Bartini, l’ingegnere italiano che divenne uno dei più grandi progettisti di aerei sovietici

V. Klimov/Sputnik
In Russia vi entrò da prigioniero, ma ne divenne il re il cieli. Suo il progetto del rivoluzionario velivolo ibrido Bartini-Beriev VVA-14, precursore dell’ekranoplano

“Tutti i suoi progetti erano estremamente originali. Era ricco, immensamente ricco di idee. E di conseguenza generoso”. Con queste parole Oleg Antonov, fondatore della celebre ditta produttrice di aerei, era solito ricordare Roberto Bartini (1897-1974), il più grande progettista italiano di aerei sovietici: un uomo dalla vita straordinaria, capace di inventare progetti altrettanto straordinari. Il più sorprendente di tutti fu il Bartini-Beriev VVA-14, un rivoluzionario velivolo ibrido, militare e multiruolo, sviluppato in URSS durante gli anni ‘70 e rimasto allo stadio di prototipo. 

Una vita straordinaria

Bartini in Russia vi entrò da prigioniero, ma ne divenne il re il cieli. Dopo gli studi all’accademia militare di Banská Bystrica (attuale Slovacchia), dove fu nominato ufficiale di fanteria dell'esercito austroungarico, combatté sul fronte orientale durante il primo conflitto mondiale. Con l’avanzata zarista in Galizia, il giovane ufficiale di fanteria fu catturato e fatto prigioniero nei campi di Khabarovsk e Vladivostok, in Russia, dove trascorse quasi tre anni. 

Quel periodo in Russia e l’eco della recente Rivoluzione lo avvicinarono alle idee marxiste-leniniste, che continuò a coltivare anche dopo il suo furtivo rientro in Italia, nel 1920. Lì, con il fuoco della Rivoluzione che ancora ardeva nelle vene, Bartini coltivò la passione politica, affiancata da un’altra ardente passione: quella per il volo. 

Poco tempo dopo, le rappresaglie fasciste lo spinsero a lasciare la patria e a cercare rifugio in URSS, dove tornò nell’estate del 1923 con un sogno nel cassetto: aiutare il nuovo Stato socialista a diventare un grande paese mettendo a disposizione di Mosca le proprie conoscenze come progettista. Nel giro di pochi anni sarebbe diventato il più grande progettista italiano di aerei sovietici. Ma la macchina del Grande Terrore fagocitò anche lui, insieme a molti altri progettisti aeronautici, e senza precise accuse fu mandato in carcere, in un giorno d’inverno del 1938.

Il carcere e la liberazione

Prima di finire nuovamente dietro le sbarre, l’ingegnere italiano aveva fatto in tempo a mettere a punto alcuni interessanti progetti. Come costruttore capo e direttore di un proprio OKB (ufficio di progettazioni sperimentali), Bartini aveva inventato l'idrovolante plurimotore MTB-2 (un velivolo totalmente nuovo per l'URSS), il nuovo caccia monoplano “Stal’-6” dalle prestazioni avveniristiche per l’epoca e un bimotore ad ala alta denominato DAR da utilizzare come ricognitore a lungo raggio nelle regioni artiche. Ma a salvargli la vita fu probabilmente il bimotore Stal’-7 da 12 passeggeri, che nel 1939 stabilì il primato mondiale di velocità volando su un circuito chiuso di 5.000 km in 12 ore e 31 minuti. 

Grazie a quel record, Bartini fu rilasciato dal carcere con l’incarico di trasformare lo Stal’-7 in un bombardiere. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la produzione dei primi esemplari, lo Stal’-7 formò due stormi operativi supersegreti che realizzarono incursioni su Berlino, Königsberg, Danzica e Stettino.

Il progetto dei progetti

Una delle ultime invenzioni di Bartini si rivelò anche la più straordinaria e originale, e fu testata pochi anni prima della sua morte: il Bartini-Beriev VVA-14, un aereo anfibio antisommergibili o da trasporto a decollo verticale, concepito per volare sia ad elevate altitudini a grande velocità, sia appena sopra il livello del mare. Questo rivoluzionario velivolo ibrido combinava le caratteristiche e le capacità tecniche del futuro ekranoplano

Per lo sviluppo di questo velivolo venne coinvolto anche il celebre ufficio di progettazione Beriev. Nei suoi ultimi anni di vita Bartini dedicò molte energie alla realizzazione di questo velivolo, nato negli stabilimenti di Taganrog sotto forma di tre prototipi: il VVA-14M1, destinato a svolgere la funzione di laboratorio volante, completato nel 1972; il VVA-14M2, più avanzato, con due motori a prua per il decollo corto, e il VVA-14M3. 

Ma la morte dell’ingegnere italiano, avvenuta il 6 dicembre 1974, e la necessità di mettere a punto ulteriori modifiche tecniche, chiusero il progetto in un cassetto. Lo sviluppo di questa macchina straordinaria tramontò definitivamente nel 1981. Dei tre prototipi costruiti, uno fu distrutto da un incendio, un altro è conservato nella fabbrica Beriev di Taganrog mentre un terzo si trova parzialmente smontato presso il Museo centrale delle aeronautiche militari di Monino, vicino Mosca.

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