questo prodotto veniva fornito soprattutto dagli allevatori di Rostov e Vologda. Per garantirne la freschezza, le forniture avvenivano soltanto d’inverno.
Per una porzione ci volevano 20-30 creste di gallo. La cottura, con l’aggiunta di erbe aromatiche, durava alcune ore. Talvolta le creste venivano anche farcite con carne e servite con salsa a base di frutta.
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