“Partire da Mosca per un periodo prolungato, per Marija Ivanovna, con il suo vasto giro di conoscenze, non è stato facile: ha dovuto prima salutare tutti per non offendere nessuno”, scrisse di una sua parente anziana Dmitrij Runich, funzionario del XIX secolo. “Giovedì, alle 6 di pomeriggio, Marija Ivanovna è salita in carrozza ed è andata a far visite con in mano il suo registro; quel giorno ha fatto 11 visite; venerdì ne ha fatte 10 in mattinata e 32 dopo pranzo; sabato altre 10; in tutto 63”. A quel punto le restavano ancora “una decina di quelli del nostro sangue ancora da visitare”. Due giorni dopo si cominciò a contraccambiare: nello stesso pomeriggio vennero da lei le principesse Golitsyna, Shakhovskaja, Tatishcheva, poi Gagarin e la Nikoleva. Lei ne fu spaventata: “Se tutti e cento decidono di ricambiare il saluto, non parto più!”. Pertanto ordinò di rispondere che non era in casa.
In carrozza vicino al Cremlino, dipinto di inizio Novecento del pittore russo di origini tedesche Rudolf Frentz (1888-1956)
Dominio pubblicoPer i nobili di Mosca e Pietroburgo, le visite formali a parenti e amici si trasformarono in un dovere quotidiano. La partenza dalla città e il successivo ritorno, onomastici, grandi feste, matrimoni e funerali: tutti questi eventi richiedevano una visita formale, la quale veniva poi ricambiata. Ignorare questa regola significava mettersi contro la società perbene. E in questo caso non si poteva più sperare di avere una promozione o di sposare un buon partito.
Agli stranieri, questa onerosa usanza sembrava assurda, e alcuni, come l’irlandese Martha Wilmot (1775-1873), ne erano persino indignati. Tuttavia, nei primi anni dell’Ottocento, insieme alla moda della cultura inglese arrivò in Russia l’usanza dei biglietti da visita.
Nelle case ricche, nell’ingresso, c’erano appositi tavolini con sopra un vassoio d’argento o un piatto, sul quale si dovevano deporre i biglietti da visita. Di solito, i piatti erano due: uno per coloro che venivano personalmente, l’altro per quelli che mandavano un servo a recare il biglietto. I biglietti dei primi e dei secondi non erano equivalenti: la visita personale contava molto di più. Nelle case di alcuni nobili c’erano addirittura degli orsi impagliati, messi in verticale, che fra le zampe anteriori tenevano un vassoio per i biglietti da visita.
Vassoio con i biglietti da visita di Anton Delvig, Denis Davydov, Pjotr Vjazemskij, Ivan Dmitriev e altri personaggi della cultura dell'epoca di Pushkin (Casa Museo di Vasilij Pushkin in via Staraja Basmannaja a Mosca). Vasilij Pushkin (1766-1830), poeta, era lo zio del più celebre Aleksandr
Wikipedia / ShakkoAll’inizio del XIX secolo, tutti i nobili, sia gli uomini che le donne, giravano sempre con un mazzo di biglietti. La visita non si annunciava più ad alta voce: al maggiordomo si consegnava un biglietto. I biglietti da visita delle signore erano più grandi e avevano un design più ricercato. Quelli dei maschi avevano le dimensioni che usiamo noi oggi: erano grandi come una carta di credito. È curioso che i biglietti degli uomini sposati erano più modesti e più piccoli di quelli dei maschi non coniugati.
Sul biglietto da visita era scritto il nome del titolare, nonché il suo titolo, grado o posizione: i medici e gli scienziati scrivevano “dottore”, indicando anche il grado di qualifica; i militari indicavano il loro grado di ufficiale, mentre i civili il loro rango. Alcune persone usavano biglietti di due tipi: uno con l’indirizzo di casa, l’altro con il retro in bianco per poterci scrivere (fissare un appuntamento, invitare a pranzo o a teatro…).
Un biglietto da visita dei tempi della Russia zarista
meshok.netNon tutti, però, si attenevano alle regole. Lo storico Mikhail Zagoskin ricordava di un suo visitatore che non aveva indicato sul biglietto il proprio indirizzo: “Ho dovuto fare il giro di tutti gli alberghi e cercare in quasi tutte le case private per sapere dove abitasse un tale di provincia, che era stato in visita da me. Mentre lo stavo cercando in tutta Mosca, lui intanto aveva finito i suoi affari, ed era ripartito per la sua provincia, e ora, come dicono, è terribilmente arrabbiato non solo con me, ma con tutta Mosca per non aver avuto un biglietto di risposta. ‘Bella capitale!’, dice a ogni occasione. ‘Quanto sono educati questi moscoviti! Boriosi e ignoranti sono!’.
Se la persona che si andava a trovare era a casa, il domestico portava il biglietto dell’ospite al padrone, il quale poi decideva, se ricevere l’ospite o trovare una scusa. Se il padrone di casa non era pronto per la visita, il biglietto veniva lasciato sul vassoio come anche nel caso della sua effettiva assenza.
