Perché un re di Francia scappò per ben due volte in Russia?

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Si tratta di Luigi XVIII, che, nei difficili anni per la monarchia seguiti alla Rivoluzione francese, trovò ripetutamente asilo in terra russa, anche se si lamentò delle condizioni, e subì un’ingiuriosa cacciata

La Rivoluzione francese costrinse la maggior parte dell’aristocrazia a lasciare la Francia e a cercare rifugio presso le Corti dei sovrani europei. Tra questi nobili c’erano molti rappresentanti della dinastia rovesciata in Francia, quella dei Borboni, guidata dal “re senza regno”, Luigi XVIII (1755-1824).

Il conte si era autoproclamato re di Francia nel 1795, dopo che il precedente monarca (mai incoronato), Luigi XVII (Luigi Carlo di Borbone), era morto in prigionia, ad appena dieci anni d’età, nella Torre del Tempio di Parigi.

I sovrani europei riconobbero lo status di rifugiato a Luigi XVIII, ma non poterono dargli asilo troppo a lungo. La repubblica francese dava la caccia agli odiati Borboni anche all’estero e spesso, con la forza o corrompendo chi di dovere, costringeva i Paesi europei a scacciare la Corte di Luigi XVIII dal loro territorio.

Il monarca senza regno, ormai completamente disperato, trovò inaspettatamente una nuova casa nella lontana e fredda Russia. E l’autocrate russo gli concesse tali elargizioni, che prima non si sarebbe neppure potuto sognare.

Una Versailles in Russia

Inizialmente, l’imperatore Paolo I (il figlio di Caterina la Grande; sul trono dal 1796 al 1801) propose al re di stabilirsi nella città tedesca di Jever, in Frisia, che da qualche anno apparteneva alla corona russa. Ma poiché era pericolosamente vicino all’Olanda occupata dalle truppe francesi, la proposta fu respinta.

Di conseguenza, Luigi XVIII ricevette un palazzo a Mitava (l’attuale Jelgava, in Lettonia), dove la sua corte si trasferì nel 1798. Come guardia personale, Paolo gli assegnò un centinaio di soldati della celebre Armata Realista di Condé, che a quel tempo aveva già trovato rifugio e mantenimento economico in Russia.

Il capriccioso re francese, tuttavia, non era completamente soddisfatto di quanto gli era stato dato: “Paolo I mi ha sistemato alla bell’e meglio. Le camere per me, la regina e il duca d’Angoulême sono arredate in modo molto lussuoso; ma non si è preso la briga di preparare le stanze per il mio seguito. In questo enorme castello abbiamo trovato solo muri spogli… Ho dovuto comprare a spese mie tutto il necessario per arredarlo”. E questo, nonostante in altri Paesi avesse vissuto in condizioni decisamente peggiori.

L’imperatore russo fu offeso da tale ingratitudine. E raffreddò il suo profondo sentimento di rispetto per il monarca francese.

Un improvviso colpo di scena

Non furono però questi risentimenti personali a far bruscamente decidere l’imperatore Paolo I a far cessare la vita tranquilla del re francese nella sua “piccola Versailles” russa e a chiedere ufficialmente a Luigi XVIII di lasciare il Paese. Il motivo fu la grande politica.

L’imperatore russo era diventato sempre più disilluso nei confronti dei suoi alleati della coalizione anti-francese. Il primo motivo di irritazione fu dato dagli austriaci, che se ne stettero al sicuro nelle retrovie mentre le truppe russe versavano il loro sangue in battaglie con i francesi nel Nord Italia e sulle montagne della Svizzera.

La goccia che fece traboccare il vaso fu il comportamento della Gran Bretagna, che nel settembre del 1800, dopo aver messo fuori combattimento la guarnigione francese a Malta, decise di tenersi l’isola, invece di restituirla ai legittimi proprietari, i cavalieri dell’Ordine di Malta.

Paolo, che era gran maestro dell’Ordine si infuriò, e interpretò questo passo come un insulto personale. E la sua linea in politica estera cambiò radicalmente: la Russia iniziò a cercare la riconciliazione con la Francia.

