Chiedete a qualsiasi persona che abbia vissuto negli anni sovietici cosa sia il “prodotto numero 2” (in russo: “изделие №2”; “izdelie nomer dva”) e vi risponderà immediatamente: “I preservativi!”. Il fatto è che inizialmente vennero prodotti dalla fabbrica Bakovskij, nella Regione di Mosca, che sfornava solo due tipi articoli: preservativi (articolo n. 2) e… maschere antigas (articolo n. 1). I numeri vennero assegnati in base allo spessore della gomma: più sottile era, maggiore era il numero di serie.
La fabbrica di prodotti in gomma Bakovskij iniziò a lavorare alla fine degli anni Trenta. Secondo alcune fonti, la produzione di preservativi nel Paese era particolarmente sostenuta dal braccio destro di Stalin, Lavrentij Berija, che a quanto pare sfruttava spesso la sua posizione di potere per costringere molte delle donne più belle dell’Urss ad andare a letto con lui.
Durante la Seconda guerra mondiale, la fabbrica, naturalmente, fu riconvertita unicamente alla produzione militare e tornò a fare preservativi solo alla metà degli anni Cinquanta. All’anno, lo stabilimento Bakovskij produceva circa 200 milioni di pezzi del “prodotto n. 2”. In seguito, la produzione di preservativi iniziò anche a Kiev e ad Armavir (nel Territorio di Krasnodar).
Differivano molto da quelli moderni: i profilattici erano fatti di gomma senza l’aggiunta di alcun lubrificante. Venivano però cosparsi di polvere di talco in modo che non si appiccicassero.
L’odore, inoltre, non lasciava certo alcun piacevole ricordo di un appuntamento dal risvolto erotico. Inoltre, la sensibilità ne soffriva: secondo gli standard statali, lo spessore della gomma doveva essere di 0,09 mm, ovvero quasi due volte più di oggi: 0,05 mm.
Sotto Khrushchev, i preservativi iniziarono a essere prodotti in tre dimensioni, il che aggiunse situazioni piccanti e imbarazzanti nelle farmacie, dove gli acquirenti dovevano esplicitare le dimensioni desiderate.
Un preservativo in farmacia costava 10 copeche. Per fare un confronto: un litro di latte ne costava 28, una pagnotta, 24.
La qualità dei preservativi non era all’altezza: molti si rompevano e in generale causavano disagi a causa dello spessore e della rigidità. Solo negli anni Ottanta, nella fabbrica Bakovskij iniziò la produzione a controllo elettronico di articoli in lattice.
Ma anche prima, alcuni cittadini sovietici acquistavano preservativi di qualità migliore al mercato nero. “Era possibile comprare dai fartsovshchik profilattici di fabbricazione estera, persino con scanalature e rilievi per aumentare il piacere, per 3-5 rubli. Non è una leggenda metropolitana che li lavassimo”, affermano delle persone che erano giovani a quell’epoca.
Nel Paese, l’uso del preservativo era ovviamente indirizzato alla protezione dalle malattie sessualmente trasmesse. Ma questo prodotto ebbe anche una miriade di altri utilizzi.
Erano molto richiesti da turisti, geologi e pescatori: al suo interno potevano essere conservati campioni di suolo, sigarette, fiammiferi, sale… Durante le lunghe escursioni nella natura russa era un contenitore senza pari, quanto a leggerezza, chiusura ermetica e protezione dall’umidità. Dicono che il preservativo prodotto dalla fabbrica Bakovskij tenesse senza scoppiare fino a un litro e mezzo di acqua. Bene, gli adolescenti, ovviamente, ci giocavano: li riempivano e li gettavano dai balconi come gavettoni.
“I preservativi avevano un ampio spettro di utilizzo: in primo luogo, per l’inscatolamento del cibo, quando c’era carenza di coperchi, e in secondo luogo, come calosce per gli animali domestici. Il mio primo bulldog soffriva un sacco in inverno, quando le strade erano cosparse di sale, e così iniziai a proteggergli le zampe”, racconta su Internet una donna russa. “Mi vergognavo ad andare personalmente a comprare un tale quantitativo (erano necessari 8 pezzi al giorno); e mio marito si rifiutava perché era necessaria la dimensione più piccola in assoluto perché non si sfilassero dalle zampe del cane. La mia migliore amica un giorno andò urlò, dalla porta della farmacia: ‘Avete preservativi piccoli? Ho bisogno di 300 pezzi!’”.
Dopo il crollo dell’Urss, nel 1991, profilattici indiani e cinesi a basso prezzo invasero il mercato russo con le loro scatole colorate e i prezzi estremamente competitivi. La fabbrica Bakovskij cercò di uscire dalla crisi offrendo, tra le altre cose, opzioni insolite, ad esempio preservativi ornati con la tradizionale pittura ceramica Gzhel. A un certo punto, però l’impianto è stato riconvertito alla produzione di palloncini. Ma non è comunque bastato: nel 2019 la storica industria Bakovskij è stata dichiarata fallita, e la società è andata in liquidazione nel marzo 2020.
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