Negli anni Trenta, in Urss vestiti e scarpe venivano distribuiti con le tessere annonarie, cosicché gran parte della popolazione considerava i propri abiti solo come un oggetto di prima necessità. Inoltre, nonostante il lavoro delle aziende tessili, c’era una mancanza catastrofica di tessuti di qualità.
La leadership sovietica sperava di cambiare la situazione ricucendo i legami con l’Europa. Nel maggio 1935 fu firmato il patto militare franco-sovietico di mutua assistenza, e alla fine dell’anno si tenne a Mosca un’esposizione commerciale francese con una grande delegazione guidata dal ministre d’État Édouard Herriot. Tra i partecipanti c’era Elsa Schiaparelli (1890-1973), stilista, costumista e sarta italiana che era già da qualche anno attiva a Parigi. In qualità di rappresentante dell’industria della moda, avrebbe dovuto dare suggerimenti sul futuro aspetto esteriore delle donne sovietiche.
Illustrazione di Miguel Covarrubias a “Stalin vs Schiaparelli”, articolo della serie “Intervista impossibile” su “Vanity Fair”
Foto d'archivioAlla mostra, oltre alla stilista, presentarono i loro prodotti grandi aziende tessili, produttori di guanti, profumi, liquori e champagne. A Elsa Schiaparelli fu assegnato un modesto stand, che lei decorò con sciarpe con motivi di ritagli di giornale. Su un tavolo di fronte allo stand collocò riviste straniere di moda, che suscitarono immediatamente l’interesse dei visitatori: erano qualcosa di assolutamente nuovo per loro.
Elsa Schiaparelli (1890-1973), stilista francese di origini italiane, seduta alla sua scrivania, 1936
Hulton-Deutsch Collection/Corbis via Getty ImagesSchiaparelli ricordò in seguito questo viaggio nel suo libro autobiografico “Shocking Life” (in italiano è edito da Donzelli, 2016). Secondo lei, Stalin all’epoca voleva che i militari sovietici indossassero uniformi ben fatte e che le loro mogli imparassero a vestirsi bene. Esisteva anche una divisione tra abiti da lavoro e abiti da festa: anche le operaie avevano bisogno di abiti da sera per andare a teatro, ad esempio. Era questo tipo di abbigliamento femminile che gli stilisti sovietici stavano cercando di sviluppare.
Elsa Schiaparelli fu invitata ad aprire una sfilata di moda presso la nuova Casa dei Modelli sulla via Sretenka. I suoi abiti dovevano essere “abiti per la cittadina media sovietica, tali da poter essere acquistati e indossati da qualsiasi donna, indipendentemente dalle condizioni di vita”. All’epoca, la Casa dei Modelli era letteralmente il centro della moda di tutta l’Unione Sovietica: gli articoli provenienti da qui, corredati di schizzi, descrizioni tecniche e modelli, venivano consegnati alle fabbriche di cucito di tutto il Paese per la produzione di massa.
L’abito disegnato da Elsa Schiaparelli per la produzione in Unione Sovietica
Daily Herald Archive/National Science & Media Museum/SSPL via Getty ImageLEGGI ANCHE: Come erano le sfilate di moda in Unione Sovietica? (FOTO)
La stampa occidentale diffuse immediatamente la notizia che la Schiaparelli aveva disegnato abiti per quaranta milioni di donne sovietiche. Tuttavia, questo non era del tutto vero. La stilista aveva effettivamente proposto un abito, ma totalmente nel suo stile: un modesto abito nero con un colletto alto che poteva essere indossato sia per andare al lavoro che per andare a teatro. Era accompagnato da un ampio cappotto rosso foderato di bottoni neri e da un berretto di lana lavorato a maglia con chiusura a zip. Secondo una versione dei fatti, ai funzionari sovietici non piacquero le grandi tasche del cappotto, che potevano attirare i ladri sui mezzi pubblici, mentre un’altra versione afferma che l’abito sembrò loro troppo spartano. In ogni caso, questa mise non venne mai prodotta in serie.
Modella sovietica indossa l’abito disegnato da Elsa Schiaparelli, 1935
Nikolaj Kubeev/TASSNelle sue memorie, la Schiaparelli descrive come rimase colpita dagli abiti di chiffon, pizzo e velluto che aveva visto alla Casa dei Modelli. Non era affatto così che immaginava l’abbigliamento delle donne sovietiche.
Sfilata di moda alla “Casa dei Modelli” di Mosca per la Stagione autunno inverno 1936-37, 1936
Nikolaj Kubeev/TASS“Le autorità non erano ancora in grado di fornire un livello di produzione adeguato”, scrive la storica della moda socialista Djurdja Bartlett in “FashionEast: The Spectre that Haunted Socialism” (The MIT Press). Gli abiti eleganti delle vetrine della Casa dei Modelli venivano utilizzati nelle produzioni teatrali e cinematografiche ed erano a disposizione di una cerchia molto ristretta di persone, principalmente le mogli della nomenklatura sovietica e le star del cinema.
La ballerina russa Ljubov Chernysheva in un costume disegnato da Elsa Schiaparelli
Dal libro “Shocking Life”/ Eterna Publishers, 2018Elsa Schiaparelli non restò delusa per il net dei colleghi sovietici alla sua proposta: non ha lasciato nemmeno una riga su questo nelle sue memorie. Ma trovò sempre grande ispirazione nei suoi viaggi in Urss. Per esempio, una volta vide un’immagine insolita in un campo d’aviazione a Mosca, con paracadutisti che stavano assemblando un ospedale da campo pochi minuti dopo l’atterraggio. L’anno successivo, a Parigi, presentò la sua collezione primavera/estate “Paracadute”. Si basava su un abito con corpetto stretto e gonna a sbuffo divisa in spicchi. Quando la modella vi camminava, assomigliava a un fiore che ondeggiava sull’acqua.
Abito da sera della collezione “Paracadute”, 1936
Foto d'archivioLEGGI ANCHE: Come la moda sovietica sta influenzando gli stilisti di oggi
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