Poco più di dieci anni fa, gli scienziati russi effettuarono la prima trivellazione nel ghiaccio sopra il Lago Vostok, in Antartide, che per milioni di anni era rimasto isolato dal mondo esterno. Il Vostok è un gigantesco lago subglaciale, grande come la Calabria. Fino agli anni Novanta, nessuno sapeva con certezza che il lago esistesse davvero.
Per questo il Vostok viene definito “ultima grande scoperta geografica” e “chiave per capire se esiste la vita su Europa, il satellite del pianeta Giove”: sotto la calotta di ghiaccio di questo corpo celeste si trova infatti un oceano subglaciale, nel quale potrebbero abitare degli organismi resistenti alle condizioni estreme, simili a quelli che potrebbero trovarsi nelle acque del lago Vostok.
Gli scienziati hanno effettivamente scoperto qualcosa.
La prima spedizione sovietica si recò in questa zona nel 1957. Gli scienziati si spostavano su slitte trainate da speciali trattori che erano in grado di superare le nevi del ghiacciaio.
Fu nel centro del continente antartico che i sovietici fondarono la loro prima base scientifica permanente, la stazione “Vostok”, dalla quale successivamente prese il nome anche il lago. La base era praticamente isolata dal resto del mondo: dal mare (il punto più vicino sulla costa) distava 1.260 km, e da lì alla base scientifica più vicina c’erano ben 1.410 km. La base “Vostok” è anche il Polo del freddo della Terra, è qui che fu ufficialmente registrata la temperatura più bassa della storia: -89,2°C (21 luglio 1983).
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Negli anni Sessanta, dopo la costruzione della base, la spedizione cominciò la trivellazione. In quel momento nessuno ipotizzava l’esistenza del lago, lo scopo era quello di prelevare delle carote di ghiaccio per analizzare le bolle d’aria e le particelle solide, contenute nel ghiaccio, per capire come erano cambiati l’atmosfera e il suolo del nostro pianeta nel corso dei millenni. Grazie a questi lavori, oggi la base “Vostok” è considerata una delle principali fonti di dati sul clima della Terra nelle ere passate.
All’inizio si pensò di usare una trivella termica, ma in questo modo si riuscì a raggiungere soltanto la profondità di 50 metri. Poi fu proposto di usare un reattore nucleare per produrre l’energia necessaria per sciogliere il ghiaccio fino alla profondità desiderata, ma quest’idea fu bocciata, perché comportava dei seri rischi. La trivellazione regolare fu avviata alla fine degli anni Sessanta, quando arrivarono gli specialisti dell’Istituto minerario di Leningrado. Il primo pozzo raggiunse la profondità di 560 m.
Le prime supposizioni sull’esistenza di un lago subglaciale furono avanzate negli anni Settanta, quando alcuni scienziati britannici effettuarono un sondaggio del ghiacciaio giusto nell’area dove si trovava la base sovietica. Sulla base dei segnali ricevuti che potevano indicare un confine tra ghiaccio e acqua, i britannici ipotizzarono la presenza di un bacino sotto la calotta.
La certezza arrivò nel 1996, quando gli scienziati russi dell’Istituto di geografia dell’Accademia delle scienze dell’Urss Andrej Kapitsa (reduce della prima spedizione sovietica del 1955-1957, che già allora aveva ipotizzato l’esistenza di un lago) e Igor Zotikov, in collaborazione con i loro colleghi britannici, analizzarono tutti i risultati delle misurazioni radar e della batimetria satellitare, constatando che alla profondità di circa 4 km, sotto la calotta di ghiaccio, c’era un gigantesco lago, avente l’estensione di 10.000 chilometri (oggi si ritiene che i chilometri quadrati siano 15.790) quadrati e la profondità media di 125 metri.
Quando la scoperta fu confermata, il presonale della base “Vostok” aveva già perforato fino alla profondità di 3100 metri.
Tuttavia, quando all’acqua mancavano soltanto 130 metri, la perforazione fu sospesa. All’epoca, per lo scioglimento del ghiaccio si usava una miscela di cherosene e freon che restava liquida persino con temperature polari e permetteva di contenere la pressione della calotta sulle pareti del pozzo. Quando però fu dimostrata l’influenza nociva del freon sull’atmosfera terrestre, il suo uso fu messo al bando. Inoltre, si temeva che le sostanze chimiche, se fossero finite nell’acqua, potessero non solo alterare i risultati dell’analisi, ma anche avere un impatto negativo sulle forme di vita eventualmente presenti nel lago che per 14 milioni di anni era rimasto totalmente isolato.
Gli scienziati dovevano ora creare un’altra tecnologia di perforazione, meno pericolosa per l’ecosistema del lago. Per questo ci vollero altri 8 anni.
L’attività di prelevamento di campioni fu ripresa soltanto nel 2006. Tuttavia, anche con la nuova tecnologia non si riuscì a raggiungere il tanto ambito lago: i lavori furono più volte interrotti a causa di problemi tecnici o per problemi con gli stanziamenti di fondi. Il primo contatto diretto con l’acqua del lago avvenne soltanto il 5 febbraio del 2012, ma subito dopo, in assenza di nuovi finanziamenti, le attività furono nuovamente sospese.
Il secondo prelievo dell’acqua fu effettuato nel 2015. Questa volta nei campioni furono scoperti 49 Dna di organismi viventi, di cui l’assoluta maggioranza aveva origine terrestre. Tuttavia, due degli organismi destarono un vivo interesse dei biologi.
Di questi due, il primo assomigliava a un batterio acquatico che, teoricamente, avrebbe dovuto abitare in un terreno paludoso e non certamente nelle acque subglaciali, dove la pressione raggiunge valori altissimi.
Il secondo organismo era sconosciuto agli scienziati. Soltanto il 14% del suo DNA corrispondeva ai microrganismi già noti. “Se avessimo mostrato il Dna dell’organismo, la cui esistenza fu da noi confermata nel 2016, senza indicarne la provenienza… ci avrebbero domandato se fosse terrestre”, - ha ricordato Sergej Bulat, che diresse le analisi dei campioni d’acqua.
Tuttavia, questo studio non ebbe seguito. Il finanziamento richiesto per l’esplorazione in profondità del lago Vostok, fu negato, perché la priorità ora era il Polo Nord. Tuttavia, Sergej Bulat continua a studiare i campioni prelevati in precedenza.
Nel 2018, Bulat ha scoperto nei campioni un altro abitante del lago subglaciale: il batterio (bacillo) marini Lactobacillus sp. Siccome i bacilli si nutrono di sostanze organiche, che nell’acqua del lago Vostok sono praticamente assenti, si presume che nelle profondità del lago ci possano essere delle zone con contenuto elevato di sostanze nutrienti.
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