Borodino, chi ha vinto la più sanguinosa battaglia di un solo giorno del XIX secolo? (FOTO)

Storia
BORIS EGOROV
Sia i francesi che i russi rivendicarono la vittoria. In realtà, nessuno dei due era riuscito a raggiungere i propri obiettivi

“Di tutte le mie battaglie la più terribile è quella che ho combattuto a Mosca. I francesi si sono dimostrati degni di vincere. Ma i russi si sono conquistati la gloria di non essere battuti”, così Napoleone Bonaparte disse della battaglia di Borodinó, combattuta il 7 settembre 1812, a poco più di cento chilometri da Mosca. In un solo giorno di combattimenti, la “Grande Armata” napoleonica e le truppe russe al comando del generale Mikhail Kutuzov persero un totale di circa 80 mila uomini tra morti, feriti e dispersi. Questo fa di Borodino la più sanguinosa battaglia di un solo giorno della storia, fino alla Prima Guerra Mondiale.

Bonaparte sognava una grande battaglia con i russi fin dal momento in cui le sue truppe invasero l’Impero russo, il 24 giugno 1812. Ma il nemico evitò in ogni modo lo scontro diretto con il famoso comandante e si ritirò, attirandolo in profondità nel Paese. Tuttavia, mentre i francesi si avvicinavano a Mosca, l’opinione pubblica e l’imperatore Alessandro I cominciarono a fare pressioni su Kutuzov affinché ingaggiasse una battaglia decisiva con Napoleone. Alla fine, fu costretto a cedere.

L’esercito francese e quello russo si equivalevano: ciascuno aveva circa 135.000 uomini. Napoleone si aspettava di tagliare le difese russe, di irrompere nelle loro retrovie, di circondarle e distruggerle in parte. Kutuzov prevedeva di sfiancare il nemico sulla linea di difesa di otto chilometri costruita in fretta e furia sul campo di Borodino, per poi lanciare una grande controffensiva. Il 5 settembre, pochi giorni prima dell’inizio della battaglia, le truppe francesi si impadronirono di una roccaforte avanzata dell’esercito russo, la ridotta di Shevardin. Tuttavia, l’ostinata resistenza dei difensori permise a Mikhail Kutuzov di guadagnare tempo e di prepararsi meglio alla difesa.  

All’alba del 7 settembre, le truppe francesi del corpo del principe Eugenio di Beauharnais attaccarono il villaggio di Borodino, al centro delle posizioni russe. Dopo un’ora di sanguinosi combattimenti il villaggio fu conquistato, anche se con un notevole prezzo di sangue per i francesi. Qui morì il generale Louis Auguste Marchand Plauzonne, il primo, ma non certo l’ultimo, comandante militare di alto rango a perdere la vita quel giorno.

L’attacco a Borodino fu solo una tattica diversiva. Il colpo principale della “Grande Armata” fu sferrato sul fianco sinistro delle truppe russe, dove si trovavano le fortificazioni campali note come Semjonovskie fleshi (dal francese “flèche”, un tipo di fortificazione ad angolo ottuso, e dal vicino villaggio di Semionovskij). Il fuoco concentrato di 130 cannoni francesi si abbatté sulle truppe del generale Pjotr Bagration, che difendevano la posizione. Qui, in direzione dell’attacco principale, agirono contemporaneamente le forze di tre marescialli: Gioacchino Murat, Michel Ney e Louis Nicolas Davout. 

“Sul fianco sinistro la battaglia fu feroce; i russi si mantennero coraggiosamente nelle trincee, i francesi pagarono ogni passo in avanti con un numero incredibilmente alto di uomini. Non ci si può non meravigliare della disperazione con cui si gettavano verso la morte; non ci si può non meravigliare della presenza di spirito con cui si difendevano i russi, resistendo alla spinta delle forze superiori del nemico”, ha ricordato il maggiore generale di artiglieria Ilja Rodozhitskij. Le fortificazioni campali russe resistettero a sette attacchi. Più di una volta i francesi che occupavano le posizioni furono immediatamente messi fuori combattimento dai soldati russi che contrattaccavano. Durante uno di questi contrattacchi lo stesso Bagration fu ferito a morte.

