“E sarà il primo maresciallo a guidarci in battaglia!”, recitava la canzone “Marcia dei carristi sovietici”, dedicata a Kliment Efremovich Voroshilov (1881-1969). Tuttavia, dal punto di vista formale, Voroshilov non è stato il primo maresciallo dell’Unione Sovietica, perché il 20 novembre 1935, insieme a lui, il massimo grado militare dell’Urss fu conferito ad altri quattro comandanti delle forze armate. Tuttavia, l’immaginario collettivo poneva Voroshilov più in alto dei suoi colleghi.
In effetti, l’influenza di Kliment Voroshilov era molto più grande rispetto ad altri capi militari. Dal 1925 era a capo del dicastero militare, prima come Commissario del popolo (ossia, ministro) per gli Affari dell’esercito e della marina, e poi, dal 1934, come Commissario del popolo per la Difesa.
Inoltre, Voroshilov era un grande amico di Iosif Stalin, che conosceva sin dai tempi della Guerra civile. Il leader sovietico apprezzava molto la sua prontezza a eseguire gli ordini e la fedeltà alla sua persona.
La protezione di Stalin fu di grande aiuto a Voroshilov nella seconda metà degli anni Trenta, quando ebbe un conflitto con il suo più giovane e ambizioso rivale Michail Tukhachevskij, anch’egli maresciallo, che di Voroshilov era uno dei vice. I due avevano idee diverse circa i metodi di rafforzamento della capacità difensiva del Paese, e ciascuno aveva dei propri sostenitori nei ranghi del potere. La situazione minacciava di spaccare i vertici.
Alla fine, Stalin si schierò a fianco del suo vecchio amico. Nel 1937 Tukhachevskij, additato come “Napoleone rosso”, e alcuni altri alti ufficiali che lo sostenevano, furono arrestati, accusati di cospirazione e fucilati.
LEGGI ANCHE: Perché Stalin fece fucilare Tukhachevskij, uno dei più brillanti comandanti dell’Armata Rossa?
In segno di gratitudine, Voroshilov accolse con entusiasmo le purghe che colpirono molti comandanti dell’Armata Rossa. Senza esitazione, egli inviava all’Nkvd (Commissariato del popolo per gli affari interni) gli elenchi dei comandanti da arrestare, vistandoli con “arresto immediato” e “tutti mascalzoni”. Quando, dopo l’arresto, il suo amico, il comandante di 1° rango Iona Jakir gli inviò una lettera per persuaderlo della propria innocenza, Voroshilov dichiarò: “Dubito dell’onestà di un uomo disonesto”.
Voroshilov firmò personalmente 185 liste di fucilazione. Nella primavera del 1939, su cinque comandanti insigniti del grado di maresciallo dell’Urss, solo due restavano vivi. Uno di questi era, appunto, Kliment Voroshilov.
Con Voroshilov come ministro della Difesa, l’Armata Rossa rinunciò al principio delle milizie territoriali, trasformandosi definitivamente in un esercito regolare, che veniva rifornito con armamenti moderni. Inoltre, su ampia scala fu avviata la formazione dei comandanti; i giovani seguivano un addestramento in vista del servizio di leva, e un grande progresso fu raggiunto nella modernizzazione della Marina e delle truppe aviotrasportate.
Tuttavia, la Guerra d’Inverno contro la Finlandia (1939-1940), che si rivelò difficilissima per l’Urss, dimostrò che le forze armate del paese non erano quella forza temibile che volevano sembrare. La guerra mise in luce dei colossali problemi sul piano dell’organizzazione, del rifornimento delle truppe, dell’addestramento e del coordinamento delle unità militari. Il livello di preparazione dei comandanti risultò insufficiente, mentre all’interno del Commissariato del popolo per la Difesa “si manifestò una grande trascuratezza”.
La capacità di Voroshilov di dirigere con efficienza il dicastero militare fu più volte messa in dubbio. Oltre che da Tukhachevskij, il suo operato fu criticato anche dal maresciallo Georgij Zhukov.
“Bisogna dire che l’allora Commissario del popolo, in questo suo ruolo, era poco competente. Fino alla fine è rimasto un dilettante, che non ha mai saputo affrontare le questioni militari profondamente e seriamente”, sostenne in seguito il celebre comandante.
LEGGI ANCHE: Perché il Maresciallo Zhukov, eroe della Seconda guerra mondiale, divenne nemico di Stalin?
Gli insuccessi dell’esercito sovietico durante la Guerra d’inverno indussero Stalin a rivedere il suo atteggiamento nei confronti del maresciallo. Nel maggio del 1940 Voroshilov fu destituito e dovette lasciare la carica che aveva occupato per quasi quindici anni.
Ciò nonostante, il “padre dei popoli” non intendeva allontanare il suo fedelissimo dal potere. Voroshilov fu nominato presidente del Comitato di difesa presso il Consiglio dei Commissari del popolo, responsabile, appunto, della difesa del Paese.
Dopo l’inizio della guerra contro la Germania nazista, Stalin diede a Voroshilov la possibilità di dimostrare le sue capacità strategiche, nominandolo comandante del settore Nord-Ovest e del fronte di Leningrado, ma l’impresa fu catastrofica, i tedeschi avanzarono fino a trovarsi alle porte della città. In seguito il maresciallo si recò più volte al fronte in qualità di rappresentante dello Stato maggiore del comando supremo per aiutare a organizzare operazioni militari, senza però svolgere le funzioni di comando operativo delle truppe.
Molto più proficuo fu il suo ruolo in qualità di Comandante in capo del movimento partigiano, carica che gli fu assegnata in autunno del 1942. Grazie a Voroshilov fu creato un efficiente sistema di coordinamento dei gruppi partigiani che garantiva l’addestramento, l’equipaggiamento e il rifornimento delle forze che operavano nelle retrovie nemiche. Successivamente al capitolo partigiano, il maresciallo fu nominato capo del Comitato per i trofei di guerra e partecipò alla storica conferenza di Teheran.
LEGGI ANCHE: Gli otto più importanti trofei di guerra dell’Urss portati in patria dopo il conflitto mondiale
Voroshilov rimase fedele a Stalin fino alla morte di quest’ultimo, nel 1953, ma anche in seguito riuscì a mantenere il suo peso politico. Quattro anni dopo aderì al cosiddetto gruppo antipartito che voleva rovesciare Nikita Khrushchev.
Il tentativo fallì, ma Voroshilov fu fortunato. L’ormai anziano maresciallo non rappresentava per Khrushchev alcun pericolo, pertanto il “Primo segretario” del Pcus decise di non espellerlo dal partito, cosa che, invece, accadde in seguito agli altri cospiratori che avevano fatto parte del gruppo (Molotov, Malenkov, Kaganovich, Shepilov). Poco dopo, Voroshilov si ritirò dal potere, e negli ultimi anni di vita si dedicò alle sue memorie. Morì a Mosca il 2 dicembre del 1969.
LEGGI ANCHE: Vita e destino dei cinque più stretti collaboratori di Stalin
Cari lettori,
a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a:
Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email