C’erano una volta monumentali idee incarnate nell’architettura gigantesca delle fabbriche; c’erano l’ideologia del lavoro e della proprietà collettiva. Oggi non restano che le rovine di un’eredità simbolica. Il fotografo Sasha Gentsis (nato a Mosca nel 1971) ha lavorato per oltre quattro anni negli enormi stabilimenti della fabbrica automobilistica sovietica Zil in disfacimento, documentando quel mondo che stava scomparendo (ora la zona è stata quasi completamente bonificata, nel quadro di un vasto piano edilizio).
Il risultato è il progetto “Surrealismo socialista”, che mostra il destino degli impianti industriali socialisti nel mondo contemporaneo, e che rimarrà in esposizione al Museo ebraico e Centro della tolleranza di Mosca dal 18 ottobre al 2 dicembre 2018.
Il senso profondo delle 16 foto di grande formato è proprio nel contrasto tra l’utopia del socialismo e la routine quotidiana. Per il suo progetto, Gentsis si è aggirato nei reparti già chiusi e cadenti e in quelli in cui al momento degli scatti erano ancora presenti operai, chiacchierando con loro e raccogliendo storie sul gigante di epoca sovietica. Quello che ha ottenuto è non solo una documentazione dell’ideologia e dell’industria sovietica, quanto il racconto dell’atmosfera, dell’energia e delle spropositate dimensioni di quei tempi leggendari. Ormai lontano il realismo socialista, quel che rimane è il surrealismo della sua eredità materiale ed emozionale. E proprio grazie anche all’intervento di Gentsis, gli architetti che ridisegnano la zona hanno deciso di non demolire alcuni elementi e di lasciarli come monumenti postindustriali.
Gentsis ha raccontato al giornale Strelka alcune delle sue immagini.
“Se mi chiedeste chi è il protagonista principale del progetto ‘Surrealismo socialista’ vi risponderei senza dubbio la pressa Erfurt. L’ho trovata del tutto per caso in uno dei reparti. Era rimasta sola, le altre presse erano già state smontate e portate via. Era enorme, alta quindici o venti metri, e se ne stava là, proprio in mezzo. L’ho fotografata da tutti i lati. Ho subito capito che una cosa del genere non l’avrei mai più vista da nessuna parte. Dopo qualche settimana ho saputo che avevano abbattuto quel reparto, ma che il colosso, avvolto in una speciale pellicola e un po’ impolverato, era ancora là. I nuovi proprietari dell’area hanno deciso di lasciarla come una specie di monumento all’aria aperta”.
“Attiravano la mia attenzione soprattutto i locali legati alla vita quotidiana degli operai. In uno dei reparti, fuori dalle docce, mi sono imbattuto in una vista sorprendente, come fosse un ricordo che veniva dritto dalla mia infanzia: un casco asciugacapelli di quelli che non mancavano in nessun negozio di parrucchiere dell’Unione Sovietica”.
"Nell’Urss, e in parte ancora oggi in Russia, erano molto diffusi gli “albi d’onore”, delle speciali pareti sulle quali venivano appese le foto dei migliori dipendenti. “Le persone per decenni si sono date da fare per avere l’onore di avere la propria foto là appesa, vista da tutti gli operai della fabbrica. Chissà per quale gioco del destino le immagini di queste 12 persone sono rimaste in mostra anche ora che la fabbrica non c’è più”.
“Questa foto è diventata forse la più usata come immagine di copertina del progetto ‘Surrealismo socialista”. In lei tutto è surreale: la stella – chissà perché con un buco al centro – e la tenera scritta nel cartello rosso: “Vogliamo tanto che papà e mamma lavorino senza infortunarsi!”.
“L’ufficio del dirigente è uno dei posti più insoliti tra quelli che ho trovato nella fabbrica. Hanno attirato la mia attenzione i ritratti alla parete, oltre a Putin e Medvedev c’è Jiang Zemin. Fu proprio il leader cinese a iniziare una collaborazione tra la Zil e la Cina. E in primo piano c’è una specie di installazione di vecchi computer e telefoni”.
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