Villa, servitù e privilegi: così il feldmaresciallo della Wehrmacht Paulus visse in Urss

Friedrich Paulus (1890-1957)

Friedrich Paulus (1890-1957)

Russia Beyond (Foto: Legion Media; S.Solarev/Sputnik; Foto d'archivio)
Fatto prigioniero durante la battaglia di Stalingrado, il generale tedesco visse in Unione Sovietica dal 1945 al 1953. Nonostante fosse un ex nemico, poté godere di condizioni di gran lunga migliori rispetto alla maggior parte dei cittadini sovietici in quel periodo post bellico. Ma in Germania (dell’Est) gli fu concesso di tornare solo dopo la morte di Stalin

“Paulus! Vergognati di respirare aria tedesca! […] Sei un tale farabutto che nemmeno un cane prenderebbe un pezzo di pane da te”. Così si legge in una delle diverse decine di lettere anonime inviate a Friedrich Paulus da varie parti della Germania durante il processo di Norimberga. Al processo, Paulus si presentò come testimone per l’accusa da parte sovietica. I sovietici non gli permisero però di rimanere in Germania, perché temevano per la sua vita.

Nella primavera del 1946 il Feldmaresciallo tornò da Norimberga in Urss. Da quel momento non fu più considerato un prigioniero di guerra, ma un ospite del governo sovietico.

Friedrich Paulus durante il Processo di Norimberga, 1946

LEGGI ANCHE: Così il feldmaresciallo Paulus divenne l’asso nella manica per i sovietici al processo di Norimberga 

Al suo arrivo Paulus fu alloggiato nella dacia del Ministero degli Affari Interni nel villaggio di Tomilino, vicino a Mosca. Aveva un medico personale, un cuoco, l’attendente Erwin Schulte e un aiutante di campo, Wilhelm Adam. Con lui vivevano anche i generali Walther von Seydlitz-Kurzbach, Vincenz Müller e Walter Schreiber, che erano stati fatti prigionieri durante la battaglia di Stalingrado.

Le condizioni di detenzione dell’ex feldmaresciallo erano di gran lunga migliori di quelle di molti cittadini sovietici. Aveva una casa di legno, i suoi domestici e la possibilità di recarsi a Mosca per una mostra o un concerto. Ciò che mancava a Paulus, tuttavia, era il contatto con la sua famiglia. 

Riuscì a scrivere una lettera alla moglie Elena solo quasi un anno dopo la fine della guerra, il 20 aprile 1946. Il 10 giugno ricevette una risposta, in cui la donna scriveva di sapere che non era più in prigionia e di essere contenta che fosse trattato bene. Diceva di non vedere l’ora che lui tornasse. Nella lettera scriveva anche: “Se lo desideri, verrò con te fino ai confini del mondo”.

Friedrich Paulus, con il suo aiutante personale, il colonnello Wilhelm Adam, e con il maggior generale sovietico Ivan Laskin, Capo di stato maggiore della 64ª armata

Ma Costanza Elena Rosetti-Solescu, aristocratica romena, morì nel 1949 senza aver mai visto il marito. A Paulus fu offerto un incontro con lei dopo il suo intervento al processo, ma egli rifiutò categoricamente, “affinché nessuno pensi che sia una ricompensa per aver parlato davanti al Tribunale internazionale”.

Le cure in Crimea

La nota del ministro degli Affari interni Kruglov sui problemi di salute di Paulus, con l’annotazione di Molotov che invita perentoriamente a organizzare il trasferimento in Crimea

Nella primavera del 1947 la salute di Paulus cominciò a peggiorare. L’8 luglio, il Ministro degli Affari Interni dell’Urss Sergej Kruglov inviò al Ministro degli Esteri Vjacheslav Molotov un memorandum in cui affermava che Paulus aveva visto aggravarsi la sua tubercolosi e dove scriveva che “secondo le conclusioni della commissione medica, si raccomanda a Paulus di essere curato in Crimea”. Kruglov chiese il permesso di “trasferire Paulus per un mese e mezzo o due mesi in una struttura apposita sulla costa meridionale della Crimea, vicino a Verhnjaja Oreanda”. Molotov scrisse in modo imperativo: “Bisogna organizzare la cosa”. Insieme a Paulus si recarono in Crimea Müller e Schreiber.

Le cure mediche di Paulus sono rimaste sempre segrete. Si sa solo che gli venivano passati 26 rubli al giorno: con vitto e alloggio gratuiti era una buona indennità per una “vacanza” in Crimea. Per fare un confronto: un chilo di pane bianco costava allora 5,5 rubli, una dozzina di uova 12 rubli, e lo stipendio medio mensile era di 500-600 rubli.

