1 / Il suo vero nome non è Sergio e non era di Radonezh
San Sergio nacque nei pressi di Rostov Velikij, a 150 km da Radonezh. La data esatta della sua nascita è sconosciuta, ma è generalmente accettato che sia nato nel 1314. Oggi Rostov Velikij è una piccola città di provincia della regione di Jaroslavl, ma all’inizio del XIV secolo era il centro di un ricco principato e uno dei centri culturali della Russia medievale. Fu probabilmente a Rostov che Sergio imparò la lingua greca.
Tuttavia, Rostov fu più volte saccheggiata dai tataro-mongoli ed era praticamente distrutta. Avendo perso tutto, il padre di Sergio decise di trasferire la famiglia a Radonezh, nei pressi di Mosca, che sembrava un posto più sicuro, perché in quel periodo il peso politico di Mosca stava rapidamente crescendo. Sergio aveva all’epoca circa 12 anni.
La sua prima biografia, “Vita di Sergio di Ràdonezh”, scritta dal suo discepolo Epifanio il Saggio all’inizio del XV secolo, descrive i miracoli e le profezie fatti da Sergio ancora durante la sua vita. C’è da dire, però, che le vite di tutti i Santi sono scritte secondo canoni prestabiliti, pertanto miracoli analoghi, o identici, si possono attribuire anche ad altri personaggi glorificati dalla Chiesa.
Per chi non conosce bene l’argomento, non è facile capire che il quadro di Mikhail Nesterov “La visione del giovane Bartolomeo” (1890) raffigura Sergio di Ràdonezh, perché Bartolomeo era il suo nome di battesimo, mentre col nome Sergio prese i voti.
All’età di 7 anni il ragazzo aveva un grosso problema: non riusciva a imparare a leggere. Secondo la leggenda, un giorno Bartolomeo incontrò un vecchio, al quale confessò questa sua difficoltà. Il vecchio pronunciò una preghiera e dette al ragazzo un pezzo di prosfora (pane eucaristico). Dopo ciò, Bartolomeo iniziò a leggere e a scrivere senza alcuna difficoltà. E si mise subito a leggere le Sacre Scritture. La sua biografia riferisce che già durante l’adolescenza Sergio dimostrava una grande fermezza spirituale: pregava per notti intere e osservava scrupolosamente il digiuno.
A proposito, oggi Sergio di Radonezh è venerato come patrono degli studenti e di tutti coloro che hanno difficoltà a studiare. Ecco perché, alla vigilia di ogni anno scolastico, e in vista di importanti esami, le persone vanno in chiesa a pregare di fronte all’icona del Santo.
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2 / Ha fondato la Lavra della Santa Trinità, il più importante monastero della Russia
Uno dei principali meriti “tangibili” di Sergio di Radonezh è il monastero della Trinità, da lui fondato e noto oggi come Lavra della Santa Trinità. Sergio era ancora giovanissimo, quando scelse la vita da eremita, scelta che sembrerebbe più confacente a monaci adulti con alle spalle una lunga esperienza di vita e anni di preghiere.
Insieme a suo fratello, Sergio si ritirò nella foresta, dove costruì una cella e una piccola chiesa dedicata alla Trinità. Fu proprio per il monastero fondato da Sergio che il celebre pittore di icone russo Andrej Rubljov dipinse in seguito la sua “Santissima Trinità”, che è forse l’espressione pittorica più profonda della dottrina fondamentale della chiesa cristiana.
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Il fratello di Sergio non resistette alle difficoltà della vita solitaria nel “deserto” e se ne andò, ma nel frattempo altri monaci avevano già cominciato a insediarsi vicino a Sergio. L’anno 1342 è considerato anno di fondazione di quello che è oggi il più grande santuario della Chiesa russa.
3 / Ha riformato il monachesimo
Sergio non solo ha fondato un monastero, ma ha creato anche un nuovo sistema di convivenza monastica. Ha proibito ai monaci di uscire dal convento per andare a chiedere aiuto ai normali cittadini (in precedenza, molti monaci si comportavano come mendicanti veri e propri, e conducevano una vita quasi mondana in mezzo ai laici). Quando le scorte si esaurivano, Sergio e i suoi monaci pregavano con fervore, chiedendo a Dio il loro “pane quotidiano”, e, infatti, tutte le volte furono salvati dalla fame. “Attraverso una lunga vita di solitudine, piena di fatiche e privazioni, in mezzo alla foresta, egli si era preparato ad essere guida di altri eremiti”, scrisse lo storico russo Vasilij Kljuchevskij.
Ai monaci che venivano al suo monastero Sergio insegnava a essere morigerati, seguiva con attenzione la vita di ciascuno, affinché i monaci pregassero e non cedessero alle tentazioni della vita mondana. Tutti dovevano rispettare gli orari e tutti, compreso lo stesso Sergio, lavoravano ogni giorno: costruivano chiese, cucinavano, spaccavano la legna e confezionavano abiti: la comunità era totalmente autosufficiente.
