Dmitrij Jazov: la vita epica dell’ultimo maresciallo dell’Unione Sovietica (FOTO)

Dmitrij Jazov (8 novembre 1924 – 25 febbraio 2020)

Dmitrij Jazov (8 novembre 1924 – 25 febbraio 2020)

Sputnik
Andò volontario nella Seconda guerra mondiale fingendosi maggiorenne. Dopo aver dedicato tutta la sua esistenza alla difesa della patria, proprio non riusciva a capire le politiche di Gorbachev, fatte di amplissime concessioni all’Occidente. Così, nell’agosto del 1991, decise di opporsi a quello che stava accadendo e alla ormai prossima dissoluzione dell’Urss, ma il suo Putsch non ebbe fortuna

Il Maresciallo dell’Unione Sovietica Dmitrij Jazov ha vissuto una vita lunga e sorprendente: ha combattuto la Seconda guerra mondiale, è stato nell’epicentro della crisi dei missili di Cuba, è stato amico di Kim Il Sung, è stato Ministro della Difesa dell’Urss ed è stato persino imprigionato con l’accusa di aver tentato di impossessarsi del potere.

Dmitrij Jazov, ministro della Difesa dell’Unione Sovietica, passa in rassegna le truppe durante la parata militare sulla Piazza Rossa di Mosca in occasione del 45° anniversario della vittoria sulla Germania nazista nella Seconda guerra mondiale, 1990

Quando iniziò la guerra contro la Germania nazista, Jazov, originario di un piccolo villaggio siberiano, non aveva ancora diciassette anni. Dopo aver falsificato i documenti per fingersi maggiorenne, si arruolò volontario nell’Armata Rossa e fu inviato alla Scuola di Fanteria Bandiera Rossa di Mosca, intitolata al Soviet Supremo della Rsfsr, che aveva sede in evacuazione a Novosibirsk.

Il cadetto Dmitrij Jazov, 1941

Nell’estate del 1942, il sottotenente Dmitrij Jazov era al fronte vicino a Leningrado. “Anche se ero già un ufficiale, ero pur sempre un ragazzino! E molti soldati della divisione avevano 45-50 anni. Se lo immagina? Potevano facilmente dire a un giovane ufficiale come me: “Figlio mio, vieni qui”. Erano abbastanza vecchi da essere i miei padri…”, ricordò anni dopo.

Equipaggiamento militare tedesco sequestrato dalle truppe sovietiche dopo la resa del Gruppo d’armate Curlandia (Heeresgruppe Kurland)

Il futuro Ministro della Difesa fu ferito più volte durante la guerra. Particolarmente pericolosa fu una ferita al volto rimediata durante lo sfondamento del blocco di Leningrado nel gennaio del 1943. 

Una nave mercantile sovietica tallonata da un cacciatorpediniere della Marina americana e da un aereo da pattugliamento costiero Usa durante la Crisi dei missili di Cuba

“I tedeschi lanciarono una granata, io mi abbassai”, raccontò Jazov in un’intervista. Ho aperto la bocca per gridare qualcosa, per avvertire i miei subordinati, e la granata è esplosa. Qui, sotto il mio occhio, si trova ancora il suo frammento. Lo porto con me fin dalla guerra. Era impossibile rimuoverlo a causa della vicinanza del nervo oculare”. 

Nel Giorno della Vittoria, Dmitrij era nei Paesi Baltici, dove combatteva contro il gruppo tedesco rimasto bloccato nella sacca della Curlandia. Dopo la guerra, decise di dedicare la sua vita futura al servizio nelle Forze Armate.

Al culmine della Crisi dei missili di Cuba del 1962, il colonnello Jazov, in qualità di comandante del 400° Reggimento Fucilieri Motorizzati, fu inviato a Cuba per proteggere l’isola da una possibile invasione di truppe americane.

“La situazione in quei giorni era nervosa, eravamo costantemente informati dello sbarramento degli aerei spia americani. I comandi si contraddicevano a vicenda: ‘Abbattere’ - ‘Non abbattere’, ‘sparare’ - ‘non sparare’”, ha ricordato il futuro maresciallo.

Il leader nordcoreano Kim Jong Il (a destra) accolto dal maresciallo dell’Unione Sovietica Dmitrij Jazov al suo arrivo alla stazione ferroviaria Jaroslavskij di Mosca

Negli anni successivi Jazov ebbe l’opportunità di comandare le truppe in Cecoslovacchia, Asia centrale ed Estremo Oriente, dove incontrò e divenne persino amico del presidente della Repubblica Democratica Popolare di Corea Kim Il-Sung

Il 30 maggio 1987 Dmitrij Jazov fu nominato Ministro della Difesa dell’Urss e tre anni dopo fu promosso al grado di Maresciallo. Jazov divenne così l’ultimo maresciallo nella storia del Paese.

Durante il periodo in cui Dmitrij era alla guida del principale dipartimento militare del Paese, Mikhail Gorbachev era impegnato in importanti trasformazioni dello Stato, note come Perestrojka, e nella normalizzazione delle relazioni con l’Occidente: era in corso un disarmo nucleare su larga scala, il numero delle Forze armate era ridotto, si procedeva al ritiro dei contingenti militari sovietici dal territorio dell’Europa orientale.

Dmitrij Jazov e Mikhail Gorbachev nel 1990

Jazov, in qualità di ministro della Difesa, partecipò a tutti questi processi, pur disapprovandoli. “Abbiamo lasciato in modo criminale che il nostro magnifico missile operativo-tattico ‘Oka’ venisse smantellato. Anche se i suoi parametri non rientravano nei criteri del Trattato sui missili a raggio intermedio e corto… E perché poi abbiamo sacrificato i missili Temp-S? Non avremmo dovuto farlo”, si lamentò anni dopo.

