Kronshtadt, perché i più fedeli sostenitori di Lenin si ribellarono ai bolscevichi?

I marinai della nave da battaglia “Petropavlovsk”, la corazzata monocalibro della Classe Gangut che fu protagonista della Rivolta di Kronshtadt

I marinai della nave da battaglia “Petropavlovsk”, la corazzata monocalibro della Classe Gangut che fu protagonista della Rivolta di Kronshtadt

Dominio pubblico
I marinai erano considerati “la Guardia Pretoriana di Lenin”, ma si rivoltarono, scontenti di come andavano le cose dopo la Rivoluzione. Furono duramente repressi, in uno scontro fratricida che scioccò profondamente la leadership e la società sovietica

“Che sia maledetto l’odiato giogo dei comunisti! Viva il potere degli operai e dei contadini! Viva i soviet liberamente eletti!”. Questi slogan risuonarono nel marzo 1921 nella base della Flotta sovietica del Baltico nella città di Kronshtadt. 

Qui, sull’isola di Kotlin, a soli 30 chilometri da Pietroburgo, contro i bolscevichi si rivoltarono i loro combattenti più affidabili; “la Guardia Pretoriana di Lenin”, “la bellezza e l’orgoglio della Rivoluzione russa”… Insomma, i marinai.

L’indignazione

Sacche di malcontento pubblico stavano emergendo in tutta la Russia. La situazione economica del Paese distrutto dalla Guerra civile era catastrofica: la produzione industriale era crollata, l’agricoltura era in profonda crisi, il che portò immediatamente alla carestia.

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La guerra era in gran parte finita, ma le autorità sovietiche continuavano a perseguire la dura politica del “comunismo di guerra” con la proibizione della proprietà privata e la “prodrazvjorstka”: il sequestro forzato di grano ai contadini per le esigenze dello Stato.

Confisca dei prodotti agricoli ai contadini. Questa politica dei bolscevichi portò a gravi conseguenze per la popolazione in vaste zone del Paese

I marinai, molti dei quali provenivano da ambienti contadini, erano ben consapevoli della situazione disastrosa. 

“Sapevamo che le nostre famiglie erano schiacciate dalla prodrazvjorstka, terrorizzate dai prodatrjad [le formazioni militari che procedevano ai sequestri; ndr], spinte alla fame, e che non c’era luce davanti a noi, nessuna speranza di miglioramento”, ricordò Ivan Ermolaev. “Spesso nelle conversazioni sulla situazione del Paese si sentivano lamentele e nelle riunioni si proponeva di fare appello al governo con la richiesta di alleviare la condizione dei contadini, di abolire la prodrazvjorstka, di rimuovere i blocchi dei prodatrjad e di consentire il libero commercio”.

Il 23 febbraio, a Pietrogrado, iniziò uno sciopero degli operai del Trubochnyj Zavod, una fabbrica che produceva tubi, a cui si unirono rapidamente i lavoratori di tutta la città. Nella base della Flotta del Baltico a Kronshtadt, la situazione era strettamente monitorata.

Le navi da guerra “Petropavlovsk” e “Sevastopol” nel 1921

Le autorità soddisfecero parzialmente le richieste dei manifestanti aumentando le razioni di cibo. Allo stesso tempo, arrestarono i principali attivisti e minacciarono gli altri di usare la forza se i disordini fossero proseguiti.

Alla fine di febbraio la situazione a Pietrogrado cominciò a normalizzarsi, ma a Kronshtadt tutto era solo all’inizio.

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L’ammutinamento

Il 28 febbraio gli equipaggi delle corazzate “Sevastopol” e “Petropavlovsk” adottarono una risoluzione in cui chiedevano risolutamente ai bolscevichi di alleviare la vita dei contadini, dando loro il diritto di avere un controllo illimitato sulla terra e sul bestiame. 

Allo stesso tempo, il documento conteneva altre richieste politiche: tenere le nuove elezioni dei Soviet, concedere la libertà di parola e di stampa agli anarchici e ai partiti socialisti di sinistra, rilasciare tutti i prigionieri politici di sinistra, limitare la propaganda comunista e ridurre il numero di comunisti nell’esercito.

Stepan Petrichenko, rivoluzionario russo anarco-sindacalista a capo della Repubblica Sovietica di Naissaar nel 1921 e a capo della commissione rivoluzionaria, portò alla Rivolta di Kronshtadt del 1921

La risoluzione fu annunciata pubblicamente il 1° marzo nella Piazza dell’Ancora di Kronshtadt, dove si tenne una manifestazione di 15.000 persone con lo slogan “Il potere ai Soviet, non ai partiti!”. Il giorno successivo i manifestanti (marinai, soldati della fortezza e alcuni residenti locali) proclamarono l’istituzione del Comitato Rivoluzionario Provvisorio guidato dal cancelliere del “Petropavlovsk”, Stepan Petrichenko. 

Il giornale locale “Izvestija” scrisse apertamente dell’inizio della terza rivoluzione russa (dopo quella borghese di Febbraio e quella bolscevica di Ottobre), e della guerra spietata contro la “commissarocrazia” fino alla vittoria. “Invece del libero sviluppo dell’individuo, della libera vita lavorativa, è sorta una straordinaria, inaudita schiavitù”, si legge nelle sue pagine a proposito della situazione politica.  

