Quattro ragioni per cui la nobiltà russa era bilingue e parlava benissimo in francese

Storia
GEORGY MANAEV
Nel XVIII e XIX secolo i rampolli delle famiglie di sangue blu della Russia potevano persino avere qualche problema a esprimersi in russo, o farlo con un forte accento. Ma perché?

Una volta, quando il principe Dmitrij Golitsyn (1771-1844), Governatore militare di Mosca, si arrabbiò e iniziò a imprecare in russo, i suoi sottoposti, pur spaventati, riuscivano a malapena a non ridere sotto ai baffi. Il fatto è che anche le parolacce più turpi avrebbero suscitato ilarità se pronunciate con quell’accento francese, tipico dell’élite.

La lingua madre del principe Golitsyn, infatti, non era il russo, ma il francese. Aveva trascorso la maggior parte della sua giovinezza in Francia, e quando, nel 1820, divenne il governatore di Mosca, tutti notarono che parlava russo con un forte accento e scriveva in russo con errori incredibili.

Per la Russia del XIX secolo, questo era normale, perché tutti i membri della nobiltà parlavano tra di loro in francese, e persino il conflitto militare con la Francia napoleonica aveva fatto un po’ da freno a questa abitudine, ma senza fermarla. Eccone i principali motivi.

1 / La nobiltà russa aveva bisogno di una lingua che i servitori non capissero

Il primo Hermitage in Russia fu costruito a Peterhof, un sobborgo di San Pietroburgo, per ordine di Pietro il Grande. Gli “Eremitaggi” in quei tempi erano padiglioni del parco progettati per il relax della nobiltà. In questi padiglioni i nobili potevano “nascondersi” dai loro servi, perché i servi erano ammessi solo fino al primo piano dell’edificio.

La caratteristica principale di tali edifici (incluso quello di Peterhof) era un meccanismo di elevazione utilizzato per sollevare il cibo preparato dai servitori dal primo piano al secondo, in modo che i servitori non avessero la possibilità di ascoltare le conversazioni dei loro padroni.

Pietro il Grande (1672-1725) e i suoi amici cenarono in questo hermitage in numerose occasioni. All’epoca in Russia non parlavano ancora fluentemente il francese, ma era già chiaro a tutti che c’era bisogno di una qualche lingua franca per potersi esprimere in libertà, senza il timore di essere “intercettati”. Quando si parla di milioni di rubli o milioni di vite, non vuoi che il tuo portiere o la tua lavapiatti ne vadano a chiacchierare in giro. Il francese assunse tale ruolo di lingua franca. Ma perché non l’inglese o il tedesco (visto che c’erano molti tedeschi nell’Impero Russo)?

2 / Il francese era diventata la lingua internazionale della politica in Europa

Nell’Europa dell’età moderna (dal 1500), il latino era la lingua internazionale della scienza e della diplomazia. Difficile da padroneggiare e complessa, la conoscenza di questa lingua distingueva le persone altamente istruite. Fino al XVIII secolo, il latino rimase la lingua di riferimento per gli scienziati, ma nelle relazioni internazionali il francese aveva già preso il suo posto.

Nel 1539, il francese divenne la lingua ufficiale della Francia e un secolo dopo, nel 1635, fu fondata l’Accademia di Francia, per riformare la lingua francese. Fu creata una serie di regole grammaticali e, nel 1648, i trattati della Pace di Vestfalia furono i primi documenti internazionali di così grande importanza a essere scritti in francese.

La Pace di Vestfalia definì la nuova realtà europea degli Stati sovrani, in cui il francese era la nuova lingua della diplomazia. Dalla metà del XVII secolo, anche diplomatici e scienziati russi iniziarono a studiare il francese.

3 / Numerosi precettori francesi affollarono la Russia dopo la Rivoluzione del 1789

Nell’Impero russo del XVIII secolo, solo i più ricchi potevano permettersi un’educazione europea decente per i loro figli, mandandoli all’estero per studiare. I nobili meno facoltosi di solito invitavano precettori dalla Francia: venivano assunti per vivere nelle tenute e prendersi cura dei bambini e dei ragazzi. Musica, ballo, equitazione ed etichetta sociale venivano insegnati a ragazzi e ragazze; i ragazzi praticavano anche la scherma, mentre le ragazze si concentravano sulle arti.

Prima della Rivoluzione francese, molti di questi precettori erano piccoli criminali, truffatori e spesso non avevano neanche un’istruzione superiore. “Una volta, nel 1770”, ha scritto lo studioso russo Jurij Lotman, “un legato francese a San Pietroburgo riconobbe il suo ex cocchiere come uno dei ‘professori di francese’ di San Pietroburgo”. Ancora peggio, una volta un detenuto francese fuggito, marchiato come tutti i detenuti francesi con il fleur-de-lis, il giglio araldico dei Borboni, lo usò in Russia per farsi passare da principe borbonico, e quasi sposò la figlia di un nobile, prima che fosse smascherato da dei russi meno creduloni.

La situazione cambiò dopo la Rivoluzione francese, quando un gran numero di francesi istruiti (tra cui molti monarchici) se ne andarono dal loro Paese d’origine, fuggendo dalle atrocità del Terrore. Furono accolti nell’Impero Russo, una monarchia assoluta all’epoca, proprio come lo era stata la Francia.

Dalla fine del XVIII secolo, avere un precettore di lingua francese in famiglia divenne un must per quasi tutte le famiglie nobili russe. Adesso erano meglio istruiti e insegnavano il vero francese e le buone maniere francesi. In campagna, insegnavano nei collegi, mentre nelle capitali venivano assunti dalle famiglie nobili più ricche come precettori fissi, e risiedevano nelle tenute e nei manieri di famiglia.

4 / La conoscenza del francese distingueva la nobiltà dal volgo

La nobiltà russa del XIX secolo in poco tempo iniziò a parlare con scioltezza in francese. Molti aristocratici, proprio come il principe Dmitrij Golitsyn, erano più a loro agio con il francese che con il russo. La cultura francese dominava poi la scena. Circa il 70 per cento dei libri nella biblioteca di un nobile russo era in francese. George Byron, William Shakespeare, Walter Scott, Heinrich Heine e altri autori europei venivano letti dai russi nelle traduzioni francesi. Solo più tardi, nel XIX secolo, la letteratura inglese in lingua originale entrò nel programma culturale del nobile russo.

Il francese continuò a essere usato come lingua esclusiva nelle lettere d’amore e nella corrispondenza privata, anche dopo che Nicola I, che fu incoronato nel 1826, ordinò che tutti i documenti statali fossero scritti solo in russo. La nobiltà russa del XIX secolo può sicuramente essere considerata bilingue. E la conoscenza del francese era un mezzo rapido ed efficace per consentire loro di riconoscersi l’un l’altro e di individuare un eventuale impostore.

I francesi dell’epoca riconoscevano la competenza dei russi nella loro lingua e cultura. Nel romanzo “Il rosso e il nero” (1830) di Stendhal, il protagonista, Julien Sorel, osserva il principe Korazov, un nobile russo insegnare a un giovane francese i modi più raffinati della società. Con Korazov, Julien “ha davvero imparato il significato della sublime fatuità”, scrive Stendhal, dimostrando che i russi nell’Europa del XIX secolo erano i veri portatori e difensori della cultura delle classi alte.


In quali lingue si esprimevano i Romanov?