Piccoli zar crescono: come venivano educati i figli dei sovrani russi

Sputnik
Chiusi agli occhi del mondo fino ai 5 anni per evitare il malocchio, le strade di maschi e femmine si separavano a quell’età. I bambini dovevano poi giocare alla guerra, imparare a memoria tutti i Salmi e il Nuovo Testamento, e mangiare un sacco (ma mai i crauti!)

Una frotta di messaggeri viene inviata in tutte le città russe dal Cremlino di Mosca, chiese e monasteri ricevono donazioni ingenti in nome dello zar, e i condannati per crimini non gravi vengono graziati. Intanto, i funzionari di ogni città preparano i loro cavalli per andare a Mosca a portare regali.

Se accade tutto ciò, significa che un bambino è da poco nato nella famiglia dello zar di Mosca. Ma che futuro lo attende? Quali saranno i passi necessari per trasformare quel neonato in un futuro autocrate?

In completo isolamento al Cremlino

Fino all’età di 5 anni, sia le figlie che i figli dello zar e della zarina vivevano nella parte del palazzo riservato alle donne, sorvegliati da un piccolo esercito di balie, tate e domestiche. La zarina, la mamma, poteva giocare con il figlio quanto voleva, ma allevare il bambino, lavarlo, dargli da mangiare e metterlo a dormire era esclusiva responsabilità della servitù.

Ma perché il bambino veniva tenuto al chiuso del palazzo fino a quando non aveva 5 anni? Perché gli zar russi erano estremamente superstiziosi e avevano paura della magia nera. Come scrive la storica Vera Bokova nel suo libro “Detstvo v tsarskom dome” (“L’infanzia nella casa dello zar”), la levatrice che aveva fatto nascere il bambino era uno dei principali servitori che si sarebbero occupati di lui: sapeva tutto ciò che riguardava la sua salute e, in assenza di medici veri e propri, era l’autorità principale in materia di medicinali, e anche di pozioni magiche. L’ostetrica faceva in modo che la luce della luna non cadesse sulla culla del bambino (per una buona notte di sonno) e lo proteggeva dal malocchio: si assicurava che nessuno guardasse il bambino mentre dormiva, gli spalmava della fuliggine dietro all’orecchio e, prima di ogni incontro con una persona nuova, gli metteva un po’ si sale sulla testa, sotto il copricapo.

Fino a 5 anni, solo parenti stretti e servitori potevano vedere i figli dello zar. Se andavano in chiesa, i domestici li coprivano alla vista degli estranei con pesanti tendaggi. I bambini viaggiavano in carrozze con i finestrini oscurati e il cortile in cui giocavano era chiuso. Tuttavia, i bambini dello zar avevano i loro compagni di gioco: alcuni bambini di famiglie nobili a cui era permesso giocare con i piccoli discendenti del sovrano.

Grassocci e pieni di giochi

Gli zar russi non mangiavano i cavoli. Erano considerato un “cibo contadino” e in effetti era il piatto più frequente sulla tavola di chi lavorava la terra. Ma i crauti contengono molta vitamina C, essenziale per la salute. Non sorprende che i primi Romanov soffrissero di scorbuto (una malattia causata da una carenza di vitamina C, caratterizzata da gengive sanguinanti gonfie e dalla riapertura di ferite precedentemente guarite). I bambini dello zar erano però nutriti in abbondanza. Se un bambino iniziava a piangere, riceveva immediatamente una manciata di torte, dolci, noci, ecc. Ai piccoli venivano serviti cinque pasti al giorno, e tra l’uno e l’altro avevano sempre accesso illimitato a una tavola imbandita.

Questo è il motivo per cui tutti gli zar e le zarine russi erano così paffuti. I russi erano anche sicuri che la severità fosse dannosa per lo sviluppo di un bambino così importante, quindi le tate parlavano con i loro piccoli solo con un tono dolce e aggraziato, usando molti diminutivi e vezzeggiativi. E, naturalmente, i piccoli non erano mai puniti, e solo leggermente rimproverati.

Ma i bambini sono bambini e tutti amano i giocattoli. Anche gli adulti potrebbero invidiare l’abbondanza di giocattoli che gli zar russi avevano da piccoli. Casette giocattolo, trottole, scacchi, dama, giocattoli meccanici europei: scatole musicali, uccelli e soldati a carica; strumenti musicali: dalle semplici trombe ai clavicordi decorati in modo regale. Un posto speciale nelle stanze dei ragazzi era riservato ai giocattoli militari: archi e frecce, divise in miniatura, asce, coltelli, pistole, carabine, sciabole e spade.

