Yevno Azef
: Legion MediaEvno Azef. Fonte: Legion Media
Nel 1908, uno scandalo scosse il Partito Rivoluzionario Socialista, che a quel tempo era una delle principali forze rivoluzionarie russe, grazie alle decine di audaci attacchi terroristici contro funzionari di alto rango.
Il famoso pubblicista ed editore Vladimir Burtsev (1862-1942), sostenne infatti che il capo della sezione armata del partito, un uomo famoso per il suo coraggio e le grandi capacità organizzative, fosse un informatore della polizia segreta zarista.
In un primo momento, nessuno all’interno del partito prestò fede alle accuse di Burtsev. L’uomo accusato di tradimento, Evno Azef (1869-1918), era una leggenda tra i rivoluzionari. Aveva progettato e realizzato le operazioni di maggior successo nella storia del partito, assassinando il ministro dell’Interno Vjacheslav Pleve nel luglio del 1904, e il granduca Sergej Aleksandrovich Romanov, che era lo zio di Nicola II e governatore di Mosca, l’anno successivo.
A quel tempo accusare Azef era come sostenere oggi che Abu Bakr al-Baghdadi, capo dell’Isis, lavori per la Cia. Nessuno potrebbe immaginarlo possibile.
“Sei un uomo orribile, stai calunniando un eroe!”, gridò a Burtsev uno dei leader dei Socialisti Rivoluzionari durante l’inchiesta interna. Ma Burtsev aveva ragione. Azef aveva lavorato per la polizia fin dall’inizio della sua carriera terroristica. Ma i rivoluzionari non erano stati i soli ad essere ingannati. Azef si era preso gioco anche del governo, fedele solo a se stesso e al denaro.
Giovane spia
Azef aveva appena 23 anni quando, nel 1892, scrisse una lettera alla polizia russa, offrendo i suoi servigi come spia. A qual tempo viveva in Germania ed era uno studente dell’Istituto di Tecnologia di Karlsruhe. Gli storici ritengono che Azef, allevato da una povera famiglia ebraica dei dintorni di Grodno (oggi Hrodna, in Bielorussia), avesse dovuto lasciare l’Impero russo a seguito di un furto. In Germania era frequentemente a contatto con studenti russi vicini agli ambienti rivoluzionari e, avendo bisogno di soldi, decise di vendere le informazioni in suo possesso.
L'Ochrana (la polizia segreta zarista) accolse di buon grado tra le sua braccia il volenteroso studente. I superiori di Azef lo giudicarono un agente di talento e meticoloso. “La cosa che mi fa più paura al mondo è perdere il tuo servizio”, gli scrisse uno dei suoi capi.
Evno Azef da giovane. Fonte: Foto d'archivio
Dopo sei anni di soffiate sui suoi compagni di studio, informando puntualmente l’Ochrana della diffusione di testi vietati e dei legami tra i socialisti russi e quelli tedeschi, Azef si trasferì in Russia, dove proseguì il lavoro sotto copertura.
Doppio gioco
Non solo Azef si infiltrò con successo tra i Socialisti Rivoluzionari, ma dopo pochi anni divenne il capo della loro cellula più segreta, l’Ocsr, l’Organizzazione di Combattimento, il loro braccio armato. L’Ocsr stava commettendo attacchi contro funzionari di zaristi di alto rango. I Socialisti Rivoluzionari reputavano che questo fosse il modo migliore per provocare scontri tra le forze governative e le masse, innescando così la rivoluzione.
Nessuno nell’Ochrana conosceva la vera posizione di Azef nel partito: i capi della polizia erano sicuri che fosse solo un membro ordinario. Questa incertezza fece sì che il provocatore dominasse il gioco e, come capo dell’Organizzazione di Combattimento, portò a termine un gran numero di attacchi terroristici, informando la polizia solo su alcune delle operazioni in preparazione.