Il Cremlino percepì il discorso dei marinai come un tentativo di colpo di Stato e rifiutò ogni forma di dialogo. Kronshtadt fu assediata da unità dell’Armata Rossa, tagliando fuori i ribelli dai loro simpatizzanti di Pietrogrado.

Il primo assalto

I bolscevichi volevano risolvere il problema di Kronshtadt il più rapidamente possibile, mentre era ancora possibile raggiungerla sul ghiaccio. Inoltre, l’ammutinamento aveva cominciato ad attirare troppe attenzioni all’estero.

L’Armata Rossa attacca Kronshtadt nel marzo del 1921

Il 4 marzo fu chiesta ai marinai la “resa immediata e incondizionata”. Dopo il loro rifiuto, la città fu bombardata dall’aria e le truppe iniziarono a prepararsi per un assalto.

Il comandante della 7ª Armata Mikhail Tukhachevskij aveva a disposizione più di 17 mila soldati. Ad essi si opponevano 13 mila marinai e soldati della fortezza, oltre a duemila cittadini armati.

L’assalto del 7 marzo fu un completo fallimento. La fretta nell’organizzazione, la mancanza di forze e il basso morale del personale ebbero un impatto. Molti soldati dell’Armata Rossa si rifiutarono di combattere contro i “fratelli di Kronshtadt” e alcuni passarono addirittura dalla loro parte.

Il secondo assalto

Il tentativo successivo fu preparato molto più accuratamente. Il raggruppamento di truppe arrivò a 45.000 uomini, tra cui molti comunisti affidabili e convinti. Le forze della difesa erano salite a 18.000 uomini, grazie ai disertori e ad alcuni civili volontari.

Il secondo assalto iniziò il 17 marzo con una massiccia preparazione di artiglieria. Dopo di essa, distaccamenti di soldati dell’Armata Rossa si precipitarono all’attacco sul ghiaccio del Golfo di Finlandia in direzione dei forti.

Colpi di artiglieria contro le fortificazioni di Kronshtadt

“Era una fila a più piani di fortini di cemento con nidi di mitragliatrici costruiti al loro interno, aggrovigliati in tutte le direzioni con cavi elettrici e filo spinato”, ha ricordato le posizioni difensive dei marinai la partecipante all’assalto Elizaveta Drabkina. “Più ci si avvicinava a Kronshtadt, più c’erano morti e feriti sul ghiaccio. A duecento metri dalle mura i morti, falciati dalle mitragliatrici, giacevano in tre file compatte, a intervalli regolari”. 

L’Armata Rossa conquistò un forte dopo l’altro. Gli aerei sovietici colpirono le corazzate Petropavlovsk e Sevastopol, e Tukhachevskij ordinò di attaccarle con “gas asfissianti e proiettili velenosi”.

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Alla fine i combattimenti iniziarono nelle strade della stessa Kronshtadt. L’accanita resistenza dei difensori permise a ottomila marinai, soldati e abitanti del luogo ribelli, insieme a Stepan Petrichenko, capo del Comitato rivoluzionario provvisorio, di fuggire in Finlandia.

La repressione della Rivolta di Kronshtadt

A mezzogiorno del 18 marzo la città fu completamente conquistata dall’Armata Rossa. A seguito dell’assalto, poco meno di duemila soldati furono uccisi, mentre tra gli abitanti di Kronshtadt le vittime furono circa mille.

Le repressioni

I bolscevichi non potevano lasciare impunito un simile tradimento. Come osservò Lenin in una conversazione con il socialista francese Jacques Sadoul, parlando dell’ammutinamento, “Questo è il Termidoro. Ma non ci lasceremo ghigliottinare. Saremo noi stessi a commettere il Termidoro”.

Più di duemila ribelli furono fucilati, e oltre 6.500 vennero condannati al carcere. Con un decreto del Presidente Boris Eltsin del 10 gennaio 1994, tutti i partecipanti alla Rivolta di Kronshtadt sono stati riabilitati postumi.

L’ammutinamento dei combattenti più affidabili e il sostegno ricevuto da altre unità militari scioccarono la leadership sovietica. Questo evento, insieme a una grande rivolta nella provincia di Tambov, costrinse Lenin ad abbandonare al più presto il “comunismo di guerra”.

Lenin con i soldati dell’Armata Rossa che avevano partecipato alla repressione  della Rivolta di Kronshtadt

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Già il 21 marzo 1921, la “prodrazvjorstka” fu sostituita dal “prodnalog”, una tassa, che permetteva la sussistenza perché il suo impatto sul prelievo era due volte inferiore. Per rilanciare l’economia, le autorità decisero di derogare temporaneamente dai loro principi e di attuare una limitata “restaurazione del capitalismo” nel Paese, con una parziale denazionalizzazione dell’industria, l’introduzione del libero commercio, del lavoro salariato, ecc. 

La cosiddetta Nuova Politica Economica fu perseguita dalla dirigenza dell’Urss fino alla fine degli anni Venti, quando fu sostituita dalla collettivizzazione e dall’industrializzazione.


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