Lenin formalmente non fu mai il capo di Stato della Russia sovietica. Ecco perché

Storia
GEORGY MANAEV
Quando i bolscevichi conquistarono il potere in Russia nel 1917, Lenin non divenne il leader a tutti gli effetti del nuovo Stato dei soviet. Quella carica fu ricoperta da Lev Kamenev, da Jakov Sverdlov e poi, a lungo, da Mikhail Kalinin. Il padre delle Rivoluzione scelse per sé un altro incarico, che de facto gli dava comunque molto potere

Come leader esperto e rivoluzionario clandestino, Lenin lasciò premurosamente ad altri il posto di leader formale dello Stato sovietico. Quale posizione occupava, dunque? Per capire la questione, è importante guardare a come la Rivoluzione d’Ottobre cambiò radicalmente il sistema statale russo.

Nell’ottobre-novembre del 1917 a Pietrogrado (come era stata ribattezzata San Pietroburgo durante la Prima Guerra Mondiale), c’erano due grandi poteri politici: il Governo Provvisorio guidato da Aleksandr Kerenskij, che aveva sede nel Palazzo d’Inverno, e il Comitato Militare-Rivoluzionario di Pietrogrado guidato da Leon Trotskij, che aveva sede nell’edificio dell’Istituto Smolnij.

I bolscevichi contro il governo provvisorio

Il 6-7 novembre del 1917, il Comitato militare-rivoluzionario emise una dichiarazione in cui sfiduciava il governo provvisorio e le sue azioni. I bolscevichi presero il controllo dei centri di comunicazione in tutta Pietrogrado, occupando le stazioni centrali del telegrafo e del telefono. Contemporaneamente, una flottiglia fedele ai bolscevichi arrivò nel porto della città.

Nelle prime ore dell’8 novembre 1917, il Palazzo d’Inverno fu preso d’assalto dai rivoluzionari e i membri del governo provvisorio furono posti in arresto. Allo Smolnij era già in corso il Secondo Congresso dei Soviet dei Deputati Operai e dei Soldati di tutta la Russia.

Lenin propose che il Congresso eleggesse il Comitato esecutivo centrale russo – il più alto organo di governo del Paese – e formasse anche un governo provvisorio di operai e contadini: il Consiglio dei commissari del popolo.

Chi era il capo formale della Russia sovietica?

Subito dopo la destituzione del Governo provvisorio, apparve un nuovo Stato: la Russia sovietica. Dal 1917 al 1922 questo Stato fu chiamato Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (Rsfsr). Il Secondo Congresso dei Soviet dei Deputati dei Lavoratori e dei Soldati di tutta la Russia fu il suo primo organo rappresentativo che scelse i membri dei due principali organi statali.

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Il Comitato esecutivo centrale russo era l’organo più alto del nuovo Stato. Gli furono attribuite funzioni legislative e amministrative e fu guidato inizialmente da Lev Kamenev, poi da Jakov Sverdlov (1917-1919) e, a partire dal 30 marzo 1919, da Mikhail Kalinin. Fino alla sua morte, nel 1946, Kalinin fu formalmente il capo dello Stato.

Il Consiglio dei Commissari del Popolo (Sovet Narodnykh Komissarov, abbreviato SNK) era il secondo organo statale più importante, che deteneva il potere esecutivo. Era di fatto il governo della Russia sovietica e  Lenin era il presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo, il che significa che occupò la posizione di primo ministro della Russia sovietica e dell’Urss fino alla sua morte, avvenuta il 21 gennaio 1924.

A rigore, Lenin non fu mai il capo di Stato della Russia sovietica e dell’Urss. Occupava la posizione minore di “primo ministro” che gli consentiva di saltare tutte le funzioni rappresentative e amministrative che il capo di Stato era tenuto a svolgere, compresa la firma di una grande quantità di documenti. Lenin poteva invece dedicare il suo tempo a svolgere importanti funzioni decisionali come capo del potere esecutivo dello Stato sovietico.

Questa tendenza continuò nell’Urss. Stalin e Nikita Khrushchev non occuparono mai le due posizioni di capo formale dello Stato sovietico: il presidente del Comitato esecutivo centrale russo (prima del 1938) e il presidente del Presidium del Soviet Supremo (1938-1989).

Leonid Brezhnev fu il primo capo de iure e de facto dell’Urss, in quanto contemporaneamente ricoprì le funzioni di segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e di presidente del Presidium del Soviet Supremo.


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