Non sorprende che il governo fosse riuscito a impedire gli attacchi rivelati da Azef, mentre gli altri spesso ebbero successo, inclusi gli assassini di Pleve (1904) e del granduca Sergei (1905). Allo stesso tempo, Azef non si risparmiò nel fare i nomi dei suoi compagni rivoluzionari alla polizia, tradendo specialmente i suoi rivali all’interno dell’organizzazione.
Il pubblicista ed editore Vladimir Burtsev. Fonte: Biblioteca nazionale della Francia
Questo mise Azef in una situazione unica. Sia i rivoluzionari che la polizia si fidavano ciecamente di lui. I rivoluzionari non potevano immaginare che l’uomo che aveva organizzato le due operazioni di maggior successo del partito fosse un informatore della polizia segreta. Allo stesso tempo, i capi dell’Ochrana lo elogiavano per aver impedito una serie di attacchi terroristici e aiutato ad arrestare diversi pericolosi criminali. Il doppio agente divenne un burattinaio capace di controllare entrambe le parti in lotta.
L’agente provocatore contro ‘Sherlock Holmes’
Vladimir Burtsev, un editore vicino ai rivoluzionari, scoprì quasi per caso la vita segreta di Azef. Nel 1906, incontrò un ex ufficiale dell’Ochrana che gli confidò che uno dei leader più alti di rango dei Socialisti stava lavorando per il governo. Dopo un’indagine meticolosa, Burtsev, che più tardi sarebbe stato soprannominato lo “Sherlock Holmes della rivoluzione russa”, iniziò a sospettare di Azef.
L’editore riuscì a trovare uno dei vecchi capi di Azef, l’ex capo della polizia Aleksei Lopukhin, e gli chiese: “Azef era un tuo agente?”. E poi gli elencò tutte le prodezze fatte da Azef come capo dell’Organizzazione di Combattimento (cosa che Lopukhin ignorava completamente). Scioccato, il vecchio poliziotto pensò che fosse meglio rivelare la verità sull’uomo che aveva tradito entrambe le parti e rispose: “Sì.”
L’indicibile verità
La testimonianza di Lopukhin fu fondamentale durante l’indagine interna del partito e aiutò Burtsev a dimostrare che il leggendario “Ivan” (pseudonimo di Azef) era stato un provocatore pagato dal governo. I Socialisti Rivoluzionari rimasero devastati dall’apprendere questa verità: il tradimento di Azef distruggeva la fede nella lotta rivoluzionaria. “Abbiamo perso il nostro diritto di essere ingenui. Un uomo di cui avevamo fiducia si è rivelato un imbroglione e un traditore che ha profanato tutto ciò che consideravamo più sacro “, scrisse con sgomento Vladimir Zenzinov.
La profondità dell’inganno di Azef destò grande impressione nell’Impero russo, colpendo tutti, non importa se sostenitori del governo o dei rivoluzionari. Il suo stesso nome è diventato un simbolo del tradimento e del male per decenni. Ad esempio, Vladimir Majakovskij nel suo poema “La nuvola in calzoni” (1915), nel descrivere l’oscurità di una notte cupa e senza stelle, scrisse “Non riusciremo a sbrecciare con gli occhi / questa notte nera come Azef!”. E Mark Aldanov, uno scrittore che scrisse un articolo su Azef, disse che “era qualcosa a metà tra un uomo e un pitone”.
Il destino di Azev
Mentre tutta la Russia lo malediceva, Azef lasciò precipitosamente il Paese e riparò in Germania, dove visse per quasi un decennio una tranquilla vita borghese sotto le false generalità di Alexander Neumayr.
Quando scoppiò la Prima guerra mondiale, fu internato dai tedeschi come nemico straniero, per via del passaporto russo. Passò due anni (1915-1917) dietro le sbarre e morì per complicanze renali meno di sei mesi dopo la sua liberazione, il 24 aprile del 1918. La sua tomba a Berlino non ha nome, sulla lapide c’è solo un numero.
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