Fra tutti i leader bolscevichi, Lev Trotskij (1879-1940) era quello che, alla vigilia, aveva più chance di guidare l’Unione Sovietica dopo la morte di Lenin (che si spense il 21 gennaio 1924). Tuttavia, nella lotta politica, non fu in grado di sconfiggere il suo più acerrimo nemico: Stalin (1878-1953). E così per lui finì prima con l’esilio e poi con la morte violenta. Ma come ebbe inizio questo celebre scontro?
Specialisti militari
Il primo conflitto aperto tra i due leader della Rivoluzione ebbe luogo nell’estate del 1918, durante la difesa di Tsaritsyn (la futura Stalingrado; oggi Volgograd) assediata dai Bianchi. La città era di grande importanza, poiché era attraversata dalle vie di approvvigionamento del grano per le regioni della Russia centrale.
A giugno, Stalin, che a quel tempo ricopriva la carica di commissario del popolo (ministro) per le Nazionalità arrivò a Tsaritsyn per risolvere i problemi di organizzazione dei rifornimenti alimentari. Dopo essersi guadagnato la crescente approvazione di Lenin, ampliò i suoi poteri fino a includere questioni relative alla difesa della città.
“La linea ferroviaria a sud di Tsaritsyn non è stata ancora ripristinata”, scrisse Stalin a Lenin il 18 luglio: “Sprono e rimprovero tutti quelli di cui ho bisogno, e spero che presto la ripristineremo. Se i nostri “specialisti” militari (incapaci!) non avessero dormito e oziato, la linea non sarebbe stata interrotta, e se la linea sarà ripristinata, non sarà grazie ai militari, ma loro malgrado”.
Fu la questione degli specialisti militari, ex ufficiali dell’esercito imperiale, a diventare la pietra dello scandalo nel rapporto tra Stalin e Trotskij. Il futuro leader sovietico era decisamente contrario alla nomina di ufficiali zaristi ad alte cariche nell’Armata Rossa, ritenendoli inaffidabili, e pronti in ogni momento a tradire la causa della Rivoluzione.
Il commissario del popolo per gli Affari militari Lev Trotskij, invece, la vedeva in modo completamente differente. E grazie ai suoi sforzi, del personale militare professionale ben addestrato dell’esercito imperiale era stato trasferito al servizio dei bolscevichi. Tanto che c’erano più di 250 generali zaristi nell’Armata Rossa.
Il conflitto aperto
Stalin si assicurò che l’ex generale zarista Andrej Snesarev (1865-1937) fosse rimosso dalla guida del distretto militare del Caucaso settentrionale. I comandanti minori furono ancora meno fortunati. Con il sospetto di attività controrivoluzionaria, Stalin ordinò l’arresto dell’intera amministrazione dell’artiglieria, compresi anche gli ufficiali minori. Furono collocati sulla cosiddetta “chiatta della morte” (le prigioni galleggianti erano comuni durante la Guerra Civile) nel mezzo del Volga, dove molti morirono a causa delle dure condizioni di detenzione.
La nomina di Pavel Sytin, anche lui ex generale zarista, da parte di Trotskij a comandante del fronte meridionale creato a settembre, provocò un’altra forte opposizione da parte di Stalin. “È necessario discutere nel Comitato centrale del partito la questione del comportamento di Trotskij, che bistratta i membri più in vista del partito per compiacere i traditori nella scelta degli specialisti militari, a scapito degli interessi del fronte e della Rivoluzione. Bisogna sollevare la questione dell’inammissibilità del fatto che Trotskij emetta ordini personali… e riconsiderare la questione degli specialisti militari presi dal campo dei controrivoluzionari e non di partito”, scrisse in un telegramma a Lenin.
Stalin ignorò apertamente l’ordine di Trotskij secondo cui Sytin avrebbe avuto pieno potere sulle operazioni e stabilì persino un centro di comando alternativo. Spesso su molte risoluzioni del commissario del popolo per gli Affari militari, scrisse di suo pugno: “Ignorare”.
Il successo (momentaneo) di Trotskij
Stalin e Trotskij non riuscirono a raggiungere un accordo su nessuna questione riguardante la condotta della difesa della città. A poco a poco, il loro conflitto raggiunse un punto di aperta ostilità.
“In generale, la situazione è che Trotskij non può cantare senza falsetto, recitare senza gesti rumorosi, e io non avrei nulla contro i gesti se gli interessi della causa comune per tutti noi non ne fossero stati danneggiati. Pertanto, chiedo, prima che sia troppo tardi, di placare Trotskij e farlo rientrare nei ranghi, perché temo che gli ordini stravaganti di Trotskij causeranno discordia tra le truppe e il personale di comando e distruggeranno completamente il fronte”, scrisse Stalin a Lenin in un telegramma, il 3 ottobre.
Il giorno successivo, un furioso Trotskij telegrafò da Tambov a Lenin con la richiesta urgente di richiamare Stalin dalla città. In un eccesso di emozione, confuse persino le parole del telegramma: “Tsaritsyn deve obbedire o andarsene”.
Lenin si schierò con Trotskij, richiamando Stalin a Mosca il 19 ottobre. Nonostante i gravi disaccordi nel comando militare, la città non venne perduta dai Rossi. Cadde solo nell’estate del 1919 a seguito di una controffensiva fallita dell’Armata Rossa.
“Fu in questi giorni [di novembre, ndr], che, richiamato da Tsaritsyn, con profonda malizia e sete di vendetta nell’anima, Stalin scrisse il suo breve articolo dedicato all’anniversario della Rivoluzione”. Lo scopo dell’articolo era colpire il prestigio di Trotskij, e scatenare contro di lui l’autorità del Comitato Centrale, guidato da Lenin. “Questo articolo fu dettato dalla rabbia”, scrisse più tardi nelle sue memorie l’ex commissario del popolo per gli Affari militari.
Il conflitto di Tsaritsyn fu la prima tappa di un violento confronto a lungo termine tra due figure di spicco del movimento bolscevico. Finì solo il 20 agosto 1940, quando Trotskij, già precedentemente espulso dall’Urss, fu ucciso in Messico da un sicario su ordine di Stalin.
Intervista esclusiva a Lev Trotskij (attraverso i suoi diari)