Al monastero di Sergio regnava lo spirito di autentica fratellanza che per i laici era un sommo esempio della vita cristiana. I monaci erano molto poveri, spesso, per giorni, non avevano neanche un pezzo di pane, eppure, non litigavano, ma soprattutto trattavano con carità tutti coloro che venivano al monastero.
Grazie alle sue imprese spirituali, Sergio, già nel XV secolo, fu glorificato in Russia come monaco che, attraverso la preghiera, il digiuno e il lavoro quotidiano si era avvicinato a Gesù Cristo. Dopo la canonizzazione definitiva, San Sergio è venerato non solo dagli ortodossi, ma anche dai Vecchi credenti e dai cattolici.
4 / Ha forgiato lo spirito del popolo russo
Dopo l’invasione mongola del XIII secolo, molte città russe, saccheggiate e bruciate dall’invasore, non erano altro che un mucchio di rovine. La Rus’ era in ginocchio, lo sviluppo si fermò, dappertutto regnava l’orrore. Ai figli disobbedienti le madri dicevano “adesso arrivano i tatari”; gli stranieri continuavano le loro incursioni, e i principi russi pagavano pesanti tributi.
Con molti monasteri e templi distrutti, la chiesa non era più un punto di riferimento morale, i monaci confluivano verso le grandi città, più vicino ai capi della Chiesa.
Per intere generazioni i russi non potevano immaginare che i tataro-mongoli potessero essere sconfitti sul campo di battaglia. Il nemico era una forza imbattibile. Lo spirito dei russi era stato spezzato, la Russia rischiava di scomparire dal volto della terra.
Lo storico Kljuchevskij ha ricordato che, per rovesciare il dominio mongolo, i russi dovettero innanzitutto sconfiggere le proprie paure e credere nelle proprie forze. Il ruolo di Sergio nella rinascita morale e spirituale del popolo russo fu enorme.
Sergio fu il primo a reagire. La sua “Vita” racconta di come egli venisse assalito dai demoni, quando viveva da solo in una piccola cella in mezzo alla foresta. Tuttavia, grazie alla preghiera, ogni volta egli riusciva a domare le sue paure, tanto che alla fine gli fu donato il potere di “comandare i demoni”: a lui non facevano più paura. La fama del monaco che riuscì a sconfiggere le forze del male si diffuse, al monastero cominciarono a pervenire non solo monaci, ma anche dei laici, che da Sergio venivano immancabilmente confortati e incoraggiati. I pellegrini ne uscivano più forti e cercavano di trasmettere questa forza ad altre persone. Secondo Kljuchevskij, ciò fu l’inizio della rinascita spirituale e politica del popolo russo.
5 / Ha predeterminato l’unità della Russia
Col tempo il Principato di Mosca diventò un’isola di sicurezza che attirava principi, boiardi, gerarchie ecclesiastiche. Mosca, ormai, era la capitale informale dei russi e il loro centro spirituale. Proprio a Mosca nacque e fu cresciuta la persona che osò sfidare il nemico invincibile – il principe Dmitrij Donskoj (Demetrio di Russia), anche lui canonizzato in seguito dalla Chiesa russa.
È noto che il principe venne al monastero per parlare con Sergio. Il monaco appoggiò pienamente la sua intenzione di unire le forze di tutti i principati russi per affrontare i tataro-mongoli. Alla vigilia della Battaglia di Kulikovo, che si rivelò terribile ma vittoriosa per i russi, Sergio diede a Dmitrij la sua benedizione e mandò con lui due dei suoi monaci-guerrieri, Peresvet e Osljabja.
Al principe il monaco Sergio disse: “Affronta i senza Dio coraggiosamente, senza esitazione, e così vincerai”.
Secondo lo scienziato Dmitrij Likhachov, studioso del Medioevo, avendo puntato sul sostegno della Chiesa, Dmitrij Donskoj vinse la lotta contro gli altri principati russi, “perché”, sottolinea Likhachov, “economicamente, Mosca non era più forte di Tver o Nizhnij Novogorod, ma si rivelò più forte spiritualmente”.
La vittoria dei russi nella battaglia di Kulikovo segnò l’inizio della liberazione della Rus’ dal dominio straniero e avviò il processo di unificazione delle terre russe sotto la bandiera di Mosca.
Il noto teologo e filosofo Pavel Florenskij definiva Sergio di Radonezh “angelo custode” e “redentore spirituale della Russia”.
"Nella sua persona, il popolo russo trovò la propria identità, il proprio posto nella cultura e nella storia, la propria missione culturale, e soltanto dopo aver trovato la sua identità, ricevette il diritto storico all’indipendenza”, scrive Florenskij.
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