Cinque comandanti stranieri che hanno raggiunto la gloria nella Marina o nell’esercito russo

Museo Ermitage; Collezione privata. Den Haag; Museo di Rybinsk; Dominio pubblico
Non potendo per qualche ragione fare carriera negli eserciti dei loro Paesi d’origine, questi ufficiali si trasferirono in Russia e mostrarono a tutti quanto valevano

1 / Patrick Gordon (1635-1699)

Prima di prendere servizio per la Russia, lo scozzese Patrick Leopold Gordon of Auchleuchries aveva servito negli eserciti di Svezia e Polonia. Si mise così brillantemente in mostra durante la Guerra russo-polacca (1654-1667) che l’ammirato ambasciatore russo a Varsavia, Zamjatnja Leontyev, lo persuase a passare dalla parte dello zar Alessio Mikhailovich.

Dopo molti anni trascorsi in guerra contro i turchi e i tartari di Crimea ai confini meridionali dello Stato russo, Patrick Gordon divenne un braccio destro di Pietro il Grande, aiutandolo a realizzare riforme su larga scala nel Paese. Ottimo teorico nel campo degli affari militari, divenne il “padrino” della Guardia russa e fu impegnato nell’addestramento al combattimento delle prime guardie. Insegnò loro anche varie tecniche innovative, introducendo in Russia nuovi principi di fortificazione, di allestimento degli accampamenti militari, e così via.

In veste di uno dei comandanti, lo scozzese prese parte alla Campagna d’Azov del 1695-1696, durante la quale la Russia fece il primo passo verso il consolidamento nella regione del Mar Nero. Al funerale di Patrick Gordon, morto nel 1699, Pietro il Grande disse: “Io gli do solo una manciata di terra, lui invece mi ha dato terre sconfinate fino al Mare d’Azov”. 

2 / Burkhard Christoph von Münnich (1683-1767)

Quando nel 1721 il conte sassone Burkhard Christoph von Münnich ricevette un invito a servire il sovrano russo Pietro il Grande, aveva già prestato servizio come ingegnere militare in quattro eserciti europei e aveva attraversato innumerevoli guerre. In Russia, tuttavia, il von Münnich (russizzato in Khristofor Antonovich Minikh) all’inizio fu principalmente impegnato in opere civili: fu a capo della costruzione di strade, porti e canali.

Quando Anna I di Russia salì al trono nel 1730, Minikh fu incaricato di riformare l’esercito. Fece un ottimo lavoro: mise in ordine le finanze dell’esercito, istituì scuole per le guarnigioni e ospedali per i feriti, fondò il primo corpo dei cadetti della nobiltà in Russia. Sotto di lui, apparvero nell’esercito russo i primi reggimenti di ussari e genieri, e furono costruite o modernizzate più di cinquanta fortezze.

Minikh si fece onore anche sul campo di battaglia come capo militare. Nel 1736, l’esercito russo al suo comando invase la Crimea per la prima volta nella storia e bruciò la capitale del Khanato di Crimea, Bakhchisaraj. Il 28 agosto 1739, il comandante sconfisse l’esercito, numericamente superiore, dell’Impero Ottomano (60 mila uomini contro 90 mila) nella battaglia di Stavuchany, perdendo solo 13 soldati (le perdite del nemico ammontarono a più di mille uomini). Questa vittoria fece svanire la leggenda degli “invincibili turchi” e segnò l’inizio di una serie di successi che accompagnarono le truppe russe nelle guerre contro la Turchia per tutto il XVIII secolo.

Vero soldato, Minikh non si orientava molto nella complessità degli intrighi di corte. Nel 1741, per ordine di Elisabetta di Russia (Elizaveta Petrovna), fu mandato in esilio nella regione degli Urali, dove trascorse vent’anni. Nel 1762, l’imperatore Pietro III permise a Minikh, che ormai aveva 78 anni, di tornare a San Pietroburgo. Il monarca, stravagante e imprevedibile, riuscì a mettersi tutto il suo entourage contro, il che alla fine portò al suo rovesciamento e all’ascesa di sua moglie, Caterina la Grande. Grato per il rilascio, il feldmaresciallo fu quasi l’unico rimasto fedele a Pietro III al momento del colpo di Stato. L’imperatrice però non punì il vecchio tedesco. Al contrario, realizzò il suo vecchio sogno: lo nominò governatore della Siberia (con ufficio a San Pietroburgo), carica che ricoprì fino alla sua morte, nel 1767.