L’abitazione dove Paulus visse durante il soggiorno in Crimea

In Crimea l’ex ufficiale tedesco  cominciò a sentirsi molto meglio. Dopo circa due settimane di permanenza sulla costa del Mar Nero, inviò una lettera di apprezzamento al tenente colonnello Georgadze del Dipartimento operativo del capo del Direttorato generale per i prigionieri di guerra e gli internati, in cui scriveva che il bagno in mare quotidiano gli faceva bene e sperava che il suo obiettivo di rimanere in Crimea si realizzasse. Firmò la lettera con le parole “pieno di gratitudine – A voi fedele, Fr. Paulus”.

Le attività di Paulus in Urss

Nell’estate del 1946 un rappresentante del Gupvi (Direttorato generale per i prigionieri di guerra e gli internati), Fjodor Parparov, si recò da Paulus per proporgli la creazione di una nuova organizzazione, l’“Unione democratica dei prigionieri di guerra tedeschi in Urss”, che doveva essere guidata da Paulus stesso. Paulus fece un lavoro accurato e formulò in dettaglio i principi di base secondo i quali il movimento doveva essere creato tra i prigionieri di guerra. Il partito sarebbe diventato parte del Partito Socialista Unificato di Germania (SED; Sozialistische Einheitspartei Deutschlands). Questo, tuttavia, non corrispondeva alle intenzioni delle autorità sovietiche. Paulus revisionò la sua bozza, ma alla fine l’organizzazione non fu mai creata.

A Tomilino, vicino a Mosca, Paulus iniziò la sua attività di studioso. Il Dipartimento Storico Militare dello Stato Maggiore delle Forze Armate dell’Urss affidò a lui e a Seydlitz-Kurzbach il compito di scrivere, indipendentemente l’uno dall’altro, una memoria sullo svolgimento delle operazioni militari a Stalingrado. Nell’autunno del 1947, l’ex feldmaresciallo della Wehrmacht fece da consulente alla troupe che lavorava al film in due parti “La battaglia di Stalingrado” del regista Vladimir Petrov, che uscì nel 1949.

L’attore Vladimir Gajdarov mentre interpreta il ruolo di Paulus nel film “La battaglia di Stalingrado”, uscito nel 1949

Paulus scrisse una serie di manoscritti che, tuttavia, sono stati trascurati dagli studiosi, sia in Russia che in Germania. Fece un’analisi critica del pamphlet del generale Franz Halder, che era stato capo di stato maggiore dell’esercito tedesco dal 1938 al settembre 1942 quando si dimise a causa dei frequenti disaccordi con Hitler. Il libro si intitolava “Hitler come comandante militare” (“Hitler als Feldherr”) ed era stato pubblicato a Monaco di Baviera nel 1949. In esso, Halder cercava di fare di Hitler l’unico colpevole della sconfitta della Germania. Come scritto nel numero di maggio 1962 del “Voenno-Istoricheskij Zhurnal” (“Rivista storico-militare”) “Paulus non fa un’analisi dettagliata del pamphlet di Halder […] ma si concentra sulla confutazione delle leggende di base avanzate dall’autore, e su una critica del metodo di ricerca unilaterale, che ignora gli aspetti più importanti e determinanti della guerra”.

Manoscritto di Paulus contenente un’analisi critica dell’opuscolo “Hitler come comandante militare” del colonnello generale Franz Halder

Paulus respinge l’idea di Halder che il Führer sia il solo responsabile della sconfitta della Germania: “La cosa più importante che ha impedito alla Germania di raggiungere la vittoria nella guerra, e che Halder ignora, è la potenza dell’Unione Sovietica nel senso più ampio del termine, che ha dimostrato durante la guerra”.

Nella sua analisi, pubblicata sulla stessa rivista, Paulus scrisse che “Hitler non era un dittatore rivoluzionario” come lo dipinge Halder, ma “un esecutore, assediato della volontà dei boss industriali e finanziari tedeschi e internazionali, di cui difendeva spietatamente gli interessi”. 

LEGGI ANCHE: Battaglia di Stalingrado, tre motivi che decretarono la vittoria dell’Armata Rossa 

Il rimpatrio di Paulus

L’ex feldmaresciallo chiese ripetutamente alle autorità sovietiche di considerare il suo ritorno in Germania, ma le sue richieste rimasero a lungo senza risposta. 

La lettera di auguri di Paulus e Bamler per il settantesimo compleanno di Stalin

Per Paulus era chiaro che il suo destino dipendeva direttamente da Stalin, così il 18 dicembre 1948, insieme al tenente generale Rudolf Bamler, scrisse una lettera di auguri, in occasione del 70° compleanno di “Herr Generalissimo”. “Non è stato un percorso facile per noi da Stalingrado a questi auguri”, scrisse l’ex comandante tedesco. “Entrati in Urss come nemici in cieca obbedienza”, esprimevano ora a Stalin “gli auguri più sinceri come generoso amico del popolo tedesco”. 

