Questa donna fragile era in realtà un’impavida agente della polizia segreta zarista

Russia Beyond; Dominio pubblico
Per anni Zinaida Zhuchenko non si fece scoprire, infiltrandosi nel cuore dei circoli rivoluzionari russi. E anche quando fu smascherata, riuscì comunque a sfuggire alla vendetta

Zinaida Zhuchenko (nata Gerngross) era una leggenda nei circoli della polizia segreta dell’Impero russo alla fine del XIX secolo. Dopo aver iniziato la sua carriera come modesta istitutrice domestica, si trasformò in una delle più famose nemiche dei rivoluzionari russi in clandestinità, spiando persone che la consideravano un’amica. Ma secondo l’etica della Zhuchenko, tutto ciò era giustificato da una buona causa: salvare la Russia dagli attacchi terroristici che i rivoluzionari cercavano di mettere in atto. Tuttavia, la sua storia non finì bene.

Un incontro fatale a Berlino

“Mio caro amico! Temo solo una cosa: l’acido solforico! Comincio a pensare che non mi uccideranno. È abbastanza difficile, dopo tutto. Sono certi che sia circondata da un nugolo di poliziotti. E immagino che ritengano che sarebbe un peccato sacrificare uno dei loro migliori uomini per uccidere un agente provocatore infiltrato come me. Forse si arriverà all’acido solforico”, scrisse l’agente segreta della polizia zarista, la cui copertura era saltata, in una lettera al suo ex capo, Mikhail von Kotten, nell’agosto 1909.

Alcuni giorni prima di quella lettera, la Zhuchenko, in servizio attivo dal 1894, era stata smascherata dallo “Sherlock Holmes della rivoluzione russa”, il giornalista emigrato Vladimir Burtsev. Accurato e implacabile, Burtsev tese un’imboscata a Zinaida Zhuchenko proprio nella sua casa di Berlino, dove viveva con il figlio adolescente e un amico. Le prove erano inconfutabili. L’aveva fatta scoprire il Consigliere di Stato in carica Sergej Kovalenskij, capo dell’intera unità investigativa politica russa. Dopo le rapide dimissioni dalla carica di direttore del Dipartimento di Polizia, la sua carriera si era arenata e a quanto pare era offeso, cosa che sembra averlo spinto a tradire e poi a suicidarsi. La sua testimonianza venne confermata da Leonid Menshikov, un altro disertore. 

Burtsev, essendo un esperto cacciatore di agenti zaristi, si aspettava dall’incontro le solite lacrime, resistenze, suppliche isteriche e dichiarazioni di innocenza. Ma ottenne qualcosa di completamente diverso. 

Il giornalista Vladimir Burtsev

“Lei ha inferto un colpo ai miei ideali più sacri, quelli per cui vivo tutta la mia vita… Lei è un tipo incredibile. Penso e ripenso a lei e voglio con tutte le forze capirla meglio”, scrisse alla Zhuchenko dopo quel fatidico incontro. In lei, una donna dall’aspetto severo che assomigliava piuttosto a un’insegnante, il vecchio rivoluzionario lupo solitario vedeva un avversario che considerava alla sua altezza; cosa che non gli era mai successa prima. E anche i funzionari dell’unità investigativa dovettero chiedersi se avessero mai avuto il piacere di lavorare con un agente sotto copertura così dotato, che non prestava servizio per denaro o per paura o per il desiderio di fare del male ai suoi ex colleghi. La Zhuchenko era unica nel suo genere. 

Diplomatasi all’Istituto Smolnyj nel 1893, la ventiduenne Zinaida Gerngross era solita dare ripetizioni ai figli di un funzionario di polizia; grazie a ciò riuscì a stringere amicizia con altre persone del Ministero degli Affari Interni, tra cui il leggendario ispettore Sergej Zubatov. Diventata la protetta di Zubatov, si infiltrò in un gruppo segreto gestito da uno studente di nome Ivan Rasputin, che progettava di assassinare lo zar durante la cerimonia di incoronazione. I piani del gruppo furono sventati. Arrestata nel 1896, insieme agli sfortunati assassini dello zar, Zinaida – ora agente sotto copertura – trascorse un anno in prigione, prima di essere inviata nel Caucaso. È lì che, secondo lei, commise il più grande errore della sua carriera: sposarsi. Il marito si rivelò un tipo violento e lei fuggì in Germania con il figlio neonato, Nikolaj. 

