È facile nascondere una cappella? E perché preoccuparsi di nascondere una cappella all’interno di una residenza? Eppure questo è esattamente ciò che fece l’architetto Fedor Schechtel quando costruì a Mosca un palazzo per il milionario Stepan Rjabushinskij, nel 1900-1902.
Ma perché un uomo rispettato come Rjabushinskij chiese di nascondere una cappella in casa? La risposta è semplice: i Rjabushinskij erano Vecchi credenti, una setta ortodossa che non riconosceva le riforme della chiesa russa del XVII secolo. I Vecchi credenti erano banditi in Russia fino al 1905 ed erano costretti a nascondere la loro fede e le loro cerimonie religiose.
La bella cappella al piano superiore del palazzo Rjabushinskij fu costruita in modo che non potesse essere vista dall’esterno. Ma questo non è l’unico motivo per cui la villa in stile Art Nouveau è una delle case più originali di Mosca.
Con il suo particolare design degli interni, la casa vi farà sentire come sul fondo del mare, con una bella scala a forma di onda e una lampada gigante a forma di medusa su in alto. Numerosi animali e tipi di vegetazione marina possono essere ammirati ovunque nelle decorazioni della casa.
La tenuta di un miliardario
Stepan Rjabushinskij (1874-1942) era un mercante, benefattore e membro di una delle famiglie più ricche del suo tempo. In tre generazioni la famiglia era passata da essere contadini poveri a miliardari che guadagnavano con la produzione tessile a Vyshnij Volochok.
Quando vide la villa per la prima volta, Stepan esaminò ogni dettaglio ed esclamò con entusiasmo: “È venuta fuori molto strana… Credo che in tutta l’Europa non ci sia una casa come questa…”
I Vecchi credenti avevano spesso molti figli e Stepan aveva sette fratelli e cinque sorelle. Tutti ricevettero un’istruzione eccellente, parlavano diverse lingue straniere e si distinsero nelle loro rispettive professioni. Dopo la rivoluzione russa del 1917, tuttavia, fuggirono dalla Russia. Stepan emigrò in Italia (è morto a Milano nel 1942), dove vivono ancora i suoi eredi, da parte della figlia Elena. Altri parenti vivono in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e in molti altri Paesi.
Uno dei fratelli di Stepan, Dmitrij, fu il fondatore del primo Istituto aerodinamico del mondo, con un grande tunnel aerodinamico costruito a Kuchino, nella regione di Mosca. Lì, lavorò a progetti di velivoli e missili. Dopo la rivoluzione, l’istituto fu nazionalizzato.
Nel 1918, Dmitrij fu arrestato come nemico di classe, ma l’illustre scrittore Maksim Gorkij lo difese. Dmitrij lasciò il Paese e lavorò come professore alla Sorbona di Parigi per molti anni, rimanendo grato a Gorkij per tutta la vita. Come patriota russo, Dmitrij non prese la cittadinanza francese e rimase un cittadino dell’Impero russo, che non esisteva più. Ha vissuto con un passaporto Nansen (rilasciato dalla Società delle Nazioni a profughi e rifugiati apolidi) fino alla fine dei suoi giorni.
Per un capriccio del destino, molti anni dopo Gorkij divenne il secondo e ultimo residente della villa Rjabushinskij.
Una casa per Gorkij
Dopo la Rivoluzione e la partenza della famiglia Rjabushinskij, la villa fu assegnata a varie istituzioni statali sovietiche: il dipartimento dei visti e passaporti, una casa editrice statale, un asilo nido per i figli dei lavoratori del partito, ecc.
Poi arrivò Gorkij. A partire dal 1931, la residenza ospitò la “procellaria della rivoluzione russa”, che visse lì fino alla sua morte nel 1936. Dopo la scomparsa dello scrittore, la sua famiglia continuò a vivere qui fino al 1961, e nel 1965 vi fu aperto il Museo Gorkij.
Gorkij era tornato in Unione Sovietica dopo la sua lunga emigrazione in Italia (in particolare a Capri) a partire dal 1921. Sostenne inizialmente la Rivoluzione, ma poi criticò i metodi di governo dei bolscevichi e preferì ristabilirsi ancora una volta in Italia per lungo tempo (in questa fase principalmente a Sorrento).
Dopo numerose richieste del governo sovietico, e dopo aver affrontato gravi difficoltà finanziarie all’estero, Gorkij finalmente accettò di tornare in Russia e si stabilì nella villa Rjabushinskij che era stata appositamente restaurata per lui.
Gorkij ha scritto che questi ultimi anni nella sua vita in patria sono stati i più amari. Era costantemente sorvegliato dalla sua segretaria e dai servizi segreti, i suoi ospiti venivano accuratamente selezionati e riceveva persino giornali e riviste con informazioni ingannevoli pubblicate per disinformarlo. “C’è un orecchio dietro ogni porta [di questa casa]”, disse Gorkij.
Nel 1934, suo figlio morì in strane circostanze all’età di 34 anni. Questo lasciò Gorkij completamente a pezzi, e lo scrittore morì poco dopo, nel 1936.
Visto che la famiglia dello scrittore continuò a vivere nella villa per altri 30 anni dopo la sua morte, furono preservati molti dei suoi oggetti. Oggi sono esposti nella villa: la sua enorme biblioteca con 12.000 volumi è la seconda più grande fra quelle degli scrittori russi, ad eccezione di Lev Tolstoj.
Camminando per la casa troverete anche la collezione dello scrittore di figure Netsuke (piccole sculture tradizionali giapponesi, di solito in avorio o in legno), il suo tavolo da scrittura e i manoscritti, il suo abito orientale preferito e lo zucchetto che indossava a casa, così come le foto della sua famiglia e del suo amato figlio.
Gorkij, tuttavia, non ha mai amato la villa, considerandola troppo elegante per un rivoluzionario. “È immensa, grandiosa. Non c’è niente da ridere…” era solito dire. “Sarebbe meglio se ci dessero un buon appartamento…” Lo scrittore, tuttavia, fu condannato a trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella villa.
Casa museo M. Gorkij, Via Nikitskaja 6/2, apertura al pubblico: da mercoledì a domenica dalle 11 alle 17 (chiusa l’ultimo giovedì del mese). Per prenotare la visita: +7(495) 690-05-35
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