L'aspetto più divertente del lavoro degli studiosi di Rasputin è stato il numero di discendenti falsi che si sono presentati alla casa-museo (Foto: Andrei Shapran)
La strada di Tobolsk, sulla quale transitavano i deportati diretti ai lavori forzati, un tempo attraversava il villaggio di Pokrovskoe, sito nella regione di Tiumen. Le finestre della casa di Grigorij Rasputin affacciavano proprio su quella strada.
Oggi l’autostrada lambisce il villaggio; la casa di Rasputin è stata demolita, ma di fronte al terreno ormai vuoto sorge un’antica palazzina con uno steccato di legno chiaro e le cornici delle finestre intagliate, che ospita il museo dedicato al “più leggendario dei russi”, il quale ha dato il nome a migliaia di ristoranti nel mondo e a una scadente vodka di marca tedesca.
Sulla porta del museo si trova una lapide che riporta un passo dai diari dell’ultimo imperatore russo: “Nel villaggio di Pokrovskoe vi era una stazione di posta e sostammo a lungo proprio di fronte alla casa di Grigorij (Rasputin)”.
Grigorij Rasputin nacque nel villaggio di Pokrovskoe, nella regione di Tiumen, nel 1869 e fu ucciso a San Pietroburgo nel 1916 (Foto: Andrei Shapran) |
Due mesi dopo, Nicola II, con la diletta moglie Aleksandra, le quattro principessine, il principe tredicenne Alexei, erede al trono, e i loro tre servi, venivano trucidati nella cantina della casa Ipatev a Ekaterinburg.
Vladimir e Marina Smirnov hanno cominciato negli anni ’70 a raccogliere documenti, lettere, fotografie e oggetti appartenuti a Rasputin e nel 1991 hanno fondato il primo museo privato della Russia, acquistando un’antica palazzina a due piani sita nel villaggio di Pokrovskoe, nel distretto Yarkovsky della regione di Tiumen, dove risiedevano i genitori di Rasputin, definito dagli Smirnov, “il più leggendario dei russi”.
Il museo è composto solo da due stanze di piccole dimensioni, ma sono qui custoditi oggetti provenienti dalla casa di Rasputin e fotografie e documenti straordinari, che gli Smirnov hanno scovato negli archivi, acquistato alle aste di Sotheby’s o scambiato con gli eredi di persone che avevano conosciuto il “grande mistico russo”.
Quando, dopo la morte di Rasputin, la sua famiglia venne esiliata a Salekhard, il comitato rurale di carità ne distribuì i beni tra i “suoi” membri. I coniugi Smirnov, fondatori del museo, entrarono in possesso degli elenchi dei simpatizzanti del partito e fecero il giro delle case dei loro eredi a Pokrovskoe, rinvenendo così una sedia viennese, uno specchio rotto, un piatto col monogramma di Aleksandra Fedorovna, una campanella da appendere alla porta e altri oggetti d’uso quotidiano appartenuti al guru spirituale della famiglia imperiale.
Inoltre, la collezione del museo comprende bottiglie di vodka marca Rasputin e numerose pubblicazioni che hanno come oggetto il “leggendario santone”: da raccolte di accreditati saggi storiografici fino alle ricette di cataplasmi e decotti a lui attribuiti.
Gli Smirnov sono riusciti a stabilire l’esatta data di nascita di Rasputin e a ricostruire le origini della sua famiglia e persino a ritrovare la vera prononipote del grande mistico russo, che risiede attualmente a Parigi, Laurence Yo-Soloveff. Come quasi tutto ciò che riguarda Rasputin anche il suo anno di nascita, le origini della sua famiglia e la sorte dei suoi discendenti sono stati per molto tempo al centro di controverse ipotesi e interpretazioni in numerosi studi storiografici e opere letterarie.
Vladimir Smirnov ha svolto delle ricerche all’Ufficio anagrafe del distretto di Yarkovsky, nella regione di Tiumen, e lì ha scoperto un registro dove alla data del 9 gennaio 1869 un certo padre Titov annotava di suo pugno: “Nel villaggio di Pokrovskoe, nella famiglia del contadino Efim Iakovlevich Rasputin e di sua moglie, ambedue di fede ortodossa, è venuto alla luce il loro figlio Grigorij”.
“L’Enciclopedia Britannica ci ha inviato un documento che attesta la correzione effettuata sull’anno di nascita di Rasputin”, ci dice senza dissimulare un certo orgoglio il proprietario del museo.
