Come l’Urss misurò la Fossa delle Marianne, il punto più profondo degli oceani

Nikita Zenkevich/Sputnik
La storia della conquista del punto più profondo del pianeta è paragonabile alla conquista dello Spazio, anche se meno conosciuta. Che ruolo ha avuto l’Unione Sovietica e cosa è stato trovato sul fondo della Fossa delle Marianne?

La Fossa delle Marianne è una fossa oceanica nel Pacifico occidentale, vicino alle Isole Marianne. La fossa assomiglia a una mezzaluna ed è lunga 2.500 chilometri. È qui che si trova il punto più profondo degli oceani del mondo, l’Abisso Challenger, che prende il nome dal battello oceanografico britannico HMS Challenger, varato nel 1858, che durante la spedizione negli anni 1872-1876 fece le prime misurazioni della sua profondità.

Mentre la profondità media dell’Oceano Pacifico è di 4 km, nella Fossa delle Marianne raggiunge circa 11 km. La pressione dell’acqua sul fondo è di 1100 atmosfere, più di 1100 volte la normale pressione atmosferica sulla superficie dell’acqua. Il sito è meno studiato della Faccia nascosta della Luna ed è stato visitato da un numero inferiore di esseri umani rispetto allo Spazio. Tuttavia, è proprio a causa della sua inaccessibilità che la Fossa delle Marianne è diventata nella storia una “sfida” per l’umanità. Quanto è profonda? E può esistere la vita a una tale profondità? Queste erano le domande chiave a cui l’uomo voleva rispondere.

La corsa per trovare il punto più profondo 

La Fossa delle Marianne fu scoperta per la prima volta nel 1875 da una spedizione britannica. All’epoca, la Challenger utilizzò uno scandaglio e stabilì una profondità di 8.367 metri. Il campione di terreno era costituito da sabbia vulcanica scura e la temperatura dell’acqua non superava 1 ºC. Tutti gli strumenti calati in profondità furono recuperati rotti o danneggiati per via dell’enorme pressione. Questa profondità non era quella massima all’epoca. In generale, tutto il mondo era allora alla ricerca del “punto più profondo” del pianeta, e conduceva ricerche lungo le fosse marittime conosciute. L’anno precedente, la nave americana Tuscarora aveva trovato un punto a nord-est di Tokyo di 8.513 metri di profondità. 

Challenger 2

La prima a cercare di trovare questo punto nella Fossa delle Marianne fu la nave americana “Nero” nel 1899, una nave posacavi che misurò 9.636 metri in una fossa vicino a Guam, la più grande delle Isole Marianne. Tuttavia, le misurazioni con scandaglio erano soggette a numerosi errori, come le correzioni per l’inclinazione, la flessione, l’allungamento del cavo, ecc.

In seguito, per più di trent’anni, le navi giapponesi “Mansui”, “Kosui” e “Yodo” hanno utilizzato gli ecoscandagli di navigazione per “tastare” il fondale e la misurazione è stata 200 metri più profonda della precedente: 9.814 metri. Tuttavia, questo non sembrava essere il limite.

Vityaz

Nel 1951, il testimone fu preso da una nuova nave idrografica britannica, la SV HMS Challenger II (che ereditò il nome dalla corvetta ottocentesca), che con l’aiuto di cavi raggiunse la misurazione di 10.830 metri. Era un record assoluto. La profondità era stupefacente. Era più dell’altezza della montagna più alta del pianeta, il Monte Everest (8.849 metri). Gli scienziati erano convinti che nessuna creatura vivente potesse vivere in quell’abisso nero, nel quale non penetrava la luce del sole. Questo era ciò che si credeva fino alla spedizione sovietica…

La nave che ha misurato la Fossa delle Marianne 

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, i sovietici, come molti altri, erano alla ricerca dei limiti inferiori dell’oceano. La Vitjaz, la nave ammiraglia della flotta di spedizione sovietica, fu coinvolta in questo compito: si trattava di una nave da trasporto frutta tedesca di cinque tonnellate e mezzo di dislocamento, data ai sovietici come risarcimento dopo la guerra. Adattata a scopi di ricerca, dal 1949 ha navigato per 18 anni negli oceani Pacifico, Indiano e Atlantico.

Nel 1957-1958, la Vitjaz rilevò dieci abissi nella Fossa delle Marianne, trovando una profondità massima di 11.022 metri. Un record che nessuno ha ancora battuto. Si ritiene che questo dell’Abisso Vitjaz 1 sia la profondità massima degli oceani mondiali. 