3 / Samuel Greig (1736-1788)

Come molti scozzesi prima e dopo di lui, Samuel Greig faceva fatica a fare carriera nella Marina britannica. Quando seppe che la Russia aveva bisogno di validi ufficiali, non esitò a lungo.

Durante la Battaglia di Chesma (1770), una delle più gloriose della storia russa, Greig guidò un gruppo d’attacco di navi da fuoco che assestarono un colpo decisivo alla flotta ottomana. Come risultato della battaglia, il nemico perse 15 delle sue 16 navi, 6 fregate e 11mila tra soldati e marinai.

Samuel Greig si fece onore non solo in battaglia, ma anche per la sua opera nello sviluppo della Marina russa. Grazie a lui, l’artiglieria navale fu notevolmente migliorata, furono sviluppati nuovi tipi di navi e, per la prima volta in Russia, la carena delle navi iniziò a essere rivestita con fogli di rame, il che consentì di migliorare le loro prestazioni in termini di velocità.

4 / Robert Crown (1753-1841)

Nel 1788, un luogotenente di 34 anni della Marina britannica, lo scozzese Robert Crown, entrò in servizio nella Flotta russa del Baltico, dove ricevette il nome russo Roman Vasiljevich Kroun e comandò il veliero “Merkurij”. Non dovette aspettare a lungo il momento di mettersi alla prova in battaglia: in quello stesso anno iniziò la guerra con la Svezia (1788-1790).

Crown era determinato e coraggioso, e sapeva sempre scegliere il momento giusto per un attacco. Con solo 24 cannoni a bordo, attaccò coraggiosamente e andò all’arrembaggio della fregata da 44 cannoni Venus, e aiutò anche a catturare la nave Retvizan da 64 cannoni. Nella battaglia di Vyborg, il 3 luglio 1790, il suo “Mercurij” affondò 12 navi a remi svedesi.

La partecipazione alle successive guerre contro la Francia lo portò al vertice della carriera. Lo scozzese fece bella figura nell’invasione anglo-russa dell’Olanda, così come nel blocco navale dei porti francesi e danesi. Nel 1814, il vice ammiraglio Roman Kroun ricevette un onore speciale: sull’ammiraglia del suo squadrone, il re Luigi XVIII tornò in Francia dal suo esilio in Inghilterra.

5 / Lodewijk van Heiden (1772-1850)

Quando l’esercito francese occupò la Repubblica delle Sette Province Unite (Paesi Bassi) nel 1795 e costrinse il suo Stadtholder, il principe Guglielmo V di Orange-Nassau a fuggire, l’ufficiale di Marina Lodewijk Sigismund Vincent Gustaaf van Heiden rimase fedele al sovrano in esilio, e fu imprigionato per diversi mesi. Quando fu rilasciato, decise che ritornare in patria poteva essere molto pericoloso per lui e giurò fedeltà alla Russia.

Il conte, il cui nome fu russizzato in Login Petrovich Gejden, partecipò alle guerre contro la Svezia nel 1808-1809 e contro la Francia napoleonica, ma la battaglia principale della sua vita fu quella di Navarino, contro la flotta turco-egiziana, nel 1827.

Lo squadrone di van Heiden, che salì fino al grado di contrammiraglio, non solo resistette all’attacco del nemico, ma alla fine lo sbaragliò, attaccandolo al centro e sul fianco destro. La vittoria ebbe un ruolo significativo nel successo del movimento di liberazione nazionale greco, e la Grecia non ha dimenticato l’impresa del comandante di origini olandesi: nella capitale Atene c’è una strada a lui intitolata, a Navarino c’è un monumento eretto in suo onore e, con l’immagine di Login Petrovich Gejden è stato emesso persino un francobollo, in occasione del centenario della fondamentale battaglia.


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