Montagne di teschi, nemici esultanti, teste mozzate dei soldati russi… Gli effetti della guerra, documentati da Vasilij Vereshchagin (1842-1904) durante la sua permanenza in Turkestan, scioccarono il pubblico. Gli orrori raffigurati nei suoi quadri ancora oggi fanno venire i brividi. Ma come sceglieva i temi dei suoi dipinti?
Un militare che divenne pittore e poi di nuovo militare
Vasilij Vereshchagin nacque nel 1842 nella famiglia di un proprietario terriero nobile, pertanto i suoi genitori erano convinti che il figlio dovesse fare la carriera militare. Già da piccolo il ragazzo dimostrò un grande interesse per il disegno, ma i genitori non volevano sentir parlare di Accademia delle belle arti. Come ricordò in seguito il pittore stesso, questa ipotesi fu scartata subito perché “vergognosa”.
Eppure, dopo aver terminato gli studi presso il corpo dei cadetti della Marina a Pietroburgo, il giovane, dotato di un carattere forte, si iscrisse da solo all’Accademia di belle arti. Dopo tre anni la lasciò e si trasferì a Parigi per continuare la formazione sotto la guida del famoso pittore orientalista Jean-Léon Gérôme (1824-1904). Dopo gli studi, in patria ricevette una proposta che non si aspettava…
L’invito del governatore generale
Il primo governatore generale del Turkestan (la regione storica dell’Asia centrale abitata da popoli turchi), Konstantin von Kaufman, invitò il venticinquenne Vereshchagin a recarsi in Turkestan in qualità di pittore e topografo dell’esercito. Come scrisse in seguito Vereshchagin, lui accettò l’invito per vedere il vero volto e i retroscena della guerra. “Credevo che la guerra fosse una specie di parata militare con la musica e i pennacchi. Con bandiere e il rombo dei cannoni, con cavalli galoppanti, grande pompa e pericoli insignificanti: soltanto qualche moribondo per rendere l’idea…”. Tuttavia, quello che l’artista vide in Turkestan cambiò per sempre il suo atteggiamento.
In Asia il pittore studiava lo stile di vita e le usanze delle popolazioni locali, dipingeva paesaggi, ritratti e scene di genere. Dopo la presa di Samarcanda da parte dell’esercito russo, si recò in questa città nel quadro di una piccola guarnigione. Dopo l’improvviso assedio della fortezza e la rivolta degli abitanti locali, dovette mettere via i pennelli e impugnare le armi, ricevendo così il suo battesimo di fuoco. Per la partecipazione alla difesa della fortezza fu insignito di un ordine imperiale, più tardi partecipò anche ad altre battaglie nel corso dei suoi viaggi in Turkestan. In tre anni di campagne militari e di viaggi per le regioni dell’Asia, disegnò alcune centinaia di schizzi che successivamente costituirono la base della grande serie di tele dedicata al Turkestan, iniziata da Vereshchagin dopo essersi trasferito a Monaco di Baviera nel 1871. Questo lavoro durò più di tre anni. Le immagini della guerra che ne uscirono erano davvero crude, senza eufemismi. Le emozioni che egli provava durante il lavoro furono da lui stesso così descritte: “Prendo troppo a cuore quello che dipingo; mi fa piangere (letteralmente) la tragedia di ogni morto e di ogni ferito”.
L’audacia del pittore fu apprezzata in Europa, ma condannata in patria.
Le mostre e la reazione in patria
La serie del Turkestan comprendeva 13 quadri, 81 schizzi e 133 disegni. Il ciclo completo fu presentato per la prima volta nel 1873 a Londra, dove fu calorosamente accolto dal pubblico e dalla critica. Un anno dopo, la mostra fu portata a Pietroburgo, dove, però, il pittore si scontrò con una sbalorditiva incomprensione delle sue idee.
Nei quadri di Vereshchagin il pubblico sperava di vedere il trionfo dei soldati russi, che marciano vittoriosamente attraverso le steppe del Turkestan, e invece vide la spaventosa verità, con tutti i suoi terribili dettagli, come, ad esempio, le teste dei soldati russi infilate sui pali nel quadro “Gioiscono”, o la montagna di teschi di “Apoteosi della guerra”, accompagnata dalla didascalia: “A tutti i grandi conquistatori: passati, presenti e futuri”.
Contro Vereshchagin fu scatenata una campagna denigratoria. Il pittore fu bollato come traditore della Patria e simpatizzante del nemico. Anche Alessandro II espresse il suo rammarico, mentre il pittore Nikanor Tjutrjumov, socio dell’Accademia, ipotizzò addirittura che soltanto gli schizzi iniziali fossero di Vereshchagin, mentre i quadri sarebbero stati dipinti da un gruppo di artisti di Monaco. Profondamente indignato, Vereshchagin bruciò tre quadri della serie: “Alle mura della fortezza. Entrati”, “Accerchiarono e ora perseguitano” e “Soldato dimenticato”.
Allo stesso tempo, molte persone furono positivamente impressionate da queste opere. Già durante la mostra di Pietroburgo, a Vereshchagin fu chiesto di vendere alcuni quadri, ma il pittore era disposto a cedere soltanto tutta la serie nel suo insieme. Alla fine il ciclo intero fu comprato dal collezionista Pavel Tretjakov, che nello stesso anno lo presentò al pubblico moscovita. Grazie al celebre collezionista, oggi possiamo vedere questi quadri alla Galleria Tretjakov di Mosca.
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