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Ma Jazov non era il solo a essere insoddisfatto delle riforme di Gorbachev. Tra i rappresentanti dell’élite politica di alto livello e i capi dei servizi di sicurezza erano non pochi gli oppositori della linea scelta dal segretario generale. Alla fine, questo scontro portò agli eventi del 18-21 agosto 1991, noti come il “Putsch di agosto”.

Mosca ai tempi del Putsch di agosto del 1991

All’epoca, il vicepresidente dell’Urss Gennadij Janaev, il capo del Kgb Vladimir Krjuchkov, il ministro degli Affari Interni Boris Pugo, il ministro della Difesa Dmitrij Jazov e numerosi politici si opposero all’imminente trasformazione dell’Urss in un’Unione confederale di Stati sovrani. “La questione sta andando verso il collasso del Paese, e invece di un potere forte ci viene offerta una debole confederazione di repubbliche guidate da sedicenti presidenti”, commentò Jazov. 

Gli oppositori iniziarono serrati negoziati con Mikhail Gorbachev, che si trovava nella dacia del governo nel sud della Crimea, a Foros. Il 18 agosto, quando il dialogo fallì, annunciarono la creazione del “Comitato statale per lo stato di emergenza”, noto in Russia con l’acronimo GKChP (Gosudarstvennyj komitet po chrezvychajnomu polozheniju), iniziando uno scontro con il Presidente sovietico Gorbachev e il Presidente della Rsfsr Boris Eltsin.

La notte del 19 agosto, Janaev firmò un decreto che lo poneva in carica come presidente ad interim dell’Urss, poiché Gorbachev non era in grado di svolgere le sue funzioni “per motivi di salute”.

Dmitrij Jazov legge “Liberal“

La mattina del 19 agosto, su ordine del Ministro della Difesa, le truppe furono fatte entrare a Mosca, come affermò in seguito Jazov, per “proteggere le strutture strategiche”. Le azioni del GKChP ricevettero però scarso sostegno nel Paese e nelle città scoppiarono delle proteste.

Dopo l’uccisione di tre manifestanti nella notte del 21 agosto, Jazov ordinò il ritiro delle truppe da Mosca. Il maresciallo affermò in seguito che il GKChP non aveva mai pensato di disperdere le folle di manifestanti: “Questo significava scatenare una vera e propria guerra civile, che io, come ufficiale, come maresciallo, che avevo giurato fedeltà allo Stato e al popolo, naturalmente non potevo accettare”.

Mezzi militari nel centro di Mosca durante il Putsch di agosto. Sul retro di uno un manifestante ha scritto “Jazov a processo!”

“Dopotutto, molti di coloro che all’epoca protestavano contro i nostri decreti semplicemente non si orientavano nella situazione attuale. La gente era portata alla disperazione dall’economia che cadeva nell’abisso, dall’inflazione galoppante, dalle tessere annonarie necessarie per comprare  qualsiasi cosa, dal burro all’alcol. Erano pronti con entrambe le mani a votare per il diavolo!”, ha detto Jazov in seguito. 

Il 21 agosto si verificò una spaccatura nelle Forze Armate: alcuni militari si rifiutarono di eseguire gli ordini del GKChP. Si decise di inviare una delegazione, tra cui il Ministro della Difesa, a negoziare con Gorbachev in Crimea. Al suo ritorno a Mosca, Jazov fu arrestato. Presto finirono in cella anche i suoi alleati. Il Comitato di Stato cessò di esistere.

Truppe passate dalla parte del parlamento russo durante il colpo di stato di agosto

“Sapete perché il GKChP ha perso?”, si domandò in seguito Jazov. “Onestamente, perché dovevamo lavorare con la gente. Mentre l’unica cosa che il popolo credeva avessimo fatto era far entrare i carri armati a Mosca. Mi venne proposto di occupare tutti i campi d’aviazione con truppe aviotrasportate. Non costava nulla dare il comando, tutto qui. Ma a cosa avrebbe portato? Solo sangue. In nome di cosa?”. 

I membri del Comitato di Stato furono accusati di tradimento contro la Madrepatria. In seguito l’accusa fu modificata in partecipazione a una cospirazione per la presa del potere.

L’ormai ex ministro della Difesa dell’Urss Dmitrij Jazov davanti al tribunale

Jazov trascorse 498 giorni nel centro di detenzione Matrosskaja Tishiná. Il 23 febbraio 1994, lui e gli altri membri del GKChP vennero amnistiati.

Negli anni successivi, l’ex ministro lavorò come consulente presso il Ministero della Difesa e l’Accademia dello Stato Maggiore, scrisse libri, diresse il fondo per i veterani delle Forze Armate “Fratellanza degli Ufficiali” e l’organizzazione pubblica “Comitato per la memoria del Maresciallo Zhukov”. 

Il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu (a sinistra) e il maresciallo dell’Urss Dmitrij Jazov durante una cerimonia di consegna dell’Ordine al merito della Patria (3ª classe) e di una medaglia in occasione del 75° anniversario della vittoria nella Grande Guerra Patriottica del 1941-1945

Dopo la morte del maresciallo Vasilij Petrov nel 2014, Jazov era rimasto l’unico maresciallo dell’Unione Sovietica in via. È morto il 25 febbraio del 2020 all’età di 96 anni.


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