Perché ai tempi di Stalin i prezzi degli alimenti diminuivano a ogni primavera?

Russia Beyond (Foto: Anatolij Garanin/Sputnik; Ullstein bild/Getty Images)
Tra il 1945 e il 1953 i prezzi dei beni di consumo e dei generi alimentari furono abbassati per ben sei volte in Urss. Come ci riuscirono le autorità? E fu vero miracolo economico?

Per motivi anagrafici, ormai in Russia non c’è quasi più nessuno che possa ricordare i tagli staliniani dei prezzi e l’incredibile ondata di ottimismo tra la popolazione che accompagnò questi “miracoli”. Infatti, mentre tutto il mondo capitalista era abituato a convivere con prezzi sempre più alti e li considerava un segno della crescita economica, l’Urss, con la sua economia pianificata, sosteneva di aver ottenuto una crescita del benessere non solo quando i prezzi non aumentavano, ma soprattutto quando diminuivano. Ma cos’era: un trucco propagandistico o un vero miracolo economico?

Vivere con le tessere annonarie

A chi va il reddito nazionale? Nei Paesi capitalisti la parte del leone va agli sfruttatori, in Urss agli operai”, recitava un manifesto sovietico

Nel 1929, il leader dell’Urss Stalin affermò: “Noi non abbiamo il libero gioco dei prezzi sul mercato, come avviene di solito nei Paesi capitalisti. Noi determiniamo innanzitutto il prezzo del pane. E quindi determiniamo i prezzi dei beni di consumo. Cerchiamo di perseguire una politica di riduzione dei costi di produzione e di abbassamento dei prezzi dei beni di consumo, sforzandoci di mantenere stabili i prezzi dei prodotti agricoli”.

Tessera annonaria sovietica per l’acquisto del pane, risalente al giugno 1933

All’inizio degli anni Trenta, Stalin volle l’abolizione delle tessere annonarie allora in vigore. I loro prezzi erano elevati e venivano utilizzate anche dai contadini che vendevano i loro prodotti nei mercati. La cancellazione delle tessere nel 1935 portò a una temporanea riduzione dei prezzi, ma durante gli anni della guerra si tornò al sistema delle tessere per la distribuzione di alimenti e altri beni di prima necessità. Questo sistema rimase in vigore fino al 1947. 

Nel 1947, più di un terzo della popolazione dell’Urss (cioè 62,8 milioni di persone) si alimentava grazie alla fornitura statale di pane. Il sistema delle tessere era dominante, ma esisteva anche il libero mercato. Quindi, c’era sia un livello di prezzo fissato dallo Stato per i beni acquistabili con le tessere, sia un prezzo libero che fluttuava sul mercato nero. A un certo punto, le autorità decisero che era giunto il momento di abbandonare le tessere e di fissare prezzi uniformi. 

La riforma monetaria del 1947 contro i borsaneristi

Cambio di banconote tra vecchie e nuove dopo la riforma, 1947

A quel punto si era accumulato un surplus di denaro sia da parte degli abitanti dei villaggi che vendevano i loro prodotti al mercato, sia da parte degli “spekuljanty”, ossia i borsaneristi. Secondo i dati del 1943-1944, la quota del reddito derivante dallo “scambio di beni e servizi tra gruppi della popolazione” sul reddito totale della popolazione era del 56%. Lo Stato si rese conto che una certa parte dei cittadini aveva accumulato una notevole quantità di denaro e che questa parte benestante non era la “maggioranza lavoratrice” del cui benessere lo Stato si preoccupava. Pertanto, le autorità pensarono a un modo per ridurre il costo della vita degli uni a spese dei risparmi accumulati dagli altri.

Nel dicembre 1947, contestualmente alla cancellazione delle tessere annonarie, al passaggio a prezzi uniformi e all’emissione di nuova moneta, iniziò una riforma monetaria. Lo Stato emise un nuovo rublo, che veniva cambiato al tasso di 1 rublo nuovo in cambio di 10 rubli vecchi.

I depositi nelle casse di risparmio fino a 3 mila rubli, che erano detenuti da oltre l’80% dei cittadini, furono scambiati in modo proporzionale. Per i depositi oltre i 3 mila rubli, invece, lo Stato impose un tasso di cambio meno vantaggioso: fino a 10 mila rubli per tre rubli di vecchia moneta furono dati due rubli, per depositi superiori a 10 mila rubli, per due rubli di vecchia moneta veniva dato un rublo. In questo modo, i cittadini più ricchi pagarono un conto salato. 

Negozio di dolciumi a Mosca, 1949

“Per ridurre le inevitabili reazioni negative dei cittadini sovietici in relazione alla perdita di parte dei loro risparmi, il cambio di denaro fu preceduto dalla cancellazione delle tessere annonarie e da una massiccia riduzione dei prezzi al dettaglio”, conclude il team di autori della monografia “La riforma monetaria del 1947 e il suo ruolo nella ricostruzione dell’economia nazionale dell’Urss” (a cura di R. M. Nureev, M. A. Eksindarov, Mosca, Casa editrice Knorus, 2019).

