Al momento della Rivoluzione del 1917, in Russia poco più del 20% della popolazione dell’Impero sapeva leggere e scrivere. Uno dei compiti principali dei bolscevichi fu l’eliminazione dell’analfabetismo. Ma ci sarebbe voluto del tempo per insegnare alle persone a leggere, e la propaganda, invece, doveva funzionare rapidamente. Dopotutto, era proprio la popolazione in gran parte analfabeta – operai, contadini, soldati – il target di riferimento della propaganda del partito. Che aveva anche un altro grande problema in quegli anni: la grave carenza di risorse per la stampa. Ma i bolscevichi trovarono un modo creativo per risolvere la questione: inventarono i “giornali orali”.
Un prerequisito per l’emergere di un fenomeno così unico come il “giornale orale” (in russo: “устная газета”; “ústnaja gazéta”) fu, tra l’altro, la grave carenza di carta nel Paese durante la Guerra civile.
All’inizio, i giornali rivoluzionari dei bolscevichi venivano semplicemente letti ad alta voce davanti a grandi gruppi di persone. Sul primo giornale sovietico realizzato in modo professionale, il “Krasnyj Zhurnalist” (“Giornalista Rosso”), si scriveva molto dei giornali orali e i “redattori-lettori” condividevano la loro esperienza e i loro successi.
Ad esempio, a Smolensk, due volte alla settimana, leggevano un giornale orale nel parco del centro cittadino, con articoli sull’attualità e notizie locali. Tuttavia, i redattori notarono che i materiali satirici, l’umorismo e la poesia erano di particolare interesse per gli ascoltatori. Il tempo di lettura consigliato non superava l’ora.
Nel corso del tempo, divenne chiaro che un articolo di giornale standard è difficile da ascoltare, e che il materiale doveva essere elaborato appositamente per la fruizione orale. Inoltre, la lettura doveva essere affidata solo a un buon oratore. Treni e auto di agitazione politica iniziarono a percorrere tutto il Paese, proiettando film, oltre a leggere giornali orali, fare appelli ideologici e raccontare le principali notizie e le vittorie dei rossi.
Ma anche ascoltando materiale appositamente elaborato, i soldati, ad esempio, iniziavano ad annoiarsi presto e a distrarsi. Quindi il giornale “orale” fu trasformato in giornale “vivo” (in russo: “живая газета”; “zhivája gazéta”); una sorta di vera e propria performance teatrale.
Attori dilettanti recitavano scenette in cui mostravano quanto fosse cattivo il nemico borghese e perché fosse necessario combatterlo. Cantavano canzoni e stornelli, si aiutavano con elementi di scenografia…
Il fenomeno prese così tanto piede che i “giornali vivi” o “dal vivo” sono esistiti fino agli anni Trenta e apparvero un numero enorme di gruppi teatrali amatoriali che mettevano in scena il materiale informativo. Nel tempo, i programmi divennero sempre più complessi, sia in termini di contenuti che di sceneggiatura.
Questi spettacoli dovevano anche trasmettere informazioni pratiche alla popolazione. Ad esempio, sulle norme sanitarie e sulla prevenzione delle malattie infettive. Il tifo e il colera imperversavano nel Paese, quindi interi show del corpo teatrale di agitazione politica a volte erano dedicati alla lotta contro le malattie: dicevano che era necessario sbarazzarsi dei pidocchi, ventilare la stanza e bere solo acqua pulita. Tutto questo era sotto forma di canzoncine divertenti.
В зобу дыханье затаив,
Газету вы глазейте –
Одну лишь правду, а не миф
Увидите в газете.
Trattenendo il respiro in gola,
Il giornale voi guardate
Neanche una bugia! La verità sola
Sul giornale voi trovate!
La differenza fondamentale rispetto alla produzione teatrale era che i giornali “dal vivo” dovevano mettere in scena spettacoli su temi di attualità e politica. Dopo la Guerra civile, iniziarono a esibirsi non davanti ai soldati dell’Armata Rossa, ma in club, centri culturali, scuole e parchi.
Uno dei gruppi teatrali di propaganda più popolari era “Sinjaja bluza” (“Tuta blu”). Aveva molte squadre di attori che portavano l’arte rivoluzionaria e informazioni politiche alle masse, usando costumi d’avanguardia e accompagnamento musicale.
Schizzi, monologhi, distici, canzoncine: i giornali “vivi” hanno persino determinato lo sviluppo della stampa sovietica e il suo amore speciale per la satira e i feuilleton. E quando l’analfabetismo fu finalmente sconfitto, nei parchi e nelle case della cultura di tutta l’Urss, gli artisti continuarono a lungo a eseguire versi e monologhi su argomenti di attualità.
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