Joanna Stingray, l’americana che saltò la Cortina di ferro e si sposò con una rockstar sovietica

Joanna Stingray
Californiana, era figlia di un autore di film di propaganda anticomunista. Eppure, nel 1984 sbarcò a Mosca e Leningrado, e questo viaggio le cambiò la vita

“Mi ricordo il giorno in cui io, come Alice nel celebre libro, caddi nella tana del coniglio. Era il marzo 1984 e il mio aereo atterrò all’aeroporto internazionale Sheremetevo di Mosca”, scrive Joanna Stingray nel suo nuovo libro “Stingray in Wonderland”.

Avventurarsi oltre la Сortina di ferro non era un suo sogno, ma tutto cambiò dopo un viaggio in Unione Sovietica. Lì, negli anni, sposò due musicisti russi e divenne la prima producer di musica rock russa negli Stati Uniti.

“Non andare mai al di là della Cortina di Ferro”

Nata a Los Angeles, California, nel 1960, da bambina a Joanna veniva sempre ripetuto che l’Urss era un Paese malvagio. Suo padre, Sidney Fields, aveva anche scritto e diretto nel 1962 un popolare documentario di propaganda contro l’Unione Sovietica chiamato “The Truth About Communism” (in cui la voce narrante era quella di Ronald Reagan) e metteva in guardia sua figlia di non recarsi in Urss. “Credevo a mio padre”, scrive. “La Russia non mi interessava affatto in quella fase della mia vita.”

I suoi genitori divorziarono e sua madre sposò un ricco avvocato. Alla fine, Joanna si concentrò sul diventare una rockstar, ma nel 1984, quando la sua carriera musicale deragliò, il destino la indirizzò verso l’Urss, dove sua sorella era diretta per un programma di scambio studentesco. “Non potevo prevedere quanto sarebbe stato importante questo viaggio per il mio futuro”, scrive.

L’innamoramento per la Russia

Dopo la sua prima visita nel 1984, durante la quale incontrò Boris Grebeshikov (che lei definisce “un Bob Dylan russo”) e altre famose personalità del rock russo underground di Leningrado (oggi San Pietroburgo), Joanna rimase affascinata.

“Non ero ancora partita e già avevo iniziato a pianificare la mia prossima visita. Il centro della città, che era un po’ scassato ma così affascinante, mi fece scoprire qualcosa che non avevo mai pensato che esistesse”, ricorda. Joanna si affezionò allo stile di vita locale e non fu scoraggiata dal dover fare la fila per la spesa o dal dover usare vecchi giornali al posto della carta igienica.

Una nemica di entrambi gli Stati?

Negli anni che seguirono, visitò spesso l’Unione Sovietica, contrabbandando doni americani ai suoi amici russi e musica russa negli Stati Uniti. Produsse anche la prima compilation di “rock nemico”. Si chiamava “Red Wave – 4 Underground Bands From The USSR” (1986). 

Fin dall’inizio, Joanna fu seguita e persino interrogata dagli agenti del Kgb sovietico, e contattata dall’Fbi in patria. Entrambe le agenzie pensavano che fosse una spia. Durante uno dei suoi primi incontri con il Kgb, venne rinchiusa in una stanza da due agenti. “All’improvviso, attraverso il fumo di sigaretta, due uomini mi apparvero davanti”, scrive.

Tutto ciò che seguì fu come qualcosa uscito da un film di Hollywood, mentre la interrogavano con rabbia in un inglese stentato. “Ho capito che se avessi detto loro il mio nome non mi avrebbero mai permesso di venire di nuovo”, ricorda. “Quasi senza fiato, mi sono sentita dire: ‘Sono una cittadina americana. Se volete sapere il mio nome, chiamate il consolato’”. Alla fine la lasciarono andare.

Il matrimonio con un russo

Poi, nel 1987, quando decise di sposare il chitarrista Jurij Kasparjan, il suo visto venne bloccato. Per qualche motivo le autorità sovietiche la misero nella lista nera, ma lei non si arrese. Sua madre le disse persino che forse era il segno che doveva lasciar perdere l’Urss. “Non posso vivere senza la Russia!”, le urlò contro lei. “È nel mio sangue. Preferirei essere in un carcere russo piuttosto che nella tua casa di lusso!”.

Dopo mesi di attesa, finalmente trovò un modo per tornare e sposarsi. Cambiò il suo cognome da Fields a Stingray e entrò nell’Urss da Helsinki, il che le dava il permesso di restare nel Paese per alcuni giorni senza visto. “Due novembre 1987”, scrive. “Il fatto che mi sono sposata così facilmente dimostrò non solo la mia fiducia nel mio destino fiabesco, ma anche quello che sapevo già di questo vasto Paese super burocratizzato: la Russia non era una macchina occhiuta spaventosamente perfetta ma piuttosto una specie di mostriciattolo… A volte ci potevano volere mesi affinché le informazioni di sicurezza potessero viaggiare tra istituzioni e città, e potevano persino perdersi per strada.”

Il matrimonio non durò però: Jurij e Joanna hanno divorziato nei primi anni Novanta, e poi lei ha messo su famiglia con un altro musicista russo, Aleksandr Vasiljev. Si sono trasferiti in America a causa delle preoccupazioni di Joanna per l’inquinamento ambientale e l’instabilità generale in quella che ora era la Federazione Russa.

Nel 2004 è tornata in Russia, questa volta con sua figlia Maddison. Dopo dieci anni il suo matrimonio con Vasiljev è giunto al termine. Joanna è ora sposata con un collega americano, ma ama ancora la Russia. Di recente, all’inizio di aprile, è tornata di nuovo qui con Maddison per presentare il suo nuovo libro.

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