Vale la pena di notare che la lettera venne firmata da Paulus con la dicitura “Feldmaresciallo generale dell’ex esercito tedesco” e non come “Ex Feldmaresciallo generale dell’esercito tedesco”. Anche Rudolf Bamler firmò come “Rolf Bamler, tenente generale dell’ex esercito tedesco”.

Bamler fu rimpatriato nella Repubblica Democratica Tedesca nel 1950. Paulus, invece, poté tornare solo dopo la morte di Stalin, nell’autunno del 1953, con la condizione di vivere in Germania Est. Il 24 ottobre lasciò definitivamente la capitale dell’Urss in una carrozza letto di prima classe sul treno № 3 Mosca-Berlino. Prima della sua partenza, il feldmaresciallo scrisse una dichiarazione al governo sovietico, alla fine della quale indicò che non voleva lasciare l’Unione Sovietica senza dire ai sovietici che era arrivato in Urss come nemico ma ora la stava lasciando come amico.

La vita sotto il controllo della Stasi

Friedrich Paulus a una conferenza stampa a Berlino Est, 1954

Dopo l’arrivo in Germania, Paulus si trasferì a Dresda. Gli fu assegnata una villa a tre piani con parco e servitù nell’elegante quartiere residenziale di Weißer Hirsch (“Cervo Bianco”) della città. Solo l’élite del partito comunista in Germania Est poteva contare su tali condizioni di vita.

Tutte le persone che lavoravano nella villa erano dipendenti e informatori del ministero della sicurezza statale della Ddr, la Stasi. Secondo Torsten Diedrich, biografo di Paulus, l’autista dell’ex feldmaresciallo era sempre in giro ed era un informatore della Stasi, anche i vicini di casa riferivano tutto ciò che accadeva nella villa perché anch’essi erano assunti dal Ministero della Sicurezza di Stato. C’erano dispositivi di ascolto ovunque nella casa e tutte le parole e le azioni di Friedrich Paulus erano note. I rapporti della Stasi indicavano la villa come “oggetto ‘terrazza’”.

La villa dove Paulus visse in un quartiere residenziale di Dresda, nella Repubblica Democratica Tedesca

A Paulus furono assegnati un’auto, un aiutante e il diritto di portare le proprie armi. Il suo passatempo preferito era smontare e pulire la pistola. La leggenda narra che lo facesse così spesso che un giorno un agente espresse ai suoi superiori il timore che Paulus potesse spararsi. La risposta della direzione della Stasi fu: “Se non si è sparato a Stalingrado, perché dovrebbe farlo ora?”.

Paulus a una conferenza stampa a Berlino

LEGGI ANCHE: Perché la battaglia di Stalingrado fu così importante? 

A Dresda, Paulus tenne un ciclo di lezioni sulla Battaglia del Volga presso la Scuola per ufficiali superiori. Come scrive Wilhelm Adam – che aveva servito sotto Paulus in Urss – nel suo libro “La catastrofe sul Volga. Memorie dell’aiutante di F. Paulus”, Paulus, appositamente per quelle lezioni “preparò delle mappe schematiche, a memoria e sulla base di appunti di conversazioni con generali e ufficiali dello stato maggiore tedesco”. 

Su iniziativa di Paulus, il 29 gennaio 1955 si tenne una riunione di ex ufficiali tedeschi della Repubblica Democratica Tedesca e della Repubblica Federale Tedesca. Come ricorda Adam, sulle note della canzone “Der gute Kamerad” resero omaggio ai caduti. Il discorso di Paulus alla riunione colpì profondamente i presenti. Progettava di scrivere la storia della battaglia di Stalingrado, ma non fu in grado di portare a termine questo progetto; la sua salute si stava velocemente deteriorando.

La tomba che contiene le ceneri di Paulus a Baden-Baden, accanto alla sepoltura della moglie Costanza Elena Rosetti-Solescu, che non lo rivide più dopo la guerra

Friedrich Paulus, feldmaresciallo generale dell’ex Wehrmacht, morì il 1° febbraio 1957, alla vigilia del 14° anniversario della resa della sua armata. Il suo corpo venne cremato. L’urna con le ceneri è stata sepolta nel cimitero di Baden-Baden, nella Germania occidentale, accanto alla moglie. 


LEGGI ANCHE: Che fine fecero i parenti di Hitler caduti prigionieri dei sovietici? 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie