Polo Nord: dalle prime esplorazioni al turismo polare, la Russia è sempre in pole position

Maksim Blinov/Sputnik
Fin dal 1914 i russi cercarono di raggiungere questo luogo simbolo, per poi riuscirci al tempo di Stalin. Oggi ci sono crociere e viaggi in aereo ed elicottero, anche se non costano poco

Cosa succede quando l’ennesimo tentativo di compiere qualcosa di molto difficile fallisce tragicamente? Per i russi, questo significa solo una cosa: che bisogna riprovarci di nuovo.

Un idrografo trentaseienne ha già trascorso due inverni di fila nell’Artico a bordo di una goletta, a causa di una spedizione mal preparata. Ha lo scorbuto. Ma la sua pazienza finisce: decide in ogni caso di lasciare la nave e di dirigersi al Polo Nord. Ordina a due marinai di preparare le mute dei cani e i tre si inoltrano in un deserto di neve e ghiaccio. Dopo una settimana di viaggio, non riesce più nemmeno a stare in piedi, e ordina di essere legato alla slitta per continuare la spedizione. Pochi giorni dopo, muore. Al Polo rimanevano 900 km. La spedizione termina.

Era il 1914, l’idrografo si chiamava Georgij Sedóv. Fu il primo russo a decidere di conquistare il Polo Nord. Tuttavia, non la prima persona al mondo che soffrì e morì per questo obiettivo.

Chi ha “scoperto” il Polo Nord?

Sei anni prima di Sedov, l’americano Frederick Cook aveva cercato di arrivare al Polo su una slitta trainata da cani. Dichiarò di averlo raggiunto, ma non poté offrire prove incontrovertibili. Molti non gli credettero e per questo cadde persino in depressione. L’anno seguente, l’ingegnere americano Robert Peary sostenne di aver raggiunto il Polo il 6 aprile 1909 e, fino al 1988, fu riconosciuto ufficialmente come “scopritore del Polo Nord” nelle pubblicazioni americane. Ma un riesame delle sue registrazioni commissionate dalla National Geographic Society ha concluso che anche le prove portate da Peary non erano sufficienti (sarebbe arrivato a solo 40 chilometri dalla meta).

Un momento della spedizione di Georgij Sedóv

In Unione Sovietica, non credettero mai né a Cook né a Peary. Nel 1937, Stalin approvò la spedizione sovietica al Polo: secondo il piano, quattro esploratori polari dovevano rimanere sulla banchisa per organizzare lì una stazione autonoma, la “Severnyj poljus-1” (“Polo Nord-1”). La spedizione era necessaria per raccogliere dati che consentissero un ulteriore sviluppo della rotta del Mare del Nord e dell’Artico nel suo insieme.

Georgij Sedóv

Decisero di portare gli esploratori a destinazione usando uno squadrone di aerei da una base sull’Isola del Principe Rodolfo, che si trova a 900 km dal Polo (esattamente dove Sedov era morto anni prima). Ivan Papanin, capo della spedizione, chiese riserve di cibo per due anni e, di conseguenza, il peso totale delle derrate preparate per la spedizione fu di 5 tonnellate. Tuttavia, non era previsto l’invio alla stazione né di un cuoco né di un medico ad accompagnare gli esploratori polari: dovevano cavarsela da soli.

I componenti della prima spedizione al Polo Nord

Il 21 maggio, all’alba, gli esploratori polari volarono verso il Polo, ma  uno dei due motori iniziò ad avere problemi, con un radiatore che perdeva. Toccò loro, a meno venti gradi sotto zero, aprire la copertura di un’ala, raccogliere il liquido e con una pompa e rimetterlo al suo posto. Alle 10.50 raggiunsero il Polo, ma alle 11.12 ogni collegamento radio si interruppe improvvisamente e per quattro giorni nessuno seppe che fine avessero fatto. Quando riapparvero, l’Unione Sovietica rimase scioccata: i russi erano stati al Polo Nord! Questa fu la prima spedizione al Polo, che non fu messa in dubbio da nessuno al mondo! (Roald Amundsen, Lincoln Ellsworth e Umberto Nobile, il 12 maggio 1926 lo avevano solo sorvolato, gettando dal dirigibile “Norge” le tre bandiere: norvegese, statunitense e italiana).

