Dall’abbraccio di Göring al pranzo con il boia: le memorie di un’interprete sovietica a Norimberga

Dominio pubblico
Erano una quarantina i traduttori sovietici che lavorarono ai processi di Norimberga contro i criminali nazisti. Una di loro era la ventiduenne Tatjana Stupnikova, che proprio lì conobbe il futuro marito e visse molte avventure, con sempre accanto il suo talismano: una chiocciola viva che le avevano regalato dei cronisti francesi

Per le leggi sovietiche dell’epoca Tatjana Stupnikova (1923-2005) non aveva alcuna possibilità di ottenere un posto di lavoro negli importantissimi processi di Norimberga: non aveva la tessera del partito, in quanto figlia di “nemici del popolo” che avevano subito la repressione, e non avrebbe dunque neanche potuto sognare di unirsi alla delegazione sovietica. Tuttavia, quando stava per iniziare il processo, divenne chiaro che c’era una grave carenza di traduttori da parte sovietica. L’Nkvd fu incaricato di ricercare urgentemente specialisti validi e la Stupnikova fu convocata dal generale Ivan Serov, vice di Lavrentij Berija

“L’incontro fu breve: ‘Mi hanno detto che sapete fare l’interpretazione simultanea’, mi disse il generale. Io rimasi in silenzio, perché non avevo la più pallida idea di cosa significasse l’espressione ‘traduzione simultanea’. All’epoca conoscevo solo i termini traduzione scritta e traduzione orale”, scrive Tatjana Stupnikova nel suo libro di memorie “Nichegó krome pravdy”(“Ничего кроме правды”; ossia: “Nient’altro che la verità”).

Due giorni dopo, Tatjana e tre suoi colleghi atterrarono a Norimberga. L’aspettava un anno di lavoro al processo chiave contro i criminali nazisti. La Stupnikova sarebbe tornata a casa solo nel gennaio del 1947.

L’incontro con il futuro marito

Dopo aver lavorato fino a tardi il primo giorno, Tatjana non si accorse che i suoi colleghi lasciavano la stanza e si dirigevano verso l’autobus che li avrebbe portati alle loro ville in periferia. Dovette quindi cercare da sola l’uscita, ma i corridoi del Palazzo di giustizia sembravano un vero e proprio labirinto. Essendosi persa del tutto, cercò di aprire una porta senza alcuna scritta, ma fu immediatamente affrontata da due poliziotti militari americani, che la afferrarono per le braccia e la portarono in una stanza prigione. Tatjana era preoccupata più che altro che i capi della delegazione sovietica venissero a conoscenza dell’incidente e vi scorgessero intenti criminali, come un incontro “segreto” con degli stranieri. Era una cosa per cui si potevano passare anni nei campi di lavoro!

La polizia militare americana

Tuttavia, poco dopo, accompagnato da tre militari americani, un suo collega, il traduttore Konstantin Tsurinov, fece irruzione nella stanza.“‘Finalmente ti ho trovata!’, furono le sue prime parole, che in seguito ci siamo ripetuti spesso”, ha ricordato la Stupnikova. Quello fu il primo incontro con il futuro marito!

“L’ultima donna tra le braccia di Göring”

I traduttori

All’inizio di agosto del 1946, Tatjana Stupnikova stava entrando di corsa nell’“acquario” dei traduttori. Mentre correva lungo il corridoio, inciampò accidentalmente e sarebbe caduta, “se qualcuno grande e forte non mi avesse trattenuta”.

“Quando ho ritrovato la calma e ho alzato lo sguardo verso il mio soccorritore, ho visto il volto sorridente di Hermann Göring molto vicino al mio. Mi sussurrò all’orecchio: ‘Vorsicht, mein Kind!’. (‘Stai attenta, figlia mia!’)”, ha raccontato una volta la Stupnikova.

Quando Tatjana entrò nella stanza, un corrispondente francese le si avvicinò e le disse in tedesco che sarebbe stata la donna più ricca del mondo: “Lei è stata l’ultima donna che Göring ha tenuto tra le braccia. Non lo capisce?”.

Hermann Göring al processo di Norimberga

Tuttavia, la Stupnikova non apprezzò la battuta di spirito del francese. Il 16 ottobre 1946, Hermann Göring, condannato a morte per impiccagione, si suicidò due ore e mezza prima dell’esecuzione, ingerendo cianuro di potassio.