Il giocattolo più amato in assoluto era il cavallino che ogni ragazzo della famiglia dello zar aveva. Ma Pietro il Grande ebbe ancora di più: da bambino gli fu donata una carrozza in miniatura trainata da quattro pony. E invece dei soldatini, aveva servi nani vestiti da guardie reali; un piccolo esercito!

Anche il padre di Pietro, Alessio di Russia, si era divertito molto da bambino: alcuni uomini erano addirittura costretti a combattere con gli orsi per intrattenerlo, e assisteva con piacere alle esibizioni dei giullari di corte. All’età di 7 anni, imparò a giocare a scacchi e, a 8 anni a tirare con l”arco. Ma gli esercizi militari erano già parte di un’altra vita, che iniziava solo dopo che i bambini si erano trasferiti dal quartiere femminile del palazzo alle loro stanze.

Punizioni e studio matto e disperatissimo

Per quanto riguarda le figlie dello zar, tutta la loro vita doveva essere trascorsa in solitudine. Anche dopo i 5 anni, rimanevano nei quartieri delle donne del palazzo, che raramente lasciavano. I maschi iniziavano invece una vita completamente diversa. Tutte le tate e le infermiere cessavano le loro cure e i ragazzi iniziavano a vivere nel quartiere degli uomini, sotto la supervisione di un mentore, di solito un rispettato boiardo.

La sua missione era insegnare al ragazzo a leggere, scrivere, cavalcare e comportarsi in modo aristocratico. Gli zar russi dovevano conoscere le buone maniere, in modo da escludere qualsiasi possibilità di essere derisi. Così ai piccoli zar veniva insegnato a camminare e muoversi lentamente, maestosamente, senza alcun tipo di fretta.

Il boiardo scelto come mentore sarebbe diventato l’unica persona con il diritto di punire i bambini reali. L’educazione in quei tempi era basata sulla letteratura cristiana, ad esempio su Giovanni Crisostomo, che aveva scritto: “Una punizione spaventosa attende quei bambini che non si sottomettono all’autorità dei loro genitori”. Le verghe di betulla, usate per le punizioni corporali, attendevano il bambino se non studiava bene, se era pigro o disobbediva. Un duro cambiamento rispetto ai dolci discorsi delle tate e della levatrice!

Ma cosa studiavano? Solo pochi studenti contemporanei potrebbero padroneggiare il programma del piccolo zar. Il metodo principale era studiare a memoria. Quando il bambino sapeva già leggere, iniziava a imparare brani tratti dai testi sacri. Il Libro dei salmi (150 tra inni religiosi, lodi e suppliche al Signore), il Libro delle ore (preghiere giorno per giorno), gli Atti degli Apostoli, il Nuovo Testamento. Inoltre, diverse raccolte di inni religiosi. Quindi, la cerchia di lettura dei giovani zar era davvero impressionante. A scrivere il piccolo dal sangue blu iniziava verso gli 8 anni e, allo stesso tempo, ai ragazzi veniva insegnato a leggere note e cantare inni religiosi, il che proseguiva per altri 2 o 3 anni. Quando il ragazzo compiva 16 anni, era considerato maggiorenne e iniziava la ricerca di una sposa.

Questa educazione serviva a qualcosa?

I figli dello zar venivano allevati allo stesso tempo come piccoli teologi e piccoli guerrieri. Con la stessa competenza potevano combattere e prendere parte a dispute su temi religiosi. Ma era esattamente ciò di cui avevano bisogno dei sovrani?

Ovviamente no. Ai piccoli zar non venivano insegnati l’economia, le lingue straniere, la strategia militare e molte altre cose necessarie in un mondo che cambiava. La fine di questa educazione “tradizionale” avvenne a metà del XVII secolo. Alessio di Russia, il padre di Pietro il Grande, fu il primo zar che iniziò a includere alcuni elementi dell’educazione europea nello studio dei suoi figli. Il suo primo figlio, Aleksej Alekseevich (1654-1670), studiò il latino, l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e persino imparò poesie.

Tuttavia, Pietro il Grande andò ancora oltre. Studiò sì i Salmi e il Nuovo Testamento, ma fece sempre un po’ quello che voleva. Così, quando aveva 12 anni, ordinò che diversi strumenti e macchine fossero portati nel suo palazzo. Il lavoro fisico fino ad allora era considerato “disdicevole” per uno zar, ma Pietro imparò a scalpellare la pietra, a stampare e rilegare libri, a scolpire il legno e a costruire navi. Stava arrivando una nuova epoca, in cui anche lo zar aveva bisogno di una qualche forma di professionalità. Sotto il regno di Pietro, il vecchio ordine della vita di Corte rimase solo nei quartieri femminili dei palazzi di Mosca, e svanì poi definitivamente verso la metà del XVIII secolo.


L’affascinante e noiosa vita delle zarine russe

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