“Da poco cavaliere”, dipinto del 1846 del pittore Pavel Fedotov (1815-1852)
Galleria TretjakovSe la visita veniva fatta a qualcuno che occupava una posizione più alta nella gerarchia burocratica e sociale, lasciare semplicemente un biglietto da visita era considerato un gesto di maleducazione. Quando gli impiegati venivano a trovare il loro capo, o i nobili di rango inferiore si recavano da un conte o un principe nel momento in cui il padrone di casa era assente o non riceveva visite, il maggiordomo segnava i nomi degli ospiti in un apposito libretto. Talvolta capitavano delle situazioni divertenti. Lo scrittore Pjotr Vjazemskij ricordava: “Quando Karamzin fu nominato storiografo ufficiale, una volta andò in visita da qualcuno e disse al servo: ‘Se non sarò ricevuto, mettimi sul libretto’. Quando il servo è tornato per dire che il padrone non era a casa, Karamzin gli ha domandato: ‘Mi hai messo sul libretto?’. ‘Sì che l’ho fatto’. ‘E che cosa hai scritto?’. ‘Karamzin, conte di storia’.
La vecchia nobiltà disprezzava i biglietti da visita, tanto più se venivano portati dai servi. “È una cosa inaudita: ti portano sotto la finestra un servo in carrozza con quattro cavalli, il quale lancia un biglietto alla nobildonna di un’antica famiglia russa”, si indignavano le signore anziane, come ricordava il musicista Nikolaj Makarov.
Tutto però cambiò dopo l’incoronazione di Nicola I, avvenuta nel settembre del 1826. Da giovani, Nikolaj Pavlovich e Marija Fjodorovna, sua moglie, avevano brillato nei salotti europei, pertanto alla loro incoronazione vennero centinaia di ospiti provenienti dalla Francia e Inghilterra, dove i biglietti erano largamente usati ed erano considerati una cosa normale. Dopo ciò, la cultura dei biglietti in Russia si affermò definitivamente e fu portata avanti fino al 1917, anno della Rivoluzione.
Vista del quartiere di Okhotnyj rjad, a Mosca, 1909-1917
Dominio pubblicoDi solito, in occasione della prima visita fra le parti si teneva un incontro fisico, mentre in seguito l’ospite poteva farsi iscrivere sul libretto o lasciare un suo biglietto. Segno di buona educazione era rispondere al biglietto dell’ospite, inviandogli un proprio biglietto. Se il biglietto non veniva contraccambiato o la controparte mandava il proprio biglietto dentro una busta di carta, ciò significava che successive visite erano inopportune.
Biglietti da visita di scrittori e poeti della collezione dell’Archivio di Stato Russo di Letteratura e Arte
Foto d'archivioSe il biglietto veniva lasciato senza aver visto i padroni di casa, bisognava piegare un angolo del biglietto. A seconda dell’angolo che veniva piegato, i messaggi si leggevano in seguenti modi:
– angolo superiore destro – “Sono venuto di persona”
– angolo superiore sinistro – “Auguri”
– angolo inferiore sinistro – “Condoglianze”
– angolo inferiore destro – “Arrivederci”
Se nessuno degli angoli era piegato, significava che il biglietto era stato portato da un servitore. Ben presto, naturalmente, si cominciarono a inviare tramite servi anche i biglietti con angoli piegati. Il principe Sergej Trubetskoj, che visse nella prima metà del Novecento, ricordava: “Di solito, prima di partire, già la sera del giorno prima, lasciavamo al portiere (dandogli un rublo) dei biglietti con angoli piegati in anticipo, o uno di noi faceva un giro per consegnare i biglietti di più amici: a Mosca allora non c’era l’usanza di inviare o lasciare dei biglietti non piegati”.
“Salotto dell’appartamento della contessa A.S. Sheremetjeva in Boulevard Poissonnière a Parigi”. Artista sconosciuto, 1842
Museo Statale di storiaTuttavia, già alla metà dell’Ottocento, l’usanza di lasciare i propri biglietti da visita, per mantenere almeno una parvenza di gentilezza, si trasformò in un processo puramente formale, totalmente affidato alla servitù. “A Capodanno e durante la Settimana Santa si consumano i numeri più grandi di biglietti da visita”, osservava Mikhail Zagoskin. “In carrozza con i vetturini, a cavallo o a piedi, i lacchè battono le strade dell’intera città. […] Tuttavia, i portatori dei biglietti trovano un modo per alleggerire le loro fatiche; hanno dei loro posti di raduno, di cui il principale è ad Okhotnyj Rjad, dove confrontano i loro elenchi e scambiano i biglietti da visita. Naturalmente, non sempre ciò avviene senza errori. Talvolta vi daranno il biglietto di un signore che non conoscete affatto, o vi faranno inviare gli auguri di buona festa a una persona che non vorreste incontrare”.
Biglietti da visita esposti al Museo di Storia Locale di Ruza, nella Regione di Mosca
Dominio pubblicoEppure, in tutte le epoche, nell’Impero russo la cosa più educata e sicura rimase recarsi personalmente a far visita, perché non poche volte un semplice biglietto da visita, incautamente lasciato o mandato a un personaggio importante, finì per rovinare per sempre la reputazione e la carriera di qualche persona.
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