A pranzo con il boia

Nella mensa del Palazzo di Giustizia c’era il self-service e non c’erano mai abbastanza posti a sedere per tutti. Un giorno, tenendo il vassoio in mano, Tatjana scorse un tavolo al quale era seduto solo un sergente maggiore americano. La traduttrice sovietica si sedette accanto a lui, visto che non c’erano altri posti liberi. L’uomo la colpì per la sua cortesia: le portò una pila di tovaglioli, che mancavano al loro tavolo, le passò il sale e, come lei ricorda, le fece capire che avrebbe fatto tutto ciò che lei avrebbe chiesto.

L'aula del tribunale di Norimberga

Nel frattempo, i compatrioti di Tatjana erano seduti lì vicino e le facevano dei segni misteriosi, che lasciarono perplessa la traduttrice. Il sergente maggiore portò poi quattro porzioni del gelato preferito di Tatjana, cosa che suscitò meraviglia, dato che in mensa era difficile ottenere una seconda porzione di qualcosa. Questo accrebbe in Tatjana il sospetto che ci fosse qualcosa di strano. Tuttavia, non poté fare a meno di mangiare la doppia porzione di dolce. Poi si alzò e se ne andò, nonostante l’uomo provasse a convincerla a rimanere ancora un po’.

L'americano John Woods

Nella sala di lavoro, i suoi colleghi le dissero che aveva appena pranzato con John Woods, il boia. Sebbene il tribunale militare non avesse ancora terminato i suoi lavori, Woods era arrivato a Norimberga con largo anticipo per effettuare, da esperto, i controlli del patibolo.

Una chiocciola come talismano

Prima dell’apertura di una nuova sessione del tribunale, Tatjana fu avvicinata da due giornalisti francesi e le fu consegnata una grossa lumaca marrone, di quelle che prosperano tipicamente nei vigneti tedeschi e francesi. Secondo loro, la lumaca era il miglior talismano contro tutte le disgrazie durante la traduzione. Tatjana prese la lumaca e si diresse in fretta verso il suo posto di lavoro. Dopo averla messo in un bicchiere, iniziò a lavorare.

I giudici del processo di Norimberga

Alcuni giorni dopo, uno dei giornali locali pubblicò una foto della Stupnikova con la lumaca. Vi si leggeva: “I sovietici non sono riusciti a eliminare le superstizioni. La traduttrice russa non riesce a separarsi dal suo talismano”.

Il popolo sovietico avrebbe dovuto trattare le superstizioni in modo molto negativo, in quanto considerate reliquie del passato. Tuttavia, l’incidente passò inosservato e alla fine la chiocciola arrivò a Mosca insieme alla traduttrice.

La vita dopo il processo di Norimberga

Il 1° ottobre 1946, il Tribunale internazionale terminò i suoi lavori. Per i tre mesi successivi, i traduttori sovietici vissero e lavorarono a Lipsia, che si trovava nella zona di occupazione sovietica. Dovevano redigere rapporti stenografici, confrontando le traduzioni con le fonti originali.

All’inizio del gennaio 1947, i traduttori si trasferirono a Berlino e poi di nuovo a Mosca. Al suo ritorno, Tatjana iniziò a cercare un nuovo lavoro, che avrebbe potuto combinare con i suoi studi post-laurea. Un’opzione del genere le fu offerta dal Ministero della cinematografia: il ministro Ivan Bolshakov era alla ricerca urgente di specialisti che traducessero i “film trofei”, ossia le pellicole requisite in Germania.

A Tatjana fu detto che avrebbe lavorato per Stalin in persona. Oltre alla traduzione, il compito era quello di selezionare film privi di scene d’amore e di politica. I film stessi dovevano essere esclusivamente in bianco e nero, poiché Stalin temeva “l’impatto negativo” delle immagini a colori sulla salute.

Il processo ai criminali di guerra nazisti

Un giorno, la commissione non riuscì a trovare un film inglese o francese appropriato durante l’orario di lavoro e tutti riponevano le loro speranze nella Stupnikova, aspettandosi che l’ultimo film da lei rivisto soddisfacesse i criteri. La traduttrice, già esausta, rischiò di perdere il momento in cui una scena a colori appariva sullo schermo: si trattava di un film nel film. Ma Tatjana evitò un errore potenzialmente fatale.

Ricordando il suo lavoro ai processi di Norimberga, Tatjana Stupnikova ha sottolineato: “Per un interprete simultaneo in erba, non c’è niente di più utile di una pratica costante in una cabina di traduzione, con le cuffie e il microfono in mano”. Insomma, per un traduttore da/verso il tedesco e l’inglese non c’è apparentemente esercizio migliore di un tribunale militare, sia in termini di carico di lavoro che di contenuti.

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