L’aspetto più bizzarro delle opere degli studiosi di Rasputin riguarda l’incredibile numero di falsi discendenti del mistico russo dalla lunga barba. I coniugi Smirnov hanno ormai perso il conto dell’infinità di discendenti “diretti” e “illegittimi” e degli “eredi” di Rasputin. Vladimir Smirnov osserva scettico: “Le Maria, Anastasia e Alexei che sarebbero riusciti prodigiosamente a salvarsi nella cantina di casa Ipatev sono centinaia. E ora è apparsa anche una lunga fila di eredi di Rasputin”.
Dei tre figli di Rasputin, solo Matriona ebbe un discendente (Foto: Andrei Shapran)
Mentre, a dire il vero, dei tre figli di Rasputin ad aver lasciato degli eredi è solo la figlia Matriona: il figlio Dmitri non avuto discendenti dal suo matrimonio; lui e la moglie Fesha sono morti in una baracca durante il trasferimento a Salekhard. Quanto alla figlia Varya, non ha avuto neppure il tempo di prender marito, essendo morta di tifo a Mosca nel 1925 ed essendo stata sepolta nel cimitero di Novodevichi.
Matriona, invece, con il marito, un ufficiale dell’Armata Bianca di nome Soloviov, fuggì al seguito del corpo d’armata cecoslovacco sull’ultima nave che salpava da Vladivostok. Il marito ben presto morì e, per provvedere alla figlia, Matriona dovette lavorare in un circo come domatrice di bestie feroci. Il suo nome impresso sulla locandina, “Maria Rasputina”, era di grande richiamo per il pubblico degli spettatori.
Nel 2005 la pronipote di Rasputin, la francese Laurence, è venuta a Pokrovskoe per donare al museo documenti e fotografie originali di famiglia. È curioso che Laurence abbia nascosto a lungo ai suoi amici la propria origine: il cognome del suo bisnonno lo ha rivelato solo nel giorno del compimento del sessantesimo anno d’età.
Verso la “stereotipata” immagine di un Rasputin ubriacone e depravato Smirnov ha l’atteggiamento che si addice a un vero museologo, che guarda con distacco e comprensione alle manchevolezze del mondo: “Rasputin fece costruire con il proprio denaro una chiesa a Pokrovskoe, non consumava carne, né latticini, fondò un’associazione contro l’alcolismo, aiutò i poveri e insegnò ai suoi figli a essere caritatevoli; e compì pellegrinaggi in numerosi luoghi santi della cristianità, quali la Kievo-Pecherskaia Lavra e la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Pur essendo un illetterato, conosceva a memoria le Sacre Scritture e le interpretava in modo suggestivo, cosa che riempiva di stupore non solo le gerarchie ecclesiastiche, ma anche la famiglia imperiale…”.
Come la sua vita, anche la morte di Rasputin, è avvolta in una fitta rete di misteri e manipolazioni. Fu ucciso a Pietroburgo nella notte del 17 dicembre 1916, vittima di un complotto ordito da Feliks Iusupov, dal granduca Dmitri Pavlovich, da un ufficiale dei servizi segreti britannici, Oswald Rayner, e dall’attivista monarchico Vladimir Purishkevich. Si pensa che Rasputin fosse stato avvelenato con del cianuro di potassio, contenuto in alcuni dolci, ma non aveva toccato nessun dolce e il medico legale durante l’autopsia non rinvenne nel suo organismo nessuna traccia di veleno.
Come la sua vita, anche la morte di Rasputin è avvolta nel mistero (Foto: Andrei Shapran)
Con ogni probabilità Rasputin, secondo Smirnov, dopo essere stato selvaggiamente picchiato, era stato ferito da colpi d’arma da fuoco alla testa, all’addome e alla schiena e, quindi, dopo esser stato completamente legato dalla testa ai piedi e avvolto in una tenda, era stato fatto rotolare giù dal Ponte dei suicidi nella piccola Neva.
“Quando il corpo di Rasputin venne ripescato dall’acqua, per ordine dell’imperatore, risultò che aveva le braccia libere e il braccio destro sollevato con le dita serrate, come se, a un tratto, consapevole di non poter più a riemergere in superficie, avesse congiunto le tre dita quasi a farsi il segno della croce”.
Tuttavia, secondo altre valutazioni, doveva essere già morto quando i suoi assassini gettarono il corpo in acqua. Poco prima di morire pare che Rasputin avesse casualmente incontrato padre Ioann di Kronshtadt e che questi gli avesse chiesto: “Qual è il tuo cognome?”. E quando quest’ultimo aveva risposto: “Rasputin”, padre Ioann aveva allora replicato: “Fa’ attenzione, il tuo cognome è già un presagio”. E così fu.
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