Di nuovo in viaggio

Napoleone, Primo console della repubblica francese (si sarebbe fatto incoronare “Imperatore dei francesi” solo nel 1804), da politico visionario qual era, andò con impazienza a incontrare l’autocrate e liberò seimila soldati russi dalla prigionia. Iniziò un’attiva corrispondenza tra i due sovrani, vennero discussi i piani per un’alleanza militare e persino una campagna per impadronirsi dell’India britannica. “Insieme a Sua Maestà, cambieremo il volto del mondo”, dichiarò Napoleone al console russo a Parigi, con parole che deliziarono Paolo. 

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In tali condizioni, le prospettive per la corte del re francese in Russia divennero molto cupe. Il 19 gennaio 1801, ricevette l’ordine dall’imperatore di lasciare immediatamente il Paese. Luigi XVIII voleva scrivere una lettera a Paolo, ma la penna gli cadde di mano.

Privato della residenza e della sua guardia, il re lasciò Mitava e si diresse verso il confine occidentale della Russia. “Ero in terribile difficoltà. Non avevo soldi, e potei ottenerli solo con un prestito da commercianti che accettarono di darmeli solo di fronte alla parola d’onore di un re”, ricordò Luigi XVIII. Invece che nel sontuoso palazzo di Jelgava, dovette passare la notte in locande lungo la strada, e una volta un ufficiale russo si rifiutò categoricamente di dargli le camere, pur sapendo molto bene di avere davanti a sé il re di Francia.

Mentre era a Varsavia, città che a quel tempo apparteneva alla Prussia, Luigi venne a sapere dell’omicidio di Paolo, in seguito a una cospirazione di Corte, nella quale ebbe un ruolo non di secondo piano la Gran Bretagna. “Non riesco a esprimere quello che mi è successo quando ho scoperto questo evento… Ho dimenticato tutte le sue ingiustizie nei miei confronti e ho pensato solo alla morte che gli era capitata”, scrisse il re. 

Il rientro in Russia

Alessandro I, che salì al trono, tornò subito alla politica anti-francese e invitò Luigi XVIII a stabilirsi di nuovo in Russia. Il re approfittò però dell’offerta solo nel 1804, quando, sotto la pressione di Napoleone, il re prussiano Federico Guglielmo III, “morbido e debole, come la gran parte della brava gente”, gli chiese di lasciare Varsavia.

La corte reale si stabilì nuovamente nella sua “piccola Versailles” a Mitava (Jelgava). Qui, nella primavera del 1807, ebbe luogo un incontro storico tra Luigi XVIII e l’imperatore Alessandro I, che, secondo quando affermò poi il francese, promise che non lo avrebbe mai abbandonato e che per lui “ci sarebbe sempre stato un posto nel suo potente Paese, così come nella sua amicizia personale”.

In realtà, Alessandro, a differenza di suo padre Paolo I, non aveva una grande opinione del re di Francia. Dopo l’incontro, disse ai suoi collaboratori che quell’uomo insignificante non avrebbe mai potuto regnare. E per tutta la vita mantenne quell’idea poco lusinghiera di Luigi XVIII e di tutti i Borboni.

Nuove nubi sul destino di Luigi XVIII

Luigi sperava che il suo “fratello” Alessandro I di Russia potesse schiacciare l’odiato “corso” e restituirgli il trono. Ma questo sogno crollò con la sconfitta della quarta coalizione anti-francese. I due imperatori fecero pace a Tilsit (l’attuale Sovetsk, nella regione di Kaliningrad), nel 1807, e la Russia si schierò nuovamente con Napoleone, grazie soprattutto al patto segreto di mutua assistenza in chiave antibritannica.

Ormai consapevole, per amara esperienza, di come sarebbe andata a finire, il re di Francia si rese conto che presto avrebbe ricevuto di nuovo un messaggio spiacevole. Come scrisse uno dei suoi più stretti collaboratori, Ambroise-Polycarpe de La Rochefoucauld, primo duca di Doudeauville, “i rapporti amichevoli sorti dopo la Pace di Tilsit tra i due ex nemici, spinsero il rattristato Luigi XVIII a lasciare di nuovo la Russia, questa volta, tuttavia, non forzatamente, ma in modo del tutto volontario.”

Il re errante andò in Svezia, e poi in Inghilterra, dove rimase fino a quando riuscì a realizzare il suo sogno e salì sul trono francese, nel 1814 (dove rimase per dieci anni, fino alla morte). Anche se il suo “amico e benefattore” Alessandro I, al momento della Restaurazione, fu l’unico tra gli influenti sovrani europei a opporsi al ritorno dei Borboni al potere.


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