Il fantasma di Rasputin sulla Via Gorokhovaja
Grigorij Rasputin (1869-1916) è uno dei personaggi più misteriosi e malvagi della storia russa. Dopo aver vagato per monasteri e conventi in giro per la Russia, si guadagnò la reputazione di uomo saggio, guaritore e profeta. Lo zar e la sua famiglia iniziarono a fidarsi di lui in modo incondizionato, offrendogli uno status elevato nella corte reale.
Nel 1914 Rasputin si stabilì al numero 64 di via Gorokhovaja, nel quartiere più prestigioso di San Pietroburgo. Gente comune e nobili iniziarono a fare la fila nel cortile di questa casa, per farsi guarire o leggere il futuro. Rasputin era ritenuto, un veggente e testimoni dell’epoca affermarono che avesse previsto la rivoluzione del 1917 e la scomparsa della monarchia russa.
Nel 1916 Rasputin fu assassinato, ma coloro che intendevano ucciderlo non avevano idea di quanto sarebbe stato difficile. In primo luogo l’avvelenarono, poi gli spararono e infine gettarono il cadavere sotto il ghiaccio del fiume Malaja Nevka. L’autopsia ha rivelato che la causa effettiva della morte non furono né il veleno né le ferite da arma da fuoco, ma l’annegamento. Fu poi sepolto a Tsarskoje Selò. Nel 1917, il governo provvisorio, ordinò di spostare la sua bara sulla collina Poklonnaja. Secondo la leggenda, il veicolo che la trasportava si ruppe lungo la strada e Rasputin non venne sepolto ma cremato nei locali caldaia del Politecnico. Di conseguenza, la gente dice che la sua anima non è mai stata lasciata riposare e che il suo fantasma appare ogni notte nei corridoi della casa al numero 64 di via Gorokhovaja. A quanto pare il suo fantasma non fa danni e anzi mantiene l’ordine della casa.
Le sfingi sul Lungoneva dell’Università
Nel 1830 lo storico della Chiesa Andrej Muravjev (1806-1874) viaggiava per il mondo, visitando importanti luoghi santi. Mentre era ad Alessandria d’Egitto, un paio di sfingi, che un inglese aveva messo in vendita, attirarono la sua attenzione. Erano state realizzate per decorare il tempio di Tebe per il faraone Amenhotep III (XIV secolo a.C.). Muravjev scrisse all’ambasciatore russo e lo pregò di comprarle. L’ambasciatore chiese lumi all’imperatore Nicola I, e quest’ultimo trasmise la richiesta all’Accademia delle Arti. Ma quando, dopo tutta la trafila burocratica, l’Accademia finalmente dette il suo sì all’acquisto, le sfingi erano già state vendute in Francia. Per fortuna scoppiò la Rivoluzione di luglio, cadde Carlo X, ultimo re Borbone, e con il caos politico in Francia, si riaprì la possibilità per i russi di acquistarle. E così, dal 1832, le sfingi adornano la passeggiata sulla Neva e non quella sulla Senna.
Tuttavia, gli egiziani hanno sempre considerato le sfingi come creature minacciose: guardiani del mondo dei morti. Per questo motivo, è ritenuto pericoloso disturbarle e ancor più pericoloso per portarle via dal loro Paese. Ancora oggi queste leggende sono molto diffuse in tutto il mondo e anche a San Pietroburgo, dove mettono in guardia le persone dal camminare vicino o toccare le sfingi: chi lo fa diventa pazzo! Alcuni dicono anche che le espressioni delle sfingi cambiano: la mattina guardano pacificamente e con calma, dal crepuscolo in poi i loro volti sembrano arrabbiati e malvagi.
Il cavaliere maltese e la ragazza con la bambola di porcellana
Il cimitero di Smolenskoe è uno dei più antichi cimiteri di San Pietroburgo, ma per fortuna i fantasmi che vivono là sono per lo più innocui.
Alla fine del XIX secolo, il pietroburghese Nikolaj Verbin annotò una cosa curiosa sul suo diario. Mentre camminava per Smolenskoe in un giorno nuvoloso d’autunno, d’improvviso s’imbatté in un uomo vestito con gli abiti dell’ordine di Malta. Nikolaj fece un inchino allo straniero, come segno di rispetto, ma in un battito di ciglia, l’uomo scomparve come era apparso. Allo stesso tempo, Nikolaj notò una ragazza che camminava con una bambola di porcellana tra le mani in un viottolo vicino. Ma quando cercò di seguirla, scomparve, e al suo posto vide una tomba, su cui poggiava la piccola bambola di porcellana, esattamente dove erano le sue mani un attimo prima…
Oggi molte persone di San Pietroburgo sussurrano leggende su Smolenskoe. Dicono che se hai una decisione difficile da prendere, devi andare a fare una passeggiata intorno al cimitero, e i fantasmi dei professori e degli accademici sepolti ti consiglieranno.
Il masso sul fondo della Neva
Fino al 1875 il Ponte Litejnij nel centro di San Pietroburgo era un ponte galleggiante, ma poi fu deciso di costruirne uno permanente in muratura. Non era comunque un compito facile, perché in questo punto la Neva è al massimo della sua profondità (24 metri) ed era difficile costruire fondamenta solide nel sabbioso letto del fiume. Gli ingegneri utilizzarono speciali “fondazioni pneumatiche”, dei cassoni idraulici a tenuta stagna che permettono di lavorare in profondità. Inaspettatamente, scoprirono una barca affondata con un masso gigantesco a bordo. Quando calarono il primo cassone, questo andò a sbattere contro il macigno, e dopo un mese l’intero cassone di lavoro si allagò. Dopo un altro mese, nel settembre del 1876, una grande quantità di terreno fangoso ruppe un altro cassone e lo inondò, uccidendo cinque persone. Un anno dopo, un altro cassone esplose, uccidendo immediatamente nove persone e facendone annegare altre venti sotto una montagna di acqua e terreno. Nel 1879 la costruzione del ponte Litejnij fu completata, ma ormai il ponte aveva acquisito una cattiva reputazione. I cittadini credevano che il masso sul fondo della Neva avesse proprietà magiche che, se disturbato, avrebbe chiesto altri sacrifici umani.
Il monaco che praticava la magia nera
A San Pietroburgo ci sono molti cimiteri famosi e ancor più storie e leggende sul loro conto. Si narra che negli anni Settanta del Novecento il monaco Prokopij vivesse vicino al cimitero di Nikolskoe. L’uomo era conosciuto per praticare stregoneria e magia nera. Un giorno, gli apparve il diavolo e gli offrì un patto: la sua anima in cambio dell’immortalità. Seguendo i termini del loro accordo, nella notte di Pasqua, il monaco attirò una giovane ragazza nel cimitero. La legò a una croce, le strappò gli occhi, le tagliò la lingua e riempì un calice sacro con il suo sangue. A quel punto gli restava solo da maledire Dio 666 volte e bere la tazza di sangue prima dell’alba. Ma il monaco non fece in tempo, e quando i primi raggi del sole brillarono in cielo, cadde morto per terra. Dei testimoni giurarono che la gamba destra del cadavere si fosse trasformata in un gatto, e da allora i visitatori del cimitero hanno iniziato a vedere spesso un enorme gatto nero con pelo grigio sul mento.