Alle 9 del mattino le flèches di Semjonovskij (che furono poi ribattezzate “di Bagration”, proprio in onore del generale caduto) vennero alla fine conquistate dal nemico. A questo punto si erano già svolti feroci combattimenti al centro dell’esercito russo, sulle alture di Kurgan, dove si trovava la batteria di artiglieria del generale Nikolaj Raevskij. A mezzogiorno, nel momento più critico, il 1° corpo di cavalleria del generale Fjodor Uvarov e otto reggimenti cosacchi di Matvej Platov, che avevano attraversato di nascosto il fiume Kolocha, colpirono improvvisamente il fianco sinistro delle truppe napoleoniche. Creando confusione nel campo dei francesi, costrinsero l’imperatore a inviare alcune truppe contro di loro, riducendo così la pressione su Raevskij. Avendo guadagnato tempo per portare nuove riserve sulla Collina di Kurgan, la cavalleria e i cosacchi si ritirarono.

Più volte, nel corso di feroci e sanguinosi combattimenti, la batteria di Raevskij passò di mano, finché alle 3 del pomeriggio le truppe francesi riuscirono alla fine a prenderne il controllo. “L’interno della ridotta era terribile”, ha ricordato il capitano Eugène Labaume: “I cadaveri erano ammucchiati gli uni sugli altri, e tra loro c’erano molti feriti, di cui non si sentivano le grida; ogni tipo di arma era sparsa sul terreno… Ho notato tra questo caos il cadavere di un artigliere russo, che aveva tre ordini all’occhiello, sembrava che il coraggioso uomo respirasse ancora; in una mano teneva un frammento della sua spada, e con l’altra abbracciava saldamente il cannone, che aveva usato così bene. I soldati che occupavano la ridotta avevano preferito morire piuttosto che arrendersi…”

Alle 17 su una batteria apparve l’imperatore dei francesi, che vide un quadro che non avrebbe voluto vedere: le armate russe erano piuttosto frantumate, ma non spezzate, e incompleto ordine si erano ritirate su nuove posizioni, pronte a respingere qualsiasi attacco. Al calar del sole, i combattimenti cessarono, ma il cannoneggiamento dell’artiglieria continuò. “Che fanno i russi?”,  chiese Napoleone dopo un po’. “Stanno ai loro posti, Vostra Maestà”, gli risposero. “Aumentate il fuoco allora; a quanto pare ne vogliono di più!“, ordinò, cupo in volto, Bonaparte, “Sì, dategliene di più!”. Nonostante le suppliche dei suoi generali, non osò però lanciare in battaglia la sua ultima riserva, la Vieille Garde, forte di 19.000 uomini.

Prima dell’alba l’esercito russo si ritirò dalle sue posizioni verso verso Mosca. I francesi, esausti, non potendo o non volendo inseguirlo, rimasero per tutta la notte sul campo di battaglia tra i morti. “Vicino a ogni fuoco, non appena il suo bagliore cominciava a squarciare la tenebra, si radunavano i feriti e i moribondi, e presto furono più numerosi di noi”, scrive il capitano Brandt: “Come fantasmi, si muovevano da ogni parte nella semioscurità, si trascinavano verso di noi, strisciavano fino ai cerchi illuminati dai fuochi. Alcuni, terribilmente mutilati, spendevano gli ultimi resti delle loro forze in questo sforzo estremo: ansimavano e morivano, fissando le fiamme, e sembravano implorare aiuto; altri, che conservavano appena un soffio di vita, sembravano le ombre dei morti!”.

L’esercito russo perse circa 45.000 uomini tra morti, feriti e dispersi, mentre le perdite francesi sono stimate in circa 35.000 uomini. Sedici generali francesi e russi rimasero a terra sul campo di battaglia e altre sei decine di generali rimasero feriti e contusi. A causa delle perdite così elevate dei comandanti più importanti, la battaglia di Borodino viene talvolta chiamata la “battaglia dei generali”.

Occupando tutte le posizioni chiave del nemico e costringendo l’esercito russo a ritirarsi dal campo di battaglia, Napoleone Bonaparte ottenne una vittoria tattica. Tuttavia, dal punto di vista strategico, Borodino fu una sconfitta per l’Imperatore: le truppe russe non erano state sconfitte e avevano conservato pienamente il loro ordine di combattimento. “A cosa è servito che il campo di battaglia sia rimasto nelle nostre mani?”. Il generale Philippe-Paul de Ségur si rammaricò: “In un Paese così vasto, i russi non avevano forse abbastanza terra su cui combattere?“. 

Essendo così lontana da casa, la “Grande Armata” aveva subito enormi perdite irreparabili, che alla fine si rivelarono fatali. La disillusione si impadronì dell’Imperatore, dei suoi generali e dei soldati comuni. I francesi, tuttavia, speravano ancora di poter concludere la campagna con un trionfo. Dopo Borodino proseguirono verso Mosca, ignari però di andare incontro a morte certa.


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