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Dopo la cancellazione delle tessere, vennero stabiliti prezzi uniformi per i beni, facendo una media tra i precedenti prezzi statali e quelli che si erano formati sul mercato. I prezzi di pane, farina, semola e pasta furono ridotti del 10-12% (rispetto ai prezzi statali) perché erano importanti per la popolazione. I prezzi di molti altri beni risultarono invece più alti rispetto ai precedenti prezzi statali con la tessera. Di conseguenza, con l’eccezione di un gruppo limitato di prodotti alimentari, i prezzi nei negozi per i prodotti alimentari e di consumo rimasero alti, e superiori ai prezzi di prima della Seconda guerra mondiale.

Vari beni furono lasciati a prendere polvere nei magazzini. Per cambiare la situazione, nell’aprile del 1948 il governo ridusse del 10-20% i prezzi di automobili, motociclette, macchine da cucire, orologi, giradischi e altro.

Anche dopo questa riduzione in termini monetari, i prezzi rimasero alti per la gente comune, così vennero nuovamente ridotti nel marzo 1949. Da quel momento in poi, i prezzi furono ridotti ogni primavera: l’ultima riduzione avvenne nella primavera del 1953, poco dopo la morte di Stalin. In anni diversi, le riduzioni dei prezzi riguardarono gruppi di beni diversi. Ad esempio, nell’aprile del 1953 si verificò una riduzione dei prezzi di frutta e verdura molto evidente per la gente comune: i prezzi scesero di ben 2 volte, quelli della carne del 15%, quelli dei prodotti industriali dal 5 al 30%.

La riduzione dei prezzi fu un “miracolo economico”? 

Vignetta tratta da un giornale sovietico: “Prezzi più bassi dal 1º aprile 1953” si legge sui manifesti

I giornali sovietici dedicarono intere paginate alla riduzione dei prezzi, raccontando ai cittadini la prosperità economica e la disponibilità di beni in quantità. Il 2 aprile 1953, un editoriale della “Pravda” era dedicato alla sesta riduzione dei prezzi: “L’attuale riduzione dei prezzi, come tutte le precedenti, è il risultato dei successi ottenuti dal nostro popolo, sotto la guida del Partito, nello sviluppo della produzione industriale e agricola; il risultato di un aumento sistematico della produttività del lavoro e della riduzione dei costi di produzione. Il popolo sovietico è direttamente interessato alla crescita della produttività del lavoro, perché sa che questa rafforza il potere economico dell’Urss e innalza il tenore di vita dei lavoratori”. 

In effetti, una delle ragioni di questa deflazione pluriennale può essere considerata la ricostruzione dell’industria nel dopoguerra, con l’aumento della produzione e la riduzione del costo dei beni, ottenuta dai lavoratori sovietici. All’epoca, il Paese disponeva di un sistema di premi per i dipendenti e i gruppi di lavoratori per le alte prestazioni in termini di produttività e di minori costi di produzione.

La produttività del lavoro nell’industria aumentò dal 1940 al 1953 di 1,7 volte, nell’edilizia di 1,5 volte. Il costo dei beni era in calo: sembrava logico ridurre i prezzi.

Prima pagina della “Pravda” del 2 aprile 1953 in cui si dà notizia del nuovo abbassamento dei prezzi

Tuttavia, secondo Jakov Mirkin, dottore in Scienze economiche, la base principale per la riduzione era costituita dai prezzi gonfiati di prima della guerra. E dal fatto di aver preso denaro alla popolazione al momento dello scambio dei vecchi rubli con quelli nuovi, anche attraverso le condizioni sfavorevoli per il cambio di rubli al momento della chiusura dei depositi. 

“La popolazione uscì dalla riforma monetaria con prezzi statali uniformi che erano 2,56 volte superiori a quelli dell’anteguerra, con la liquidazione di oltre il 90% dei risparmi in contanti, del 16% dei depositi e di oltre il 60% dei risparmi in obbligazioni”, afferma Mirkin. 

Inoltre, come osserva, la crescita dei redditi reali in questo periodo fu di 3 volte, cioè, contrariamente alle leggi dell’economia, fu superiore alla crescita dell’industria. Ma dopo la riforma monetaria a suo favore, il governo ebbe l’opportunità di aumentare la crescita dei redditi “dall’alto”, attraverso aumenti salariali o riduzioni dei prezzi al dettaglio”. Nikita Khrushchev, salito al potere dopo Stalin, avviò nuove riforme economiche e ridusse la pratica staliniana dei tagli ai prezzi.


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