“Nel laboratorio dove si trovava l’ecoscandaglio, non ci riusciva a girare da tanta gente che c’era: tutti volevano essere presenti al momento della scoperta”, ha ricordato uno dei partecipanti al 25° viaggio del Vitjaz nel 1957. “L’ecoscandaglio disegna una forte pendenza dello scivolo. La linea di profondità scompare e riappare. Tutti guardano con ansia il nastro: come finirà il pendio? Finalmente c’è una zona pianeggiante, la parte più profonda dello scivolo. Si sente il comando: ‘Ferma la macchina!’, e il Vitjaz che dondolava sulle onde; sotto la sua chiglia c’era un abisso profondo molti chilometri. Gli idrologi iniziano il loro lavoro: le letture dei termometri di profondità e la determinazione del contenuto salino a diverse profondità determinano le correzioni da apportare ai dati dell’ecoscandaglio. Lentamente passano le ore di attesa. Gli strumenti risalgono a bordo. Non c’è molto da aspettare: è la profondità ‘più profonda’… Finalmente tutto è pronto, tutti i calcoli sono completi. La profondità massima dell’oceano mondiale scoperta dal Vitjaz è di 11.022 metri!”.

Tuttavia, questa gara tra esploratori per un paio di centinaia di metri in più non è l’obiettivo principale per il quale erano stati avviati molti anni di spedizioni. Gli oceanografi sovietici di quella spedizione fecero una scoperta molto più importante.

La scoperta sovietica

Prima della spedizione sovietica nella Fossa delle Marianne, le ipotesi sull’esistenza della vita a più di 6 mila metri di profondità appartenevano al campo della fiction: nessuno credeva che un essere vivente fosse in grado di adattarsi a simili condizioni. 

Ma la spedizione della Vitjaz smentì questa visione. Utilizzando reti a strascico appositamente progettate, gli scienziati esplorarono le fosse di acque profonde dell’Oceano Pacifico e scoprirono microrganismi nelle profondità più elevate. Questo confutava l’ipotesi che nulla di vivente potesse sopravvivere a tale pressione. 

Più tardi, nel 1960, una spedizione guidata dallo svizzero Jacques Piccard (1922-2008) e dall’americano Don Walsh (1931-) non si limitò a confermare l’affermazione sovietica di vita a tali profondità. Il 23 gennaio di quell’anno i due diventarono i primi uomini della storia a scendere a una profondità di poco meno di 11 km sul fondo della Fossa delle Marianne. Il batiscafo Trieste scese sul fondo dell’abisso per quasi cinque ore. Trascorsero 12 minuti a questa profondità inimmaginabile e, mentre mangiavano una tavoletta di cioccolato per reintegrare le forze, videro un gambero e un pesce simile a una platessa (passera di mare) nuotare davanti all’oblò. 

Cosa è successo dopo?

Sembrerebbe che la storia della ricerca del punto più “profondo” dell’oceano fosse destinata a finire prima o poi, ma non è mai successo. In effetti, la corsa alla misurazione è ancora in corso.  

Dopo la spedizione sovietica del 1984, gli idrografi giapponesi hanno cercato di raggiungere il fondo della Fossa delle Marianne e hanno stabilito che la sua profondità è di 10.924 metri, 98 metri in meno rispetto alle misurazioni sovietiche.  

L'equipaggio della nave Fotij Krylov della Flotta del Pacifico salva la

Nel 2020, Igor Denisov, vice direttore generale della Fondazione per le Ricerche Avanzate (in russo: “Фонд перспективных исследований”; FPI), ha dichiarato che le misurazioni della nave sovietica Vitjaz potrebbero essere state imprecise. Una spedizione è stata nuovamente inviata sul posto: un moderno Vitjaz senza uomini e bordo è stato fatto scendere sul fondo della fossa delle Marianne, e ha registrato 1.028 metri di profondità. “Questo suggerisce che ci sono informazioni su cui riflettere: o la precedente Vitjaz ha misurato la profondità in modo errato o il fondo stesso è cambiato. Tutto questo è oggetto di riflessione e analisi”, ha dichiarato Denisov. 

Tuttavia, la comunità scientifica è ancora scettica sul “nuovo” punto più profondo dell’oceano.

“Semplicemente non è serio dal punto di vista dell’oceanografia”, ha dichiarato Andrej Sokov, vice direttore dell’Istituto di Oceanologia dell’Accademia russa delle scienze. “Nel 1957, il gruppo di lavoro sovietico ha svolto indagini su larga scala, con un lavoro duro e scrupoloso. Non a caso si dice che il fondo dell’oceano è studiato meno del lato nascosto della Luna. C’è un significato profondo in questo. È un lavoro difficile e serio: tutte queste immersioni, lo studio dei fondali, i vari passaggi… Il lavoro deve essere molto sistematico e lungo. Dubito fortemente che l’immersione [del veicolo senza pilota Vitjaz] abbia avuto un rigore scientifico del genere. Ho parlato con la Fondazione per le Ricerche Avanzate e non mi hanno detto che stavano cercando di rilevare il punto più profondo. L’obiettivo reale era quello di testare il veicolo senza pilota. Sono solo scesi e hanno controllato le coordinate. Per scoprire il punto più profondo nel 1957, invece, era stato fatto un lavoro preparatorio molto serio dal punto di vista scientifico”.


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