Il ritorno trionfante a Mosca della prima spedizione artica

Le proiezioni all’estero delle riprese documentarie girate dai sovietici in quei giorni del 1937 bastarono a ripagare tutte le spese di trasporto della spedizione.

Cosa c’è al Polo Nord

Il Polo Nord è un punto convenzionale. La sua superficie è ghiaccio alla deriva, sotto il quale ci sono 4261 m di profondità marina. Non esiste terra come in Antartide. Mettere una bandiera o un segno per fissare il punto di “90° latitudine nord” è impossibile. Si può capire di aver raggiunto il Polo solo con gli strumenti. In effetti, non ci può essere una base permanente lì, e quelle temporanee non sempre passano attraverso il Polo o in prossimità di esso. Tutto dipende da come va alla deriva la banchisa con sopra la base.

L’idea di creare stazioni temporanee alla deriva venne all’esploratore polare Vladimir Vize e dal 1937 l’Urss e successivamente la Russia hanno creato tali basi. Quelle sovietiche rimanevano attive per un paio d’anni, fino a quando la banchisa si avvicinava alla Groenlandia, dove iniziava a disfarsi. Dal 2000, i russi hanno creato la base temporanea annuale “Barneo”, e la popolano solo per un mese, un mese e mezzo, a partire da aprile, quando le condizioni meteorologiche sono più favorevoli. Vi vengono approntati un campo d’aviazione, moduli residenziali temporanei, cabine, locali tecnici, una mensa, un bagno e non manca un cartello con l’indicazione delle distanze dalle capitali del mondo.

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In effetti, c’è una bandiera russa al Polo Nord, ma non dove vi aspettereste di trovarla. Nel 2007, il fondo oceanico del Polo Nord è stato raggiunto per la prima volta da due minisommergibili per acque profonde “Mir”, che hanno prelevato campioni di terreno e lasciato lì il tricolore russo.

Come si raggiunge il Polo oggi

Fyodor Konyukhov

“Non ho mai provato una tale sensazione di fame”, ha ricordato il viaggiatore Fjodor Konjukhov, sopravvissuto a cinque viaggi intorno al mondo in solitaria. Lo disse riguardo alla spedizione al Polo Nord del 1987, quando, come parte di una spedizione nell’Artico, decise di raggiungere il tanto ambito punto, come si sarebbe fatto 80 anni prima: senza supporto aereo, e trasportando tutte le attrezzature (alimenti per 50 giorni, una stazione radio, una tenda e tutto il resto). Per ridurre il peso, risparmiarono però sugli alimenti. Fjodor quindi raccolse alghe dal ghiaccio, mangiò foglie di tè, e neve e uno dei membri della spedizione morì comunque di fame.

Il rompighiaccio

Ma ora, tranne i viaggiatori estremi, nessun altro va al Polo. Tutto è diventato molto più semplice. In effetti, per arrivarci, non è necessario essere né uno scienziato né un amico di uno scienziato. Ci sono anche tour per turisti. Ma il prezzo non è certo popolare: si parte da 21.500 dollari a testa. Ci si può arrivare a bordo del rompighiaccio a propulsione nucleare più potente del mondo, il “50 let Pobedy” (“Cinquant’anni dalla Vittoria”). La crociera inizia da Murmansk, e c’è tutto a bordo; dalla palestra alla sauna. La seconda opzione è in aereo e in elicottero. Questa variante prevede l’atterraggio in aereo alla base “Barneo”, da dove si prosegue in elicottero. Circa 200-250 turisti raggiungono ogni anno la stazione Barneo.

Il ristorante del rompighiaccio

Il Polo Nord e le aree di mare circostanti non appartengono a nessuno Stato, ma il territorio artico è diviso tra cinque Paesi adiacenti: Russia, Norvegia, Canada, Danimarca e Stati Uniti. Pertanto, per raggiungere il Polo come turista, bisogna avere il visto di quel Paese attraverso il quale “si entra”, o comunque essere in ordine con i documenti, se il visto non è necessario. Non ci sono statistiche sulla frequenza con cui i Paesi inviano spedizioni al Polo. Nel 2007, “Rossijskaja Gazeta” ha provato a raccogliere questi dati. Si è scoperto che a quel tempo 66 rompighiaccio e navi speciali avevano visitato il Polo, di cui 54 battenti bandiera sovietica o russa.

La baia Severnaya (del nord) della Terra di Francesco Giuseppe


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