Nel 1905 le fu chiesto di tornare in servizio. La prima Rivoluzione russa era in pieno svolgimento e l’esuberante Zhuchenko si buttò subito tra le fiamme, sulle barricate, senza curarsi della sua sicurezza. 

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Una talpa tra i rivoluzionari 

Zinaida Zhuchenko, foto segnaletica

Il quel periodo, la Zhuchenko non fu semplicemente un’agente della polizia segreta, ma divenne amica e confidente dei suoi superiori. I capi del Dipartimento di Sicurezza di Mosca, Evgenij Klimovich e Mikhail von Kotten, ascoltavano i suoi consigli, la rispettavano profondamente a la invitavano regolarmente nelle loro case come ospite di riguardo. Lei ripagò la gentilezza lavorando instancabilmente: tra l’altro, grazie a lei furono sventati due dei più importanti tentativi di assassinio politico. All’inizio del 1906, i membri del partito socialista-rivoluzionario decisero di regolare i conti con il governatore di Minsk Pavel Kurlov, che aveva fatto aprire il fuoco su una manifestazione antigovernativa a Minsk nell’ottobre 1905. Un incidente che divenne noto come “la sparatoria di Kurlov”. Alla fine lanciarono una bomba contro Kurlov, che lo colpì alla testa, ma senza esplodere. Questo perché la Zhuchenko, incaricata di consegnare la bomba a Minsk, la portò prima da Von Kotten, che estrasse il detonatore. 

Un anno dopo, nel febbraio 1907, la rivoluzionaria Fruma Frumkina decise di sparare al sindaco di Mosca Anatolij Reynbot e disse ai suoi compagni di partito che si sarebbe suicidata se l’avessero ostacolata. Zinaida capì che far cambiare idea alla Frumkina sarebbe stato impossibile e la preparò per la missione, cucendole persino una tasca speciale per il revolver; ma poi aiutò la polizia a catturare la Frumkina all’ingresso del Teatro Bolshoj, dove aveva pianificato il suo attacco.

Per ironia della sorte, le persone a cui Zinaida salvò la vita lasciavano molto a desiderare: Kurlov era un corrotto sicofante e un connivente amante degli intrighi, mentre Reynbot poco tempo dopo  il fallito attentato venne accusato di appropriazione indebita e corruzione. 

Il governatore Pavel Kurlov

Nonostante la sua cavalleresca fedeltà al governo e il suo aspetto da maestrina, Zinaida non era una certo una “ragazza casa e chiesa”: aveva il vizio della morfina, ed ebbe numerosissime relazioni amorose con i rivoluzionari, con un gusto particolare per quelli più rudi, e ciò che gli amanti le confidavano durante le loro passionali sessioni erotiche, lei lo riferiva prontamente ai suoi colleghi del dipartimento. 

Gli stessi rivoluzionari non permisero che si formasse un minimo dubbio sull’affidabilità della Zhuchenko. Quindi, se non fosse stato per il tradimento dei suoi ex colleghi di polizia Kovalenskij e Menshikov, con ogni probabilità, lei avrebbe continuato la sua brillante carriera. Burtsev, affamato di ogni minimo dettaglio, promise alla Zhuchenko di avere salva la vita in cambio di informazioni, ma l’agente non solo si rifiutò di compromettere i suoi ex superiori, ma si impegnò in una lunga sfida dialettica con il suo accusatore. Questa attiva corrispondenza tra i due inconciliabili avversari durò diversi anni. L’obiettivo della Zhuchenko era quello di distruggere gli stereotipi dei rivoluzionari, e di tutto il campo dell’opposizione, che vedevano l’agente segreto come un sabotatore e un essere umano corrotto.

“La mia missione è diventata storia…” 

Sergej Zubatov, famoso amministratore della polizia russa e capo di Zinaida Zhuchenko

Forse fu proprio grazie alla posizione ideologica e non di convenienza della Zhuchenko – che i rivoluzionari non potevano non ammirare – che l’ex agente sotto copertura riuscì a sfuggire alla cruenta rappresaglia che di solito aspettava gli infiltrati. Visse un’esistenza tranquilla e solitaria a Berlino, grazie a una generosa pensione del governo russo. La polizia berlinese, che a un certo punto aveva stretto rapporti con la polizia zarista, fu informata del ruolo della Zhuchenko e, con l’inizio della Prima guerra mondiale, la arrestò come potenziale spia, portandole via anche il figlio sedicenne. Zinaida trascorse i tre anni successivi in una prigione femminile, prima di essere trasferita nel campo di concentramento di Havelberg.

Una volta rilasciata, fu accolta da nuove sfide: il suo rapporto con il figlio Nikolaj era diventato difficile dopo la prigione. Lui non condivideva gli ideali della madre e, fin da giovanissimo, faceva frequentemente visita a Burtsev a casa sua, cosa di cui quest’ultimo era molto orgoglioso.  Nikolaj decise di andare dal padre nel Turkestan, una regione dell’Asia centrale. Non si sa se riuscì a raggiungere la sua destinazione: in Russia era scoppiata la Rivoluzione. 

Avendo ricevuto le prime notizie del cambio di regime a Pietrogrado, Zubatov, tanto ammirato da Zinaida, si tolse la vita con un colpo di pistola. Alcuni giorni dopo, una folla inferocita a Helsingfors (l’attuale Helsinki; fino al 1918 la Finlandia faceva parte dell’Impero Russo) fece praticamente a pezzi Von Kotten. Tuttavia, anche il sentimento di trionfo di Burtsev per la vittoria dei suoi compagni rivoluzionari non durò a lungo. Per volontà dei bolscevichi, si ritrovò recluso nella Fortezza di Pietro e Paolo, dove era stato ospite occasionale anche durante il regno di Nicola II. Lì era vicino di cella di funzionari di polizia di alto rango, molti dei quali furono presto giustiziati. 

Soldati rivoluzionari a Pietrogrado, 1917

Burtsev riuscì a liberarsi e a partire per Parigi, dove la Zhuchenko riprese a scrivergli nella speranza che la aiutasse a ritrovare suo figlio. Secondo le informazioni di cui disponeva all’epoca, il giovane stava partecipando alla Guerra civile russa. Non avendo ricevuto alcuna notizia da Nikolaj, Zinaida lo credeva morto. “In una parola, è dura... Ma il dolore personale è interamente consumato da quello per la Russia”, scrisse.  

Nel 1924, Burstev ricevette l’ultima lettera dalla sua “acerrima nemica". In quell’epistola la Zhuchenko scrive che il figlio è tornato a casa sano e salvo, mentre lei vive a Liegi, in Belgio, vendendo biglietti per i balli. “Nel frattempo, la mia piccola missione è ormai storia, è giustificata da essa e… il mio atteggiamento nei confronti dei giudizi storici – che provengano dal campo nemico o da quello amico – è del tutto calmo e obiettivo. In realtà, a noi russi è rimasto solo il rimpianto di un passato irrimediabilmente defunto… Il presente, per noi due, pur essendo molto piacevole, è stato colorato da questo lutto”. 

Il destino della Zhuchenko da quel momento in poi è sconosciuto, così come l’ora e il luogo della sua morte: è semplicemente scomparsa.

Burtsev morì invece nella Parigi occupata dai nazisti il 21 agosto 1942. Secondo le memorie della figlia dello scrittore Aleksandr Kuprin, “Burtsev fino ai suoi ultimi giorni continuò a camminare per la città desolata e terrorizzata, preoccupandosi, discutendo e cercando di convincere la gente che la Russia alla fine